ROMA – “Il disastro del ponte della Val Polcevera, a Genova, è stato, e continua ad essere, un dolore troppo grande. Un fulmine che ha squarciato il cielo più o meno sereno dell’estate e ha dato una scossa alle nostre coscienze, messo a nudo i nostri limiti, ci ha ricordato, ancora una volta, che il nostro è un Paese meravigliosamente antico ma anche tragicamente vecchio. E così nei giorni scorsi il crollo del tetto della Chiesa di San Giuseppe dei Falegnami, a Roma, peraltro di recente sottoposta a restauro, ha rimesso a nudo le nostre fragilità, quella inadeguatezza che ci siamo trascinata nel terzo millennio e che spesso anche la natura ci ricorda; ed a questo proposito voglio ricordare le vittime delle gole del Raganello, nella mia terra di Calabria, altre vite spezzate che devono necessariamente imporci una pausa di riflessione e di conseguenza l’obbligo a maneggiare con cura non soltanto le nostre reti infrastrutturali ed il nostro patrimonio architettonico, ma tutte le meraviglie naturali. Dunque il nostro è un Paese che forse oggi prende coscienza di appartenere all’Europa con una serie di peculiarità che andrebbero messe in luce per una forte riconquista di una sovranità nazionale nella scelta delle direzioni di investimento e di sviluppo”. E’ quanto ha affermato il vice capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Wanda Ferro, a margine della seduta di ieri dedicata alla discussione sulla tragedia di Genova. Contestualmente l’on. Ferro ha presentato un’interrogazione al ministro delle Infrastrutture Toninelli rispetto allo stato di manutenzione e sulla sicurezza del Ponte Bisantis di Catanzaro, realizzato dall’ing. Riccardo Morandi pochi anni prima del viadotto di Genova, oltre che degli altri viadotti di competenza Anas sotto osservazione in Calabria. “Non voglio certo aprire la polemica sul contributo netto dell’Italia al bilancio europeo – ha proseguito Wanda Ferro – né mi interessa quantificare il saldo passivo, sia di 3 o di 5 miliardi di euro, ma ritengo che tutto quanto l’Europa ci rimanda indietro per le regioni, la ricerca, lo sviluppo, i migranti e le altre politiche comunitarie, dovrebbe essere riferibile ad una scala di priorità che oggi vede al primo posto le nostre arretratezze strutturali. Ma il crollo del Ponte Morandi, purtroppo, non ha messo a nudo soltanto le carenze dei nostri ponti, delle reti ferroviarie, della difesa del suolo, chiunque in quest’aula abbia avuto esperienze amministrative negli enti locali ne è a conoscenza. Sono emersi anche i limiti della politica, della cosa pubblica, e se vogliamo anche del pensiero comune e dominante.Perché dal Nord fino alla Sicilia continuiamo ad attraversare ponti dei quali non conosciamo il livello di sicurezza, quindi passata la tragedia riprendiamo l’abitudine nazionale di soprassedere, mentre quella che esplode con forza è la battaglia delle presunte responsabilità.In questi ultimi giorni è emerso un documento nel quale lo stesso Morandi, nel 1981, avrebbe segnalato alcune criticità del Ponte, “una degradazione della struttura in cemento armato molto rapida in alcune parti, molto di più di quanto ci si potesse aspettare”; questo documento non sarebbe stato inserito di recente dal concessionario nelle relazioni inviate al provveditorato regionale. Ma la concessione è del 2007, quindi questo documento sarà stato trasmesso ad Autostrade in quell’epoca, escludendo doti di preveggenza per l’ingegner Morandi. Un documento agli atti dello Stato.Ma se al momento della consegna della rete autostradale ti trasmetto un documento così delicato, non ho l’obbligo negli anni a seguire di chiederti se, come e quanto ne hai tenuto conto? Non intendo assolutamente sgravare dalle proprie responsabilità, che appaiono tante, il concessionario, ma è giusto pretendere chiarezza assoluta. C’è stato anche chi, come il professore padovano Enzo Siviero, che è anche un caro amico con il quale spesso ci siamo interfacciati sullo stato dei ponti calabresi, che ha avanzato l’ipotesi dell’attentato, aprendo scenari imprevisti ed imprevedibili, quindi sentiamo e leggiamo di tutto e di più. Ma io non mi voglio aggiungere al coro dei colpevolisti: siamo tutti colpevoli! Poi la magistratura troverà i responsabili e qualcuno pagherà come novello capro espiatorio una colpa che è di tanti. E siamo colpevoli perché mentre parliamo di convenzioni, statalizzazione delle reti, responsabilità tecniche di vario livello, penali o indennizzi, rapporti tra la politica e l’imprenditoria, fuori da quest’aula ci sono migliaia di ponti e milioni di persone che li attraversano e l’unico nostro dovere sarebbe quello non più di interrogarci sul perché sia successo o per colpa di chi, ma ridurre il rischio, indirizzare la spesa, velocizzare le procedure e se necessario imporre divieti e limitazioni. Nella mia città, Catanzaro, c’è un imponente Ponte Morandi che è la più importante via d’accesso al centro storico. Il 21 agosto, a seguito del disastro di Genova, i responsabili dell’Anas si sono incontrati con il sindaco della città che chiedeva lumi sulla sicurezza della struttura e sulle opere di manutenzione in corso. I responsabili Anas hanno tranquillizzato la cittadinanza, parlando di resistenza del cemento armato di un terzo superiore agli standard. Hanno anche aggiunto di aver presentato un progetto da 15 milioni per la manutenzione straordinaria con adeguamento sismico, per mettere definitivamente in sicurezza il ponte Morandi. E qui sorge spontanea una riflessione.Tantissimi ponti in Italia sono stati costruiti con le leggi antisismiche del 1937, mentre le nuove normative sono di poco tempo fa. Sarebbe opportuno che il Ministero delle Infrastrutture, e mi rivolgo al Ministro Toninelli, comunicasse quante richieste di adeguamento sismico come quella di Catanzaro, magari partendo proprio dai ponti, sono giacenti al Ministero, e di conseguenza velocizzasse le procedure di finanziamento e con una apposita legge si potessero accelerare gli affidamenti dei lavori. Una delle circostanze che più ci angoscia, pensando alle vittime di Genova sarebbe comprendere se i lavori programmati nei prossimi mesi avrebbero evitato la tragedia.Procedure più rapide, scala di priorità, mappatura del rischio: queste le strade da seguire.Faccio un esempio: se un ponte è a grosso rischio ed i lavori sono programmati occorre farli partire nel più breve tempo possibile e magari prevedere una chiusura temporanea, che io so, avendo amministrato una provincia con le sue strade ed i suoi ponti, a volte può essere dolorosa per le comunità interessate ma è utile ad evitare disastri maggiori. Inoltre, se le procedure adottate fino ad oggi per le concessioni delle reti hanno dei limiti, andranno rivisitate tutte, adeguate alle nuove esigenze, occorrerà impegnarsi per fare in modo che tante vittime innocenti, che non finiremo mai di ricordare nel dolore e nella commozione, non siano scomparse senza una effettiva rivoluzione culturale della politica e dell’amministrazione. Infine un pensiero a Genova, ad una città tante volte colpita da eventi dolorosi e che oggi è spezzata in due allontanando l’Italia dai suoi confini occidentali, dovendo affrontare i riflessi economici, sociali e culturali di questa immane tragedia. Ben venga l’immediata ricostruzione, Genova, come sempre, avrà la forza di rialzarsi, con l’orgoglio e la laboriosità dei suoi meravigliosi abitanti, parafrasando Paolo Conte e Bruno Lauzi, Genova oggi tutta Italia è con te, vicina a te, soffre con te, gioirà con te, tutti insieme“con quella faccia un po’ così…”.
Home Cronaca e Attualità Wanda Ferro (FDI) su tragedia di Genova: “Necessario messa in sicurezza ponti”