Nel 2013 la ‘ndrangheta voleva uccidere il figlio di Gratteri investendolo

Nicola Gratteri, lotta alla mafia calabrese
Nicola Gratteri, lotta alla mafia calabrese

Antonio Cataldo, esponente dell’omonimo clan di Locri: “Temevamo leggi più ferree, avrebbero investito il figlio di Gratteri con la macchina”

Si è pentito Antonio Cataldo, 57 anni, esponente della ‘ndrangheta della Locride: a giugno ha iniziato a collaborare con la Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria.

La notizia del suo pentimento è stata pubblicata ieri mattina dalla Gazzetta del Sud. 

Agli inquirenti il neo pentito ha svelato anche un progetto di attentato al figlio del procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri.

La notizia venne appresa dal pentito Cataldo, da Guido Brusaferri, appartenente alla cosca Cordì, la famiglia di ‘ndrangheta avversaria dei Cataldo.

Nel 2013 – ha affermato Antonio Cataldo – con Brusaferri eravamo detenuti al carcere di Reggio Calabria e mi ha raccontato del progetto di compiere un attentato al figlio del dottore Gratteri che in quel momento era stato proposto come ministro della Giustizia.

Il pentito spiega che la ‘ndrangheta voleva mandare un messaggio al procuratore di Catanzaro: “Temevamo in particolare leggi più ferree per i detenuti”. Il neo collaboratore spiega ai pm che, le cosche non volevano sparare al figlio del magistrato: “Lo avrebbero investito con una macchina”. Cosa che sfumò non grazie alla ‘ndrangheta, ma alla politica.

Non è stata l’unica volta che la ‘ndrangheta tenta colpire i figli del procuratore di Catanzaro. Nel gennaio 2016, infatti, il ragazzo sventò un sequestro di persona a Messina dove studiava all’università. Era gennaio, infatti, quando due soggetti, spacciandosi per finti poliziotti, tentarono di introdursi nello stabile in cui abitava il figlio di Gratteri.