«Dove non c’è rispetto del lavoro e della legalità è assai difficile che ci sia rispetto dell’ambiente e della salute dei cittadini. Le agromafie sono una “mafia liquida”, capace di penetrare, di insinuarsi ovunque, cercando di assorbire le attività oneste e rendendole meno competitive. Le agromafie costituiscono un’aggressione crescente al patrimonio ambientale del Paese che vede nelle campagne uno dei suoi epicentri fondamentali». È quanto afferma Anna Parretta presidente di Legambiente Calabria in merito all’indagine denominata “Kossa” che ha portato all’arresto di 17 persone nella Sibaritide. Le indagini, durate tre anni, sono state condotte dalla squadra mobile di Cosenza, guidata dal vicequestore Fabio Catalano e dal Servizio centrale operativo della polizia, e dirette dal procuratore Nicola Gratteri, dall’aggiunto Vincenzo Capomolla e dal pm antimafia Alessandro Riello.
«A loro rivolgiamo il nostro plauso per l’operazioneed il nostro sostegno – prosegue Parretta – e come Legambiente Calabria ci costituiremo parte civile in questo processo, affiancati dagli avvocati del Centro azione giuridica di Legambiente».
«Secondo l’ultimo Rapporto Ecomafia di Legambiente – evidenzia Parretta – complessivamente, il valore dei beni alimentari sequestrati dalle forze dell’ordine nel 2019 ammonta a circa 674 milioni di euro con tantissimi clan che fanno affari nel settore delle Agromafie. Il settore dove nell’ultimo anno si è registrata una vera e propria impennata del numero di reati penali e illeciti amministrativi è proprio quello agroalimentare, in cui si è raggiunto la cifra di ben 69.369, più 54,9% rispetto all’anno prima».
«Serve una necessaria inversione di tendenza – conclude la presidente dell’Associazione ambientalista – rivolta a contrastare il lavoro nero – che in questi anni è degenerato spesso in forme di schiavismo-, a valorizzare il lavoro nelle campagne e a ostacolare le possibilità di contraffazione ed adulterazione delle materie prime in tutte le filiere di distribuzione».