L’EDITORIALE – Nel cuore delle tensioni che agitano il Medio Oriente, l’organizzazione Hamas, nota per la sua natura islamista, sunnita e fondamentalista, ha di nuovo scosso la regione con un attacco su vasta scala contro Israele. Questo evento ha suscitato interrogativi sulle motivazioni dietro l’inizio della guerra e ha messo in luce le complesse dinamiche politiche e geopolitiche che ne hanno favorito lo scoppio.
Hamas: organizzazione terroristica e divisioni interne
Hamas è suddivisa in due ali principali: un’ala politica e un’ala militare conosciuta. Entrambe sono considerate organizzazioni terroristiche da vari Paesi occidentali, tra cui Stati Uniti, Unione Europea, Canada, Giappone e, naturalmente, Israele. Questa designazione è il risultato delle attività violente e degli attacchi indiscriminati contro obiettivi civili condotti da Hamas nel corso degli anni.
Una delle principali motivazioni di Hamas, come enunciato nella sua carta costitutiva, è la “guerra santa” come unica soluzione alla questione palestinese. L’organizzazione mira al ritorno dell’intera Palestina ai confini del 1948, compreso l’attuale stato di Israele. Nel corso degli anni, alcune posizioni di Hamas si sono ammorbidite, accettando uno stato palestinese nei confini del 1967, sebbene senza riconoscere lo Stato ebraico. Questo atteggiamento ha portato a una serie di divisioni interne tra i moderati e i radicali all’interno dell’organizzazione.
Finanziamenti e supporto esterno
Hamas riceve significativi finanziamenti dall’Iran, ma anche da Arabia Saudita, Qatar e altri paesi. Questi finanziamenti sono stati cruciali per la sopravvivenza e la forza di Hamas, contribuendo alla sua capacità di condurre attacchi e mantenere una presenza attiva nella Striscia di Gaza.
La Striscia di Gaza: una terra contesa
La Striscia di Gaza è un piccolo territorio costiero situato nel Medio Oriente. Questa regione è abitata principalmente da una popolazione palestinese di religione musulmana. È una delle exclave dello Stato di Palestina, riconosciuto dall’ONU. La Striscia di Gaza è situata a est e a nord di Israele, a sud confina con l’Egitto, mentre a ovest si affaccia sul Mar Mediterraneo.
Fino al 1994, la Striscia di Gaza era sotto il controllo diretto di Israele. Tuttavia, con gli accordi di Oslo del 1993, è iniziato un graduale trasferimento di potere all’Autorità Nazionale Palestinese. È stato solo nel 2005 che si è verificato il ritiro delle truppe e dei civili israeliani dalla regione, ma Israele ha mantenuto un controllo significativo su diversi aspetti della vita nella Striscia di Gaza.
Il Governo di Hamas e il blocco israeliano
Dal 2007, la Striscia di Gaza è governata da Hamas, un’organizzazione politico-militare di orientamento islamista. Nonostante il controllo di Hamas sulla regione, Israele continua a esercitare una notevole influenza sulla Striscia di Gaza. Israele mantiene il controllo dello spazio aereo, marittimo e terrestre in entrata, dispiega una presenza militare lungo il confine e regola rigorosamente il movimento di merci e persone in entrata e in uscita. Questo è ciò che viene comunemente definito il “blocco israeliano”.
Il blocco israeliano ha un impatto significativo sulla vita dei palestinesi nella Striscia di Gaza. Limita l’accesso a beni essenziali, inclusi generi alimentari e forniture mediche, e ostacola la mobilità delle persone. Questa situazione ha causato sofferenze umane e ha contribuito alle tensioni e alle violenze nella regione.
La Striscia di Gaza come epicentro del conflitto
In questa regione costiera, situata tra il confine di Israele e il deserto del Sinai in Egitto, si svolgono eventi che hanno una portata globale e che coinvolgono molte nazioni e attori internazionali. Il destino della Striscia di Gaza continua a essere centrale nel complicato quadro geopolitico del Medio Oriente.
La Striscia di Gaza è un territorio dai confini complessi, abitato da una popolazione in gran parte palestinese, che è al centro di uno dei conflitti più duri e prolungati del mondo. La sua situazione politica e geografica rende questa regione un punto critico nella comprensione e nella risoluzione del conflitto israelo-palestinese.
Le possibili motivazioni dietro l’attacco
Alla luce delle tensioni sempre presenti nella regione, ci sono almeno tre possibili motivazioni dietro l’attacco di Hamas contro Israele.
In primo luogo, l’azione potrebbe essere volta a sabotare i negoziati di pace in corso tra Israele e Arabia Saudita, nei quali è coinvolta l’Autorità Nazionale Palestinese. Indebolire il presidente Abbas e i suoi sforzi diplomatici potrebbe rappresentare un tentativo di indebolire le posizioni palestinesi nei negoziati in corso.
In secondo luogo, l’attacco potrebbe essere una tattica per rivivere la sensazione di orgoglio arabo che emerse dopo la guerra dello Yom Kippur nel 1973. Dimostrare che i palestinesi possono cogliere Israele impreparata potrebbe essere un mezzo per rafforzare il sostegno e la solidarietà araba.
Infine, l’attacco potrebbe essere una mossa per contrastare la crescente popolarità della Jihad Islamica, un’altra organizzazione estremista palestinese che sta guadagnando consensi, soprattutto in Cisgiordania. Hamas potrebbe cercare di consolidare il suo ruolo come principale attore nel conflitto israeliano-palestinese attraverso azioni di questo tipo.
Le motivazioni dietro l’attacco sono intrise di politica interna, rivalità regionali e la continua ricerca di una soluzione alla questione palestinese. Ciò che è certo è che la situazione rimane estremamente volatile, con conseguenze devastanti per la popolazione civile coinvolta nei combattimenti.