Le indagini, coordinate dalla Procura Distrettuale e condotte dalla DIA, hanno rivelato un’estorsione ai danni di un’impresa impegnata nel Terzo Megalotto della statale 106
Sei persone sono state arrestate a Catanzaro nell’ambito di un’operazione contro la cosca Abruzzese, accusate di estorsione aggravata con l’aggravante del metodo mafioso. Le indagini, coordinate dalla Procura Distrettuale di Catanzaro e condotte dalla Direzione Investigativa Antimafia (DIA), hanno fatto luce su un’estorsione ai danni di un’impresa di costruzioni, vittima di una richiesta illecita pari a 150mila euro.
Le indagini sono state avviate dopo la denuncia del legale rappresentante dell’impresa, coinvolta nel Terzo Megalotto della statale 106, un’opera pubblica di grande rilevanza con un appalto da 5 milioni di euro. La richiesta estorsiva, pari al 3% dell’importo totale dell’appalto, si inserisce in un contesto storico e territoriale soggetto all’influenza delle organizzazioni mafiose, dove la criminalità ha sempre cercato di infiltrarsi nei lavori pubblici.
Le indagini hanno rivelato che la cosca Abbruzzese ha attuato un sistema di sovrafatturazioni su lavori e forniture, con l’utilizzo di documentazione falsa per simulare prestazioni non realizzate o materiali non consegnati. In questo modo, le somme destinate all’estorsione venivano abilmente occultate, finendo direttamente nelle casse dell’organizzazione mafiosa.
Il quadro investigativo si è arricchito grazie a intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche, che hanno permesso di ricostruire con precisione le modalità operative della cosca, identificando non solo i capi ma anche gli intermediari e i gestori delle società coinvolte. Tra gli indagati, spicca il reggente della cosca, che avrebbe avuto un ruolo fondamentale nell’organizzare e dirigere l’attività estorsiva.
Un altro aspetto delle indagini ha rivelato l’istigazione alla corruzione da parte di uno degli arrestati, il quale avrebbe offerto 20.000 euro a un capocantiere di una società a partecipazione statale, con l’intento di falsificare i certificati di stato avanzamento lavori (Sal) relativi a un progetto di smaltimento acque. Questo episodio mette in luce un ulteriore tentativo di condizionare l’andamento dei lavori pubblici, utilizzando pratiche corruttive per favorire gli interessi mafiosi.
Oltre agli arresti, è stato disposto il sequestro preventivo di tre società, ritenute strumentali alle attività illecite della cosca. Le indagini sono ancora in corso e il procedimento è attualmente nella fase delle indagini preliminari, con un’attenta valutazione delle responsabilità coinvolte in questo articolato schema criminale.
Le operazioni di ieri rappresentano un’importante vittoria contro l’infiltrazione mafiosa nei lavori pubblici e la lotta alla criminalità organizzata, un fenomeno che, nonostante gli sforzi delle forze dell’ordine, continua a minacciare la legalità e lo sviluppo economico delle regioni del sud Italia.
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