Dopo 24 anni di ergastolo, Chico Forti torna a casa
L’EDITORIALE – La lunga odissea giudiziaria di Chico Forti, il 65enne trentino condannato all’ergastolo per l’omicidio di Dale Pike, sembra avvicinarsi a una svolta decisiva. Dopo 24 anni di detenzione negli Stati Uniti, Forti sconterà il resto della pena in Italia, riaccendendo le speranze di chi, come me, ha sempre creduto nella sua innocenza.
Verso l’Italia: Chico Forti in attesa del rimpatrio
Forti, ex produttore televisivo e campione di windsurf, è stato condannato nel 2000 per l’omicidio di Dale Pike, avvenuto nel febbraio del 1998. Sin dall’inizio, Forti ha proclamato la sua innocenza, ma le autorità statunitensi hanno mantenuto ferma la loro posizione, considerando inoppugnabili le prove che portarono alla sua condanna. Numerose ombre hanno sempre aleggiato su questo caso, alimentando il dubbio di un grave errore giudiziario.
La vicenda ha visto un’importante evoluzione nel marzo di quest’anno, quando il governatore della Florida, Ron DeSantis, ha autorizzato il trasferimento di Forti in Italia, a condizione che continui a scontare la sua pena. Questa decisione, sostenuta anche dall’ex segretario di Stato Mike Pompeo, è stata presentata come un atto nell’interesse delle relazioni bilaterali tra Stati Uniti e Italia.
Forti è stato trasferito dall’Immigration and Customs Enforcement (ICE) e ora attende il rimpatrio in una struttura federale statunitense. Secondo fonti vicine a Forti, il suo arrivo in Italia potrebbe avvenire entro due o tre settimane. “Per me ora comincia la rinascita,” ha dichiarato Forti, evidenziando il suo stato d’animo positivo in vista del trasferimento.
Il caso di Chico Forti è stato oggetto di dibattito anche negli Stati Uniti, dove rimane diviso tra innocentisti e colpevolisti. Un punto di svolta nella percezione pubblica è stato il reportage del 2019 della CBS, trasmesso nel programma “48 Hours”. Il servizio, pur sposando la tesi dell’errore giudiziario, è stato criticato per la mancanza di contraddittorio, escludendo le testimonianze degli investigatori e della corte.
Vittima di un’ingiustizia o colpevole?
Nel nostro paese, la vicenda di Forti ha trovato ampio eco grazie anche alla giornalista italiana Manuela Moreno, che nel 2013 ha iniziato a indagare sul caso, contribuendo a far emergere nuovi elementi a favore dell’innocenza di Forti. Tuttavia, rimangono molte domande senza risposta. Ad esempio, non è stato chiarito chi fosse il destinatario della telefonata fatta dalla vittima durante una sosta per le sigarette poco prima del delitto.
Nel corso degli anni, diverse testimonianze hanno alimentato dubbi sulla colpevolezza di Forti. Un esempio significativo è quello di Fabrizio Pandolfi, che ha riferito di aver sentito un truffatore tedesco, amico del padre della vittima, vantarsi di crimini passati per cui altri erano stati accusati.
Nonostante le controversie, la macchina della giustizia americana non ha mai fatto marcia indietro. L’imminente trasferimento di Forti in Italia rappresenta un raggio di speranza per chi, come me, ha sempre creduto nella sua innocenza e ha cercato di dar voce alla sua storia attraverso il nostro giornale e le trasmissioni su Radio Catanzaro Centro.
Questa vicenda non è mai stata presa sul serio dal nostro governo, che avrebbe dovuto fare di più per riportarlo in Italia. Ora, speriamo che il rientro di Forti rappresenti non solo una rinascita personale per lui, ma anche un atto di giustizia tanto atteso. Chi segue da vicino il caso sa che questa storia è ben lungi dall’essere chiusa: solo il tempo dirà se il trasferimento di Forti in Italia porterà finalmente alla verità e alla giustizia che merita.
Chico Forti: vittima di un’ingiustizia o colpevole? La risposta definitiva potrebbe ancora essere lontana, ma una cosa è certa: la sua battaglia legale ha sensibilizzato e diviso l’opinione pubblica su entrambe le sponde dell’Atlantico. E ora, con il suo ritorno in Italia, si apre un nuovo capitolo di questa complessa storia.
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