A 24 anni dall’esondazione del torrente Beltrame, che spazzò via il camping Le Giare causando la morte di tredici persone, la Calabria riflette sulle mancanze nella gestione del rischio idrogeologico
SOVERATO (CZ), 10 SET 2024 – Ventiquattro anni fa, nella notte tra il 9 e il 10 settembre 2000, il torrente Beltrame, ingrossato da piogge torrenziali, straripò con violenza distruttiva, spazzando via il Camping Le Giare. L’esondazione causò la morte di tredici persone, lasciando per sempre disperso il corpo di Vinicio Caliò. Questo tragico evento ha segnato profondamente il territorio calabrese, aprendo ferite che ancora oggi non si sono rimarginate.
L’evento non è stato solo una tragedia umana, ma anche un simbolo dell’incuria e delle mancanze nella gestione del territorio. Le parole di Enzo Scalese, segretario generale della CGIL Area Vasta Catanzaro-Crotone-Vibo, risuonano come un appello alla memoria e all’azione: “Il nostro pensiero va alle vittime di quella drammatica notte e al dolore dei loro cari, la memoria di queste tragedie deve spingerci a un impegno concreto per evitare che simili disastri si ripetano.”
Scalese sottolinea l’urgenza di interventi strutturali per la messa in sicurezza del territorio calabrese, dove il rischio idrogeologico è una minaccia costante. Secondo i dati ISPRA, oltre il 90% dei comuni della Calabria è esposto a rischi di alluvioni, frane o erosione costiera. La tragedia di Soverato resta un ammonimento drammatico delle conseguenze derivanti dalla mancata attenzione alla tutela ambientale.
“Dobbiamo fare di più per prevenire simili catastrofi,” insiste Scalese. “Non si tratta solo di preservare il nostro paesaggio, ma anche di garantire la sicurezza della popolazione e di creare opportunità di lavoro stabili e di qualità. Investire nella prevenzione è un atto di responsabilità verso il futuro della nostra regione e delle prossime generazioni.”
L’appello della CGIL Area Vasta è chiaro: le promesse di interventi non devono rimanere solo parole. “Ogni ritardo nella manutenzione e nella messa in sicurezza rappresenta un rischio concreto per la vita delle persone e per il futuro delle nostre comunità,” conclude Scalese. Ventiquattro anni dopo, la tragedia di Soverato rimane un monito che non possiamo più ignorare.
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