L’allarmante rapporto di otto università sul dilagare della piaga delle violenze ai danni degli operatori sanitari, con numeri evidenti in merito ai casi sommersi
I dati allarmanti che emergono dall’autorevole report di otto università, delineano il quadro decisamente a tinte fosche, per usare un eufemismo, delle violenze perpetrate quotidianamente ai danni degli operatori sanitari.
Un film horror, la cui trama si consuma ogni giorno nelle corsie degli ospedali e negli affollati e caotici pronto soccorsi italiani, dove a vincere, incontrollata e imprevedibile, è la rabbia dei pazienti e dei parenti di questi ultimi.
Numeri preoccupanti, percentuali drammatiche: il 32,3% degli infermieri, pari a circa 130mila professionisti, nell’ultimo anno, ha subito violenza durante i turni di lavoro, in particolare quelli notturni.
Ben 125mila sono i casi sommersi, il 75% delle vittime sono donne. Questo significa che le nostre infermiere, le nostre sorelle, le nostre mogli, sono le vittime sacrificali di calci, pugni, spesso morsi, nonché minacce e intimidazioni psicologiche. Svegliarsi ogni mattina, in queste condizioni, e trovare la serenità di prendersi cura dei malati e dei soggetti fragili, diventa una impresa davvero difficile».
Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up.
E’ quanto emerge dalla ricerca CEASE-it (Violence against nurses in the work place), conclusa ad aprile 2021 e svolta da otto università italiane (capofila l’Università di Genova).
«A preoccuparci di più, continua De Palma, a farci letteralmente sobbalzare dalle sedie, sono i dati del sommerso. Da anni il nostro sindacato conduce battaglie e campagne di informazione-prevenzione e denuncia sul triste fenomeno, da ultimo quella dell’anno 2019, condotta in collaborazione con l’Organizzazione Mondiale della sanita’. Leggere e apprendere di questi numeri, oggi, dimostra che la situazione è amaramente peggiorata».
Si configura così, con proporzioni vastissime, il fenomeno del ‘sommerso’. Ogni anno l’INAIL registra 11mila casi di violenza denunciati come infortuni sul lavoro: 5mila sono infermieri. Un dato che rende gli infermieri la categoria più soggetta a questo fenomeno, ma ai numeri ufficiali bisogna anche aggiungere il sommerso: 125mila vittime che non hanno avuto il coraggio di denunciare, per paura, per angoscia.
«Abbiamo il dovere di chiederci, tutti, nessuno escluso, da dove parte il fenomeno delle violenze ai danni degli operatori sanitari, e quali sono le cause scatenanti che hanno generato un cancro oggi così difficile da estirpare.
Da una parte, certamente, dice ancora De Palma, e parlo prima di tutto da chi ha vissuto in prima persona l’essere infermiere sul campo, abbiamo a che fare con una “cultura distorta”.
I cittadini arrivano a scatenare le loro paure e le loro frustrazioni sugli infermieri, li ritengono responsabili, ad esempio di un tempo di attesa oltre i limiti in un pronto soccorso, immaginiamo cosa succede, per i parenti dei pazienti, se un loro congiunto si trova in condizioni critiche, totalmente ignari che gli operatori sanitari vanno messi anche nella condizione e nella serenità di poter esercitare al meglio le loro conoscenze e competenze.
Dall’altra parte, non si può non pensare che calci, pugni, schiaffi, morsi, porte e vetri spaccati, attrezzature mediche distrutte, non siano “figli legittimi” di quella latente disorganizzazione, delle carenze di personale, delle voragini strutturali di una sanità che non è in grado, spesso, di offrire ai pazienti prestazioni degne di tal nome, nonostante lo spasmodico impegno di infermieri e professionisti della salute che, come risucchiati loro malgrado in una “tempesta perfetta”, pagano dazio due volte.
In primo luogo, infatti, avvertono fortissimo il disagio e il tormento di una valorizzazione lontana anni luce, che sfociano in una pericolosa disaffezione ed esplodono ancora in dimissioni volontarie a raffica.
Ci domandiamo, poi, legittimamente, fino a quando i nostri infermieri potranno reggere l’angoscia e il peso di essere diventati le vittime sacrificali, pagando fisicamente e mentalmente lo scotto di operare in un comparto, quello della sanità , non all’altezza di un paese civile, finendo irrimediabilmente in quello che appare come un tunnel buio. Un vero incubo, l’incubo degli infermieri italiani, da cui ci auguriamo di svegliarci al più presto», chiosa De Palma.