Il 21 aprile 2023, poco dopo le 18:00, il selciato di fianco all’edificio 3, ingresso A del Psichiatria universitaria, all’ospedale Santa Chiara, si è tinto di rosso. Era il colore del sangue della dottoressa Barbara Capovani, 55 anni, responsabile del “Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura” presso l’ospedale. Non c’era traccia del folle aggressore che l’ha attesa e brutalmente attaccata tra il silenzio dei padiglioni e il sole che tramontava. L’uomo è scomparso nel nulla, ricercato dalla polizia ma svanito come un’ombra malvagia. Ci sono poche informazioni a disposizione delle autorità: un uomo, un cappellino con la visiera e una mascherina come quelle indossate durante la pandemia. Alcuni testimoni affermano di aver visto un uomo agitarsi inquieto nei paraggi del padiglione: probabilmente era l’aggressore anonimo in attesa della sua vittima (vedi articolo su Qn).
L’aggressore ha attaccato la dottoressa Capovani con una spranga o un bastone mentre recuperava la sua bicicletta parcheggiata accanto alla porta della clinica. Gli investigatori stanno interrogando tutti i colleghi della donna per determinare se ci siano collegamenti con possibili pazienti o ex pazienti. Stanno inoltre esaminando le telecamere della zona, anche se non ci sono occhi elettronici nella scena del massacro.
Capovani sta lottando per la vita dopo essere stata sottoposta a un’operazione d’urgenza nella tarda serata di ieri. La sua condizione è critica, e la città si sta unendo attorno alla sua amata e altamente rispettata dottoressa. Figlia di un professore universitario, Capovani vanta una brillante carriera e un curriculum eccellente.
“Barbara Capovani è una professionista di valore clinico assoluto”, afferma Adolfo Bandettini, direttore clinico di Villa di Nozzano e amico della psichiatra. “Ha avuto una carriera brillante ed è molto rispettata, anche dal professor Cassano, che l’ha avuta come studentessa. Cassano, uno dei padri nobili della psichiatria italiana, ha sempre espresso una profonda ammirazione per il lavoro di Capovani, e posso testimoniare anche personalmente”. Anche la professoressa Liliana Dell’Osso esprime la sua profonda vicinanza e stima, dicendo: “Apprendere quanto avvenuto mi addolora profondamente. Conosco la dottoressa Capovani da quando era specializzanda presso la nostra clinica, e ho ben presente la passione e l’impegno che dedica alla professione medica che l’hanno accompagnata nel suo lavoro e nella sua crescita come direttrice del Servizio Psichiatrico Territoriale”.
Capovani ha frequentato un liceo classico a Pisa, poi ha studiato medicina nella stessa città. Dopo aver conseguito la laurea e la specializzazione, ha lavorato per molti anni al di fuori di Pisa, prima di diventare responsabile del “Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura” in sostituzione del professor Alfredo Sbrana, che aveva raggiunto l’età della pensione, nel dicembre del 2021. Ha due figli.
Ironicamente, è stata proprio Capovani la prima dottoressa ad occuparsi del giovane studente fiorentino di 25 anni che, a gennaio, in preda ad un raptus omicida, ha ucciso con le mani nude il medico in pensione Piero Orsini, a pochi metri dal Lungarno.
“Dobbiamo registrare un crescente clima di insicurezza”, denuncia il professor Adolfo Bandettini. “Gli operatori sanitari vivono sotto costante minaccia di aggressioni, e gli eventi recenti lo dimostrano. Sempre più spesso leggiamo di medici vittime di violenza in ospedale e negli ambulatori. Questa situazione rende il nostro lavoro più difficile e meno sereno. Il governo e le strutture sanitarie devono garantire un’adeguata sicurezza”. “Il fenomeno della violenza contro gli operatori sanitari”, aggiunge la psichiatra Liliana Dell’Osso, “non è limitato solo alla psichiatria. I medici di tutte le specializzazioni, così come i soccorritori, sono vittime. Sarebbe auspicabile che il governo rispondesse e mostrasse un sostegno concreto alla classe medica che lavora in strutture pubbliche, spesso con scarsi numeri e ritmi massacranti. Sono sempre più frequenti i casi in cui gli stessi operatori diventano bersaglio dell’aggressività di utenti che sono a loro volta vittime di un sistema che non è in grado di garantire un’assistenza pronta e paritaria”.