I rialzi dell’inflazione pesano (eccome!) sul carrello dei calabresi che nel 2022 hanno speso 60 milioni in più per mettere in tavola pane e pasta, alimenti costanti nei pasti. Anche la verdura è costata 30 milioni in più, mentre per la carne si è avuto un esborso aggiuntivo di 45 milioni rispetto allo scorso anno. Questa l’analisi di Coldiretti Calabria.
Secondo Coldiretti, inoltre, la provincia di Cosenza ha registrato un alto incremento del costo del cibo e la Calabria è fra le prime regioni per l’aumento del prezzo dei prodotti agroalimentari e della ristorazione. È quanto emerge dall’analisi della Coldiretti che ha stilato la classifica degli aumenti sulla base dati Istat relativi all’inflazione a dicembre, che a livello generale fanno segnare nel 2022 l’aumento più ampio dal 1985, trainati dal rincaro dei beni energetici legato alla guerra in Ucraina che fanno penare l’intera filiera, dai campi alle tavole.
Complessivamente la famiglie italiane hanno speso nel 2022 ben 13 miliardi in più quelle calabresi oltre 200 milioni per prodotti alimentari e bevande analcoliche a causa di un aumento medio dell’inflazione del 9,1%, con la classifica degli aumenti che è guidata da pane, pasta e cereali davanti a verdure e carni. Al quarto posto ci sono latte formaggi e uova con 18 milioni di esborso aggiuntivo – continua Coldiretti -, che precedono il pesce, e la frutta (+12 milioni). Seguono olio, burro e grassi e le bevande analcoliche (dal caffè alle acque minerali fino ai succhi). Chiudono la classifica degli aumenti a zucchero, confetture, miele, cioccolato e dolci e sale, condimenti e alimenti per bambini.
Ma i cittadini-consumatori per difendersi dagli aumenti ormai hanno preso l’abitudine di fare una lista ponderata degli acquisti da effettuare per mettere sotto controllo le spese d’impulso, secondo l’analisi Coldiretti/Censis.
Se i prezzi per le famiglie corrono l’aumento dei costi colpisce duramente l’intera filiera agroalimentare a partire dalle campagne – denuncia la Coldiretti – dove più di 1 azienda agricola su 10 (13%) è in una situazione così critica da portare alla cessazione e ben oltre 1/3 del totale si trova comunque costretta a lavorare in una condizione di reddito negativo per effetto dei rincari, secondo il Crea. Sotto pressione – sottolinea la Coldiretti – è l’intera filiera agroalimentare a partire dall’agricoltura dove si registrano infatti aumenti dei costi che vanno dal +170% dei concimi al +90% dei mangimi al +129% per il gasolio fino al +500% delle bollette per pompare l’acqua per l’irrigazione dei raccolti.
Ma aumenti riguardano anche l’alimentare con il vetro che costa oltre il 50% in più rispetto allo scorso anno, il 15% il tetrapack, il 35% le etichette, il 45% il cartone, il 60% i barattoli di banda stagnata, fino ad arrivare al +70% per la plastica, secondo l’analisi Coldiretti.
“Occorrono risposte immediate – sottolinea Coldiretti – quali il rilancio degli strumenti europei e nazionali che assicurino la sovranità alimentare, riducano la dipendenza dall’estero e garantiscono un giusto prezzo degli alimenti per produttori e consumatori raddoppiando da 5 a 10 miliardi le risorse destinate all’agroalimentare nel Piano nazionale di ripresa e resilienza e poi nell’ambito del Pnrr i progetti di filiera presentati dalle imprese per investimenti dalla pasta alla carne, dal latte all’olio, dalla frutta alla verdura che già vede al livello nazionale 50 proposte e migliaia di agricoltori, allevatori, imprese di trasformazione, università e centri di ricerca coinvolti.
Questo serve a combattere la speculazione sui prezzi con una più equa distribuzione del valore lungo la filiera per tutelare i consumatori ed il reddito degli agricoltori anche dalle pratiche sleali.