Nei giorni scorsi, personale della Polizia di Stato di Reggio Calabria, ha tratto in arresto, in esecuzione di una ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal G.I.P. del Tribunale di Reggio Calabria, su richiesta della Procura della Repubblica diretta dal Procuratore Giovanni BOMBARDIERI, 2 soggetti – PASSALACQUA Marcellocl.90 e GUERINO Gianlucacl. 86- indiziati, allo stato del procedimento in fase di indagini preliminari, dei reati di ricettazione e tentata estorsione aggravata in concorso ai danni di un imprenditore reggino.
Le indagini condotte dalla Squadra Mobile sotto le direttive della Procura della Repubblica sono partite dalla denuncia della vittima, che, dopo aver subito il furto di un camion, era stato sollecitato al pagamento di una somma di denaro per la restituzione del mezzo, (il c.d. cavallo di ritorno, tipologia di estorsione molto diffusa in città e che consente di monetizzare in breve tempo il profitto della condotta delittuosa).
All’identificazione degli arrestati, gli investigatori della Squadra Mobile sono giunti attraverso diversi servizi di osservazione, che hanno consentito di documentare gli incontri tra gli indagati e la vittima, che, dopo la denuncia, li aveva rassicurati sulla sua disponibilità a versare quanto richiesto, e ciò proprio al fine di consentire alla Polizia di proseguire le indagini.
I conseguenti incontri finalizzati a trattare sulla restituzione del camion e sul prezzo da pagare, sono stati quindi monitorati dai poliziotti della sezione che da anni indaga sui gruppi criminali riconducibili alla comunità nomade locale, che non hanno avuto, pertanto difficoltà a riconoscere gli autori del tentativo estorsivo.
Proprio la disponibilità a corrispondere quanto richiesto, aveva indotto gli indagati ad indicare al derubato il luogo ove poter recuperare il mezzo, che comunque presentava dei danneggiamenti e necessitava di essere trasportato con un carroattrezzi.
A quel punto, la mancata corresponsione della somma pattuita, giustificata dalla vittima in ragione dei danni subiti, faceva scattare pesanti minacce, che inducevano il P.M. titolare delle indagini a formulare una urgente richiesta di misura cautelare, poi effettivamente disposta dal GIP, sulla base del grave quadro indiziario raccolto.