Negli anni ’60, gli Stati Uniti hanno realizzato una base sui monti reggini. Ufficialmente, doveva occuparsi del controllo delle comunicazioni, ma molti ipotizzavano qualcosa di diverso. Tuttavia, la base è stata improvvisamente dismessa, lasciando dietro di sé l’incubo di un disastro ambientale.
L’Aspromonte: cattedrali nel deserto
L’Aspromonte ha visto numerosi orrori nel corso del tempo: violazioni dello spirito e della forma, dell’immagine e dell’essenza stessa della montagna. Le ferite sono evidenti in superficie, rivelando un paesaggio di decadenza, abbandono e negligenza in un contesto di rara e selvaggia bellezza.
Dalla città fantasma di Cardeto Sud, simbolo della speculazione edilizia dilagante emersa negli anni ’70, alle rovine di Piani Moleti nel territorio di Ciminà. Dalla ex base NAPS dei Piani di Stoccato, poco sopra il villaggio di Piminoro (originariamente costruita per ospitare unità speciali anti-sequestro), alla nuova struttura sportiva di Canolo, situata sulle alture di Zomaro, ideata negli anni ’80 con l’ambizione di ospitare la preparazione atletica di squadre di calcio professionistiche, ma mai entrata in funzione, diventando nel tempo un pascolo per mandrie più o meno sacre.
La lista dei progetti incompiuti è lunga e l’elenco degli ecomostri che deturpano il paesaggio è esteso. Che ci piaccia o meno, dobbiamo accettare e riconoscere che questa è un’epoca fatta di difetti. Sappiamo bene che l’utopia e la poesia spesso cedono il passo a una realtà che raramente corrisponde ai nostri desideri.
Monte Nardello: una posizione strategica
Qualche mese fa, ho visitato un luogo che, come quelli menzionati in precedenza, testimonia negligenza e degrado che reclamano giustizia. Questa storia riguarda un punto geografico preciso in cui si cristallizza una fase storica particolare e poco conosciuta, durante la quale l’Aspromonte diventa un crocevia di rotte internazionali. Il luogo in questione è Monte Nardello, situato a circa 1.750 metri di altitudine nel comune di Roccaforte del Greco. Risalendo la cresta per qualche centinaio di metri, ci troviamo vicino a Montalto, da cui lo sguardo abbraccia idealmente lo Ionio e il Tirreno, rivelando la piena estensione della sua posizione geografica strategica.
Aspromont Horizon
Per capire cosa è successo a Nardello, facciamo un passo indietro fino al 1965, quando qualcosa di impensabile accade sull’Aspromonte: gli americani arrivano in queste montagne.
Il progetto, mai completamente realizzato, si chiamava Aspromont Horizon. Era il nome di uno studio che gli Stati Uniti avevano iniziato alla fine degli anni ’50, immaginando l’Aspromonte, così come le basi siciliane di Catania e Trapani, come crocevia strategico per la raccolta e l’elaborazione di dati sensibili.
Nel frattempo, dall’altra parte del mondo, era in corso la guerra fredda e il controllo delle telecomunicazioni nella regione del Mediterraneo era in gioco. In questo contesto geopolitico, prende forma la storia di Nardello, che diventa un luogo quasi mistico nell’immaginario collettivo di quegli anni. Su di esso aleggiavano una serie di storie più o meno fantasiose, che andavano dagli esperimenti sugli UFO all’uso di missili. Insomma, divenne una sorta di Area 51 in Calabria.
L’aspetto più fantascientifico di quel luogo sembrava avere poco a che fare con guerre o invasioni aliene. Nei giorni in cui la base apriva alcune aree al pubblico, molti giovani della città e dei paesi vicini si avventuravano sul Monte Nardello per ascoltare la musica americana, altrimenti inaccessibile a loro, proveniente dal jukebox insieme ai soldati.
Dopo circa vent’anni di attività, nel 1985, l’uso sempre più massiccio dei satelliti rese ufficialmente obsoleta la struttura.
Abbandonata alla fine degli anni ’80, nel 1993 venne ufficialmente dismessa e trasferita al Ministero della Difesa italiano, cadendo in uno stato di completo abbandono. Nel corso dei decenni successivi, fu saccheggiata senza pietà, rubando tutto ciò che poteva essere portato via, in una grave mancanza di rispetto per il bene comune, dimostrando come la res publica si trasformi spesso e facilmente in res nullius.
Oggi, l’ex base USAF, che si estende su un’area di circa tre chilometri e mezzo di diametro, assomiglia a un desolato paesaggio lunare, disseminato dei resti di centinaia di alberi abbattuti dagli incendi degli ultimi anni.
Nardello: cosa rimane dopo Aspromont Horizon
Quando ti avvicini e superi ciò che un tempo era un cancello ma che oggi è solo un groviglio di metallo arrugginito, le mucche ti guardano e si spostano verso l’area erbosa più vicina, mentre i bambini fanno finta di spaventarsi. Gli edifici di mattoni sono sull’orlo del crollo: nessun cartello segnala il pericolo imminente. Qualcuno, incurante del rischio, ha lasciato messaggi tracciati con spray rosso sulle pareti desquamate: “Free Siria”, “Aderisci alla A cerchiata”), “Free Gaza”. Basi di cemento da cui spuntano pezzi di ferro che si sfaldano, tombini senza coperchio (anche se non c’è bisogno di guardare dentro, non ci sono missili), ringhiere sgretolate.
Più preoccupanti degli alberi abbattuti sono i residui di amianto che fanno temere un disastro ambientale. Da anni, le associazioni ambientaliste segnalano il pericolo. Eppure, Nardello, nel mezzo dell’indifferenza generale, continua a rimanere lì, testimone silenzioso di un sogno americano che ha ceduto il passo a una realtà postmoderna calabrese, caratterizzata da uno spirito di adattamento e reinterpretazione.
È giunto il momento di riscrivere la narrazione di Nardello, di far luce sulle sue storie dimenticate e di restituire loro un significato all’interno dell’intricato intreccio dell’Aspromonte.