Potremmo considerare il fenomeno dello Shrinkflation come un trucchetto fatto dalle aziende a danno del consumatore. Quest’ultimo – allettato da un prezzo inferiore o invariato rispetto ad altri – alla fine metterà nel carrello proprio quella confezione invece di un’altra che apparentemente sembra più cara e meno conveniente. In realtà, ciò che si compra non è più il medesimo prodotto poiché la confezione ha subito della alterazioni rispetto a prima.
Scegliere bene, osservando le etichette e il rapporto qualità/prezzo, queste dovrebbero essere le prime cose da fare nel momento dell’acquisto. Probabilmente non è una pratica effettuata da tutti, ma sarebbe necessaria ogni volta che intendiamo comprare qualcosa al supermercato. Purtroppo la prima cosa che si guarda – e spesso è l’unica – è il prezzo; a seguire c’è poi la fedeltà alla marca, senza considerare che ci sono altri elementi da valutare nel momento in cui scegliamo un prodotto invece di un altro.
Le aziende lo sanno: la vita frenetica, magari la stanchezza, la pubblicità oppure un po’ di disattenzione portano il consumatore a fare un danno alle proprie tasche che vedranno comunque a fine mese un esborso maggiore.
Ultimamente si sta parlando molto degli aumenti dei prezzi dovuti alla crisi in Ucraina che, ovviamente, ha coinvolto il mondo intero. Non parliamo solo dei generi alimentari, che sono una conseguenza, ma anche del carburante che molto influisce sull’andamento del mercato poiché – soprattutto in Italia – il trasporto è effettuato su strada. A ciò si aggiungono gli aumenti a cascata del costo dell’energia elettrica e altri elementi che costituiscono il prezzo finale.
Di questo ne abbiamo già parlato nel nostro articolo Slow Food e cibo globale: «La crisi porterà a un effetto farfalla»
Il fenomeno dello Shrinkflation non è nuovo e non è prettamente italiano. Anzi, è abbastanza diffuso. È ormai diventata una pratica a livello globale, usata da molte aziende per camuffare l’aumento dei prezzi.
Che cos’è lo Shrinkflation?
Lo shrinkflation non è altro che l’inflazione mascherata da altro. Il termine deriva dall’unione di shrink, che vuol dire “restringere” e inflation che significa “inflazione”. Un modo come un altro attraverso il quale le aziende affrontano l’inflazione a proprio vantaggio.
Abbiamo ereditato questa pratica da Oltremanica. Nel Regno Unito la Brexit aveva portato un aumento dei costi. Uniliver chiese alla catena alimentare Tesco di aumentare i prezzi, ma i consumi si abbassarono sensibilmente. A questo punto si preferì diminuire il prodotto venduto facendo rimanere inalterato il prezzo esposto. Probabilmente si voleva anche garantire ai sudditi britannici l’idea di non subire grandi cambiamenti economici per una scelta politica magari sbagliata.
Quindi, se si andasse a controllare il prezzo al chilo si noterebbe che questo è aumentato, ma non facendolo la nostra illusione sarà quella di avere portato a casa il medesimo prodotto allo stesso prezzo.
Invece, sullo scaffale troviamo sì la stessa confezione, ma la quantità venduta è minore rispetto a prima. A volte, la quantità differisce in maniera apparentemente ininfluente tanto da non accorgersi della scelta “furba” dell’azienda.
Ad esempio, una nota marca di bibite gassate ha messo sul mercato la confezione di 45 cl rispetto alla precedente che era di 50 cl. Trucchi che il consumatore disattento non percepisce.
Le aziende meno subdole invece cambiano la dimensione della confezione, rendendo più chiaro il fenomeno dello shrinkflation. La confezione sarà esteticamente uguale, ma più piccola.
Come difendersi?
Federico Polidoro, responsabile delle statistiche sui prezzi al consumo dell’Istat, ha spiegato questa manovra attraverso Adnkronos: «Sembra poter avere un impatto trascurabile sulla stima dell’inflazione generale ma rilevante per alcune classi di prodotti. E comunque l’Istat lo intercetta ed evita che influenzi la misura dell’inflazione».
Polidoro continua dicendo: «La pratica di ridurre il confezionamento dei prodotti venduti al dettaglio senza una proporzionale riduzione del prezzo da parte delle imprese produttrici o distributrici può produrre effetti di sottostima dell’inflazione»
Il consumatore dovrà essere più cauto e spendere più tempo nell’individuare il prodotto più conveniente, intanto capendo se questo sia variato. Ad esempio, una confezione di detersivo con all’interno meno liquido oppure una confezione di fazzoletti di carta che da 10 pezzi passa a 9 o anche meno.
Esiste anche un canale su Reddit che monitora i prodotti. Gli utenti, di propria iniziativa, pubblicano foto e commenti sui prodotti acquistati e che hanno subito variazioni.
Inoltre, bisogna anche stare attenti negli esercizi commerciali. L’aumento delle materie prime hanno portato i ristoratori a diminuire la quantità di cibo delle portate, evitando di aumentare i prezzi nel menu.
Ciò che succederà è abbastanza evidente: a questa diminuzione di quantità avverrà successivamente un logico aumento del prezzo esposto. Sarebbe anche questo considerato come rientrante nella normalità di tutti i giorni, ma invece è come se pagassimo tre volte di più lo stesso prodotto.