È tempo di vendemmia. I profumi autunnali si sentono nell’aria: è giusto il tempo per preparare il mosto e il vino cotto.
Si tratta di una bevanda di tradizione millenaria, rara e altrettanto benefica poiché anche terapeutica. Non è propriamente di vino che si parla, ma di una bevanda di gran pregio tanto quanto l’elisir di lunga vita.
Il mosto era già conosciuto dagli antichi romani e nella Megálē Hellás – la Magna Græcia . Troviamo tracce nelle narrazioni antiche e nelle ricette di Apicio e di Columella, i primi Artusi e Marchesi nella storia dell’arte culinaria.
Il mosto dell’uva veniva ridotto di un terzo e si chiamava defrutum. Se subiva un’altra riduzione prendeva il nome di sapa.
Si usava per le ricette che prevedevano sia la carne che il pesce, ma era utilizzato addirittura come dolcificante anche perché, all’epoca, non esisteva lo zucchero raffinato.
Spesso veniva allungato con l’acqua al fine di ottenere una bevanda ricostituente a base di sciroppo di fichi. All’epoca, si preparavano i decotti e si curavano i malati per i malanni della stagione invernale, aggiungendo anche del miele, il nettare degli dei.
Ancora oggi è usato per la preparazione di dolci della tradizione soprattutto meridionale legata alle festività natalizie. Ma veniva usato anche per preparare il sanguinaccio, una preparazione fatta con il sangue del maiale macellato, ormai impossibile da reperire poiché vietato. Alla prima neve della stagione si preparava la scirubbetta: il primo gelato della storia. Cioè neve e vino cotto nello stesso bicchiere per allietare le giornate invernali di adulti e di bimbi.
Il vino cotto si ottiene dal mosto d’uva non fermentato. Lo si versa in una pentola di rame, portandolo a ebollizione e riducendolo di un terzo. Si capisce perciò quanto sia difficile da reperire, e quanto sia costoso.
Una volta era un prodotto tipico delle famiglie contadine oggi è possibile trovarlo in commercio grazie ad alcune aziende agricole. Resta comunque un ingrediente molto raro e prezioso.
In alcune ricette, il mosto si fa ridurre aggiungendo anche del finocchietto selvatico. Si conserva in bottiglie ovviamente sterilizzate e per un lungo periodo, per nostra fortuna.
Il mosto “divin” cotto ha anche proprietà terapeutiche
Esso ha proprietà benefiche poiché ha un elevato potere antiossidante. Combatte quindi l’invecchiamento e previene le patologie cardiovascolari e addirittura tumorali. Poiché è ricco di polifenoli combatte gli effetti negativi dei radicali liberi.
Ricordando gli antichi romani, c’è una frase di Petronio Arbitro che ci viene in aiuto, per sottolineare la bontà e le qualità del vino. Lo scrittore e politico romano del I^ secolo scriveva: “Il vino ha dunque una vita più lunga della nostra? Ma noi, fragili creature umane, ci vendicheremo ingoiandolo tutto. Nel vino è la vita.”
Non ci resta che pronunciare: “Prosit!”
Dello stesso autore: La tradizione in tavola