Il 26 marzo 1979, con la mediazione di Jimmy Carter, il presidente egiziano Anwar al-Sadat e il primo ministro israeliano Menahem Begin firmarono lo storico trattato di pace tra Egitto ed Israele
L’EDITORIALE – Il 26 marzo 1979 è destinato a essere ricordato come un giorno fondamentale nella storia delle relazioni internazionali nel Medio Oriente e tra Egitto e Israele. Con la mediazione determinante del presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter, il presidente egiziano Anwar al-Sadat e il primo ministro israeliano Menahem Begin hanno firmato un trattato di pace senza precedenti tra i loro due Paesi, ponendo fine a decenni di conflitto e aprendo la strada a un futuro di cooperazione e stabilità nella regione.
Questo storico accordo, che fa seguito ai negoziati di Camp David del 1978, rappresenta una pietra miliare nella diplomazia internazionale. Non solo segna il primo trattato di pace tra un Paese arabo e Israele, ma getta anche le basi per una nuova era di dialogo e comprensione reciproca nella regione.
Il cammino verso la firma di questo trattato non è stato privo di ostacoli. Dopo la coraggiosa visita del presidente Sadat in Israele nel 1977, gli sforzi diplomatici si sono intensificati, ma rimanevano incertezze e tensioni. L’Egitto, pur desideroso di porre fine al conflitto, era soggetto a pressioni intense dagli altri Stati arabi, che vedevano con sospetto qualsiasi tentativo di avvicinamento a Israele.
La perseveranza e la visione di pace dei leader egiziani e israeliani hanno prevalso. Il trattato, dopo intensi negoziati durati 16 mesi, ha sancito il riconoscimento reciproco tra i due Paesi, ponendo fine a uno stato di guerra esistente da decenni. Inoltre, ha previsto il ritiro delle forze militari israeliane dalla penisola del Sinai, occupata dal 1967, e la restituzione di importanti impianti civili, segnatamente Yamit e Taba.
Ma il trattato va oltre la semplice risoluzione di controversie territoriali. Garantisce la libera circolazione del naviglio israeliano attraverso il canale di Suez e riconosce i vitali stretti di Tiran e il golfo di Aqaba come vie marittime internazionali. Questi punti primari avevano costituito la base legale per il conflitto della guerra dei sei giorni nel 1967 e ora sono stati riconosciuti come elementi chiave per la pace e la stabilità regionali.
Guardando al futuro, questo trattato ha aperto nuove possibilità per la cooperazione economica, culturale e politica tra Egitto e Israele, dimostrando che anche i conflitti più profondi possono essere risolti attraverso il dialogo e la diplomazia.
Un’alleanza strategica nel contesto mediorientale moderno
Le dinamiche geopolitiche nel Medio Oriente hanno subito una trasformazione significativa nel corso degli anni, e le relazioni tra Egitto e Israele ne sono un chiaro esempio. Da attori storici in conflitto, i due Paesi hanno evoluto la loro interazione da nemici a partner strategici con interessi comuni.
L’Egitto, una volta leader del panarabismo e dell’antisionismo, ha gradualmente modificato la sua politica nei confronti di Israele. Oggi, le due nazioni condividono interessi chiave, compresa la cooperazione nel settore energetico, con entrambe che mirano allo sfruttamento delle risorse idrocarburifere nel Mediterraneo. Sul fronte della sicurezza, lavorano insieme per contrastare il terrorismo nel Sinai e per contenere Hamas nella Striscia di Gaza.
La storia dei rapporti tra Egitto e Israele è stata caratterizzata da conflitti e riappacificazioni. La visita di Anwar Sadat a Gerusalemme nel 1977 segnò un punto di svolta, aprendo la strada agli storici Accordi di Camp David del 1979. Questa mossa audace portò alla rottura delle relazioni tra Il Cairo e il mondo arabo e alla sospensione dell’Egitto dalla Lega araba per diversi anni. La firma della pace ha contribuito a un rafforzamento dei legami tra Il Cairo e Washington, anche se il prezzo pagato è stato alto, con l’assassinio di Sadat in un attentato nel 1981.
Dopo alti e bassi, le relazioni bilaterali si sono rinvigorite, soprattutto dopo la vittoria di Hamas nelle elezioni del 2006 in Palestina. Preoccupazioni condivise, come la minaccia del terrorismo e il desiderio di mantenere stretti legami con gli Stati Uniti, hanno spinto l’Egitto verso una posizione più pragmatica nel conflitto israelo-palestinese.
Con l’ascesa al potere del presidente Abdel Fattah al-Sisi, le relazioni hanno continuato sulla strada tracciata da Sadat. La recente crisi nella Striscia di Gaza ha riaffermato il ruolo centrale dell’Egitto come mediatore nel conflitto, nonostante la firma degli Accordi di Abramo nel 2020.
Gli Accordi di Abramo hanno portato ulteriori cambiamenti nella geopolitica regionale. Gli Stati Uniti, con la loro politica di disimpegno dal Medio Oriente, hanno utilizzato gli Accordi per rafforzare i legami tra Israele e alcuni Paesi arabi, creando un fronte unito contro l’Iran.
In questo contesto, l’Egitto rimane un attore chiave, agendo come un importante elemento di contenimento nei confronti della Turchia. La sua posizione strategica e la sua stabilità interna lo rendono un partner affidabile per Israele e gli altri attori regionali.
Sebbene persistano le tensioni interne in Egitto e la disapprovazione di alcuni settori della società nei confronti di Israele, è chiaro che gli Accordi di pace hanno influenzato profondamente le relazioni regionali. La sfida per Il Cairo è ora quella di convincere la sua popolazione che il mantenimento di buoni rapporti con Israele è nell’interesse nazionale e regionale.