32 anni dalla strage di Capaci: il sacrificio di Giovanni Falcone, la rivoluzione nella lotta a Cosa Nostra e l’eredità di coraggio e giustizia che ha risvegliato la coscienza antimafiosa in Italia
Sono trascorsi 32 anni da quel tragico 23 maggio 1992, quando Cosa Nostra ha scatenato una guerra contro lo Stato italiano con gli attentati ai magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, eventi che hanno segnato una svolta decisiva nella lotta alla mafia. La strage di Capaci, insieme a quella di via D’Amelio, rimane una delle pagine più cupe della nostra Repubblica.
Giovanni Falcone: un uomo di stato
Giovanni Falcone, magistrato italiano di spicco, ha dedicato la sua vita alla lotta contro la mafia. È stato tra i pionieri nell’identificare la struttura gerarchica di Cosa Nostra e nel creare un metodo investigativo che ha rivoluzionato l’antimafia a livello globale. Con i colleghi e amici Paolo Borsellino, Rocco Chinnici e Antonino Caponnetto, Falcone ha portato avanti una rigorosa ricerca delle prove, indagini patrimoniali e bancarie, tracciando il flusso di denaro sporco e lavorando instancabilmente in squadra.
Il suo lavoro culminò nel primo maxiprocesso a Cosa Nostra, che vide alla sbarra 475 tra boss e gregari, concludendosi con 19 ergastoli e condanne per un totale di 2665 anni di carcere. Nonostante il successo, Falcone non si considerò mai un eroe, ma semplicemente un servitore dello Stato.
Il tragico 23 maggio 1992
Il 23 maggio 1992, Giovanni Falcone e sua moglie Francesca Morvillo tornarono a Palermo da Roma, atterrando con un jet del Sisde. Ad accoglierli c’erano tre auto blindate della scorta di Falcone. Alle 17.56, all’altezza dello svincolo per Capaci-Isola delle Femmine, una terribile esplosione disintegrò il corteo di auto, uccidendo Falcone, Morvillo e tre agenti della scorta: Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani.
L’attentato, eseguito con 500 chilogrammi di tritolo, devastò un tratto dell’autostrada A29. La strage era stata pianificata anni prima, con Falcone nel mirino della mafia fin dal 1983, anno di costituzione del pool antimafia di Palermo.
I responsabili della strage
I mandanti della strage di Capaci erano i vertici di Cosa Nostra, mentre l’esecutore materiale fu Giovanni Brusca, mafioso noto per la sua ferocia. Brusca, capo del mandamento di San Giuseppe Jato e esponente dei Corleonesi, fu l’uomo che azionò il radiocomando che fece esplodere il tritolo. Condannato per oltre un centinaio di omicidi, Brusca è tristemente noto anche per l’omicidio di Giuseppe Di Matteo, strangolato e sciolto nell’acido a soli 15 anni.
L’eredità della strage
La strage di Capaci fu seguita, a distanza di 57 giorni, dall’uccisione di Paolo Borsellino e dei suoi cinque agenti di scorta nella strage di via D’Amelio. Questi eventi scossero profondamente l’Italia, suscitando una reazione collettiva contro la mafia. La società civile, soprattutto i giovani, si mobilitarono, rinforzando i movimenti antimafia e moltiplicando le iniziative contro Cosa Nostra.
Fu emanato il “decreto antimafia Martelli-Scotti” e il regime carcerario del 41bis fu esteso ai detenuti per mafia, diventando definitivo nel 2002. La coscienza antimafiosa crebbe e si consolidò nella società italiana.
Commemorazioni e iniziative
Ogni anno, in occasione dell’anniversario della strage di Capaci, l’Associazione nazionale magistrati organizza numerose iniziative in tutta Italia. Il Ministero dell’Istruzione e del Merito invita le scuole a programmare attività commemorative e a promuovere la cultura della legalità, coinvolgendo le nuove generazioni nel confronto su temi di giustizia e contrasto alla mafia.
La memoria di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e di tutte le vittime della mafia continua a vivere attraverso l’impegno quotidiano di chi combatte per un’Italia libera dall’illegalità e dalla sopraffazione.