La Calabria affronta la sfida della qualità del lavoro: tra indicatori preoccupanti, prospettive di miglioramento e necessità di interventi mirati per il benessere dei lavoratori
Un recente studio condotto dall’Ufficio Studi della CGIA ha posto sotto i riflettori la qualità del lavoro in Italia, evidenziando una situazione allarmante per la Calabria. Secondo il rapporto sul Benessere Equo Sostenibile (BES) dell’Istat, la regione si trova tra le peggiori in termini di condizioni lavorative e benessere dei lavoratori, piazzandosi al penultimo posto, preceduta solo dalla Basilicata.
L’analisi, che ha valutato otto indicatori cruciali, ha assegnato alla Calabria un punteggio molto basso, appena 13,1 su 100. A differenza di regioni come la Lombardia e la Provincia di Bolzano, che hanno ottenuto rispettivamente 86,3 e 83,7 punti su 100, la Calabria rimane nettamente indietro. Gli indicatori considerati includono la presenza di dipendenti con salari bassi, lavoratori sovraqualificati, contratti a termine prolungati, tassi di infortuni sul lavoro e di disabilità permanente, occupazione irregolare, soddisfazione lavorativa, percezione di insicurezza lavorativa e lavoro part-time involontario.
Questi dati confermano una tendenza allarmante, con la Calabria posizionata agli ultimi posti secondo le statistiche dell’Istat. Al contrario, regioni come la Lombardia si distinguono per la qualità del lavoro e il benessere aziendale, rappresentando casi unici nel panorama nazionale.
Gli analisti della CGIA hanno commentato l’impatto della pandemia sul mercato del lavoro, evidenziando importanti trasformazioni. In molte zone del Paese, le imprese stanno lottando per trovare figure professionali con le competenze necessarie. In questo contesto, è fondamentale incentivare la fedeltà dei dipendenti attraverso politiche virtuose, come retribuzioni più competitive, conversione dei contratti precari in contratti a tempo indeterminato, flessibilità degli orari di lavoro, innovazione professionale, sviluppo delle carriere e offerta di benefit e welfare aziendale.
Sebbene nel Nord del Paese sia in corso da alcuni anni un processo di miglioramento del benessere aziendale, soprattutto nelle PMI, la fuga dai lavori fissi continua. L’aumento dell’offerta di lavoro e la diminuzione della domanda aumentano il rischio che le aziende perdano i loro dipendenti migliori.
Secondo l’INPS, le dimissioni volontarie dei lavoratori dipendenti privati con contratto a tempo indeterminato sono in aumento, raggiungendo quota 1.047.000 nel 2022, con un incremento del 29% rispetto al 2019. Questo dato suggerisce che sempre più persone stanno optando per nuove opportunità lavorative, spesso attratte da migliori condizioni retributive e ambienti di lavoro meno stressanti.
I dati evidenziano la necessità urgente di interventi mirati per migliorare la qualità del lavoro in Calabria e in altre regioni del Mezzogiorno, al fine di garantire il benessere dei lavoratori e la competitività del sistema produttivo regionale.
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