Ma l’università di Catanzaro è una risorsa oppure una palla al piede per la città?

UMG
Umg, campus universitario Catanzaro

Riceviamo e pubblichiamo nota stampa del consigliere comunale Antonio Corsi

Ma l’università di Catanzaro è una risorsa oppure è una palla al piede per la città? La domanda sorge spontanea dopo l’ennesimo flop annunciato dall’UMG, che racimola appena 86 iscrizioni per la scuola di Farmacia e Nutraceutica e abbandona l’idea del centro storico con motivazioni risibili e per certi versi anche inaccettabili. Ma il dilemma diventa ancora più forte se si pensa all’atteggiamento ostruzionistico, direi quasi un “catenaccio” calcistico, per contrastare l’unificazione del Pugliese-Ciaccio con il Policlinico e quindi il decollo dell’azienda ospedaliero-universitaria “Dulbecco”. Obiettivo che si deve alla caparbietà del presidente del consiglio regionale Filippo Mancuso, che è riuscito a strappare uno storico risultato con l’approvazione della legge istitutiva.

Con un costante lavorio sottotraccia, l’UMG cerca di porre ostacoli e condizioni e quindi allungare i tempi per l’effettiva integrazione e per la nascita del secondo pronto soccorso a Germaneto. Pubblicamente tutti d’accordo per la “Dulbecco”, nei fatti si lavora di notte per disfare quello che si tesse di giorno.
Oggi l’UMG appare un ateneo decadente, che non solo rischia di essere inghiottito dai pesci più grossi, ma altresì in preda a una contorsione su se stessa, vittima di prassi baronali e familistiche che non conoscono il senso del pudore. Sacrificata l’esclusività del corso di laurea di Medicina in favore di altri territori, cosa impedisce all’Università di Catanzaro di pretendere e ottenere altre facoltà in grado di attirare più studenti e, quindi, generare prospettive di sviluppo per l’intera città? Piuttosto che chiudersi a riccio nelle asettiche stanze del campus, perché i vertici dell’Umg non si aprono alla città conducendo assieme alle forze politiche e sociali del Capoluogo una battaglia per accrescere il prestigio dell’Umg?

La differenza tra la classe politica, che avrà pure i suoi grandi difetti, e la governance dell’università è che la prima può essere mandata a casa con il voto se i risultati sono scadenti. Non lo stesso accade con chi governa l’università, che non deve dare conto a nessuno, nemmeno delle sconfitte più brucianti”.