L’EDITORIALE – Il tempo può attenuare il dolore, ma alcune ferite rimangono aperte per sempre, come nel caso del disastro del Vajont, un tragico evento che ha segnato la storia dell’Italia e delle comunità coinvolte per sempre. Il 9 ottobre 2023 segna il sessantesimo anniversario di quella terribile notte in cui sette minuti di tragedia hanno lasciato cicatrici indelebili sulla terra e nelle vite delle persone.
Nel 1963, in quei brevi sette minuti, si scatenò un’onda di distruzione che ha sconvolto interi villaggi e ha portato alla morte di 1.910 persone. La città di Longarone fu spazzata via, e anche Erto e Casso furono gravemente colpite. Ci fu un’enorme perdita di vite umane, tra cui 487 bambini e ragazzi che avevano meno di 15 anni. La tragedia non conosceva età, e 817 vittime non furono mai identificate, ridotte in modo orribile alla polvere.
Le cause di questa terribile tragedia furono attribuite ai progettisti e dirigenti della SADE, l’ente responsabile della diga, che avevano ignorato i segnali di pericolo evidenti nei versanti del bacino. Dopo la costruzione della diga, divenne chiaro che la morfologia dei versanti non era adatta a sopportare un serbatoio idroelettrico, ma queste informazioni furono nascoste in modo doloso. Gli enti locali e nazionali, compreso il Ministero dei lavori pubblici, furono coinvolti in questa copertura dei dati pericolosi.
Alle 22:39 del 9 ottobre 1963, circa 270 milioni di metri cubi di roccia crollarono nel bacino artificiale, provocando un’onda di piena che superò di 250 metri il coronamento della diga. Questa ondata distrusse tutto ciò che incontrò lungo la sua strada, causando devastazione inimmaginabile. Longarone e altre comunità furono sommerse dall’acqua e dalla roccia, lasciando dietro di sé solo morte e distruzione.
I responsabili di questa tragedia furono processati, ma la giustizia non riuscì mai a lenire completamente le ferite delle vittime. Alcuni imputati furono condannati, ma molti furono assolti o beneficiarono di condoni. La prevedibilità della frana non fu riconosciuta a pieno, e la sentenza della Cassazione giunse appena quattordici giorni prima della prescrizione.
La lotta per il risarcimento dei danni si protrasse per anni, coinvolgendo la Montedison, l’ENEL e lo Stato italiano. Le corti emisero varie sentenze e contro-sentenze, ma la situazione si chiarì solo nel 2000, quando un accordo distribuì gli oneri del risarcimento tra le parti coinvolte.
Il disastro del Vajont rimane un monito per tutti noi. Ci insegna che la negligenza e l’ignoranza delle sfide geologiche possono avere conseguenze devastanti. Ci ricorda anche che la giustizia può essere lenta e complessa, ma è essenziale per la guarigione delle ferite delle vittime.
Il sessantesimo anniversario del disastro del Vajont dovrebbe essere un momento di riflessione per tutti noi. Dobbiamo onorare la memoria delle vittime e impegnarci a prevenire tragedie simili in futuro. Solo così potremo sperare di guarire le ferite di quel tragico 9 ottobre 1963 e di evitare che tali cicatrici si ripetano mai più nella storia della nostra amata Italia.
Dieci anni fa una conversazione indimenticabile sulla tragedia del Vajont con il Rapper Siruan
Esattamente dieci anni fa, nel 2013, ho condotto uno speciale radiofonico sull’argomento della Tragedia del Vajont presso la stazione radiofonica di Radio Catanzaro Centro. In quel periodo, ero il conduttore di una trasmissione mattutina chiamata “Saluti e Baci,” che andava in onda puntualmente dalle 7.30 alle 9.00 ogni giorno. Il mio programma si occupava di temi di attualità, ma già allora avevo una visione aperta e internazionale dell’informazione.
Nella puntata del 25 ottobre 2013, ho avuto l’opportunità di intervistare il talentuoso rapper Siluan, noto anche come Matteo Gracis, in arte Siruan. In quell’indimenticabile episodio della trasmissione, abbiamo discusso ampiamente della tragedia del Vajont del 9 ottobre 1963. Questo evento aveva segnato profondamente la nostra storia nazionale, e Siruan aveva dedicato la sua musica a preservare la memoria di quanto accaduto cinquant’anni prima. Quella conversazione radiofonica è stata un momento prezioso per riflettere sulla storia e sulla potenza della musica nell’immortalare le tragedie e i ricordi che non devono mai essere dimenticati.
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