Sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Reggio Calabria – Direzione
Distrettuale Antimafia, militari dei locali Comandi Provinciali della Guardia di Finanza e dei
Carabinieri hanno eseguito in Melito di Porto Salvo (RC), un provvedimento emesso dalla
Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria con il quale è stata
disposta, nei confronti di ROSACI Quinto Antonio cl. ’53 e dei figli Antonino cl. ‘83 e
Santoro cl. ‘85 l’applicazione della misura di prevenzione patrimoniale del sequestro del
patrimonio a questi riconducibile, stimato in circa 1 milione di euro.
Tale provvedimento si fonda sulle risultanze delle attività investigative condotte dal
Comando Provinciale dei Carabinieri, nell’ambito dell’operazione “ADA” e concluse nel
2013 con l’esecuzione di provvedimenti restrittivi personali nei confronti di presunti affiliati
alla cosca di ‘ndrangheta “Iamonte” di Melito di Porto Salvo (RC), tra cui il citato ROSACI
Quinto Antonio.
In tale contesto, il proposto inteso “Mastro Quinto” è stato condannato dalla Corte di
Appello di Reggio Calabria, con sentenza riformata solo in punto di pena, per il delitto – tra
gli altri – di cui all’ 416 bis commi 1, 2, 3, 4, 5 per aver fatto parte “dell’associazione
mafiosa denominata ‘ndrangheta operante sul territorio della provincia di Reggio
Calabria… in particolare della società di Melito di Porto Salvo”.
Il ROSACI era già stato dichiarato socialmente pericoloso – con decreto definitivo in data
11.11.1996 – in relazione all’appartenenza ad una delle consorterie mafiose più
sanguinarie ed agguerrite della Provincia di Reggio Calabria, facente capo a IAMONTE
Natale ed operante nel comprensorio di Melito Porto Salvo (RC).
A distanza di un ventennio, le risultanze della fusione dei procedimenti “ADA”, “Sipario” e
“Replica” hanno confermato la risalente appartenenza alla ‘ndrangheta di ROSACI Quinto
Antonio.
Le risultanze di tali procedimenti, corroborate dalle dichiarazioni del collaboratore di
giustizia AMBROGIO Giuseppe – la cui attendibilità è stata già positivamente riscontrata
nel giudizio di merito – hanno fornito la prova che nel territorio di Melito Porto Salvo la
cosca IAMONTE ha esercitato un controllo assoluto della cosa pubblica economica e
privata anche avvalendosi dell’ausilio di uomini politici collusi e funzionari amministrativi
infedeli
In ordine al ruolo assunto dal ROSACI, per come emerso dalla valutazione delle prove
raccolte, si richiama uno stralcio del provvedimento in esecuzione che descrive la condotta
del suddetto all’interno della consorteria criminale, per conto della quale ha assunto una
posizione di “comando e responsabilità” nella frazione di Lacco di Melito Porto Salvo.
“Ancora, sempre dalle captazioni riportate, emerge che Rosaci Quinto gestisca – a livello
di attività economica – il noleggio dei video/poker (e macchine similari) … anche in questo
caso emerge chiaramente come il predetto imputato sia “un (necessario) punto di
riferimento associativo per coloro che intendono “investire” in attività economiche
riguardanti l’utilizzo a fini di lucro dei cd. “video/poker”. Sulla stessa lunghezza d’onda, è
sempre Ambrogio che osserva in via captativa che lo stesso “mastro Quinto” (unitamente
ad altri sodali di spessore) – secondo l’esegesi qui accolta e condivisa – ha un tale “potere
associativo” che non ha “bisogno alcuno di scoprirsi” (non è partecipe … non è partecipe”
essendo questo (e solo questo a parere di chi scrive) il senso dell’affermazione a carico (e
non a discarico) sempre riferita da Ambrogio (molto tempo dopo la sua formale
affiliazione) nei termini più precisi di cui alle riportate risultanze. A corredo – per limitarsi ai
dati più evidenti – vi sono altresì anche le frequentazioni (casa di Rosaci) con altri sodali di
Prunella che avrebbe compiuto presso l’abitazione dello stesso alcuni lavori edilizi
secondo quanto sopra riferito. Insomma, limitandosi ai rilievi maggiormente espressivi,
non vi è dubbio che non solo Ambrogio ma anche gli altri assodati sodali di cui al capo A)
riconoscono e guardano a “mastro Quinto” come un sodale di spessore, punto di
riferimento per la sua capacità di “tenere unito il gruppo” nella rispettiva “zona di
competenza”… Da qui Ambrogio colloca Rosaci tra i sodali di assoluto spessore della
cosca in oggetto, ricorda della riunione (in cui egli era specificamente presente) nella
quale – per volere dei vertici assoluti – Antonio Meduri è stato individuato come “il
referente di Prunella”, osservando come il “lì presente” Rosaci Quinto è stato
riconosciuto responsabile della frazione di Lacco secondo quanto espressamente
dichiarato in tale riunione.”…D’altro canto sempre il collaboratore riferisce che, alla sua
presenza, il “barista” Tripodi Antonino ha riferito a Mazzeri Totolino che, “a livello si
scala gerarchica”, sopra di lui vi era (anche) Mastro Quinto che aveva peraltro assunta
la carica di mastro generale. Il tutto vieppiù confermato “dal passato” di Rosaci laddove
Ambrogio, secondo quanto riferitogli dal defunto Meduri Natale (e confermato da
Malaspina Consolato, cfr., posizione), riferisce che il primo “già contava” in origine in
Lacco prima che il capo cosca Natale Iamonte inducesse tutti i precedenti responsabili
delle varie frazioni ad unirsi in un’unica locale di ‘ndrangheta sotto la supremazia degli
Iamonte. In questo contesto, il Collaboratore poi a ragione, individua “due fazioni” (quelle
facenti capo ai Verduci e quella riconducibile appunto a Rosaci) osservando
nondimeno – ed anche tale dato è del tutto riscontrato aliunde a livello probatorio che
come sempre avviene in materia di ‘ndrangheta, il “nocciolo della questione” è di
natura economica contendendosi i due gruppi (anche all’interno dei numerosi sodali
della cosca) la “leadership” in ordine al noleggio dei video poker e macchine di
analoga fattura”.
In relazione all’attività di cui sopra, su delega della locale DDA, veniva accertata in capo al
proposto – “che rappresenta il classico esempio di soggetto dotato di una pericolosità
sociale qualificata di tipo esistenziale che ha cioè caratterizzato l’intero arco della sua vita”
– la pericolosità sociale qualificata dall’appartenenza alla ‘ndrangheta, ritenuta sussistente
dal Tribunale anche nei confronti di ROSACI Santoro e Antonino.
Infatti – si legge nel provvedimento – questi ultimi sono stati imputati, unitamente al padre,
per il medesimo delitto associativo ma sono stati mandati assolti con formula dubitativa.
Tale esito non costituisce un dato vincolante per il giudice della prevenzione chiamato ad
effettuare un giudizio del tutto autonomo rispetto a quello penale: “Esso richiede il solo
positivo accertamento di indizi di appartenenza (comprensivo di forme di contiguità
funzionali agli interessi associativi e denotative della pericolosità sociale) e non la prova
della partecipazione all’associazione mafiosa”…”Il collaboratore ha collocato, pertanto, i
due Rosaci a pieno titolo nell’organigramma della cosca rendendo precise dichiarazioni
anche in ordine alle loro “doti”. Si tratta di dichiarazioni che non sono state ritenute
sufficienti in sede di merito a fondare la prova della penale responsabilità dei predetti in
ordine alla loro partecipazione alla cosca per assenza dei necessari riscontri ma che ben
possono essere valorizzate in questa sede a sostegno della prova di una loro contiguità
funzionale alla cosca stessa… A ciò si aggiunga che nell’ambito del procedimento cd.
A.D.A. ROSACI Santoro in primo grado è stato dichiarato colpevole del reato di porto e
detenzione di un’arma anche se il reato è stato poi dichiarato prescritto in Corte di Appello.
Sulla base delle considerazioni sin qui esposte, sussistono pertanto i presupposti per poter
collocare tutti i proposti nell’ambito dei soggetti socialmente pericolosi ai sensi dell’art.
1comma 4 lett. a) del Dlgs 159/ 2011”.
Altresì, venivano delegati al Nucleo di Polizia Economico Finanziaria/G.I.C.O. della
Guardia di Finanza, dalla citata Direzione Distrettuale Antimafia, appositi approfondimenti
a carattere economico/patrimoniale, volti all’individuazione dei beni mobili ed immobili
riconducibili ai citati soggetti.
In tal senso, l’attività investigativa – valorizzando le funzioni proprie della Guardia di
Finanza nella prevenzione e contrasto ad ogni forma di infiltrazione della criminalità nel
tessuto economico del Paese e di aggressione ai patrimoni illecitamente accumulati – si è
concentrata sulla ricostruzione della capacità reddituale e del complesso dei beni di cui i
proposti e i relativi nuclei familiari sono risultati poter disporre, direttamente o
indirettamente nell’ultimo ventennio, accertando la notevole sproporzione degli
investimenti rispetto alle risorse lecite, nella formazione del patrimonio a loro riconducibile.
Alla luce di tali congiunte risultanze, su richiesta della stessa Direzione Distrettuale
Antimafia, la Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria ha disposto,
con l’odierno provvedimento, il sequestro di prevenzione del patrimonio riconducibile a
ROSACI Quinto Antonio cl. ’53 e ai figli Antonino cl. ‘83 e Santoro cl. ‘85, stimato in
circa 1 milione di euro costituito da:
a. quote sociali, patrimonio aziendale, rapporti finanziari della “CAPO SUD GAMES
S.n.c. di ROSACI Antonino & C.” con sede legale in Melito di Porto Salvo (RC), via
Caredia n. 128 – Partita IVA: 02459500803 – operante nel settore dell’installazione e
noleggio di apparati da intrattenimento e divertimento;
b. conti correnti, libretti di deposito al portatore o nominativi, contratti di acquisto di titoli di Stato, azioni, obbligazioni, certificati di deposito, assicurazioni, intestati presso istituti di
credito pubblici o privati, casse rurali, direzioni provinciali P.T., società assicurative,
finanziarie o fiduciarie, società di intermediazione mobiliare, comunque riconducibili ai
suddetti e ai componenti il proprio nucleo familiare, aventi saldo attivo superiore a €
1.000,00.