Ci sono dei borghi, come quello di Gallicianò, nei quali ci si può immergere e vivere un mondo a parte; dei posti dove le tradizioni, gli usi e i costumi sono ancora rispettati e dove possiamo cogliere l’aspetto storico, in questo caso della Calabria, che è spesso tralasciato se non addirittura abbandonato dalle nuove generazioni.
Per fortuna, si sta assistendo all’avanzare di un turismo consapevole in cui si ricercano altre cose molto più legate al cosiddetto Slow Tourism in cui prevalgono il benessere spirituale, la ricerca naturalistica e l’autenticità.
Senza nulla togliere alle mete più turistiche e commerciali, oggi proponiamo una gita al borgo di Gallicianò, in provincia di Reggio Calabria.
Gallicianò è una delle bellezze del Parco Nazionale dell’Aspromonte
Il borgo antico si erge a 621 metri sopra il livello del mare, sul versante meridionale del Parco Nazionale dell’Aspromonte.
Per arrivare occorre percorrere una strada un po’ tortuosa, ma dalla vista spettacolare, che arriva alla piazza principale dove c’è chiesa di San Giovanni Battista attorno alla quale esistono delle case abitate soltanto da 60 persone. Il borgo, dove ormai vivono pochi ceppi familiari, fa sì che siano tutti parenti, distinguibili solo grazie ai soprannomi o titoli, ‘ngiurie, che ovviamente hanno nomi greci.
Il piccolo borgo di Gallicianò, Γαḍḍικ̍ιανό, Gaḍḍicianò in greco calabrese, fa parte del comune di Condufuri dell’area metropolitana di Reggio Calabria.
Un storia molto antica che ci riporta lontano nel tempo
Le prime tracce dell’uomo risalgono al periodo neolitico, ma è nel periodo della Magna Grecia che Gallicianò si sviluppa maggiormente. La più antica attestazione della sua esistenza è in un documento datato 1060.
A causa del terremoto del 1783 il borgo ha mantenuto la sua struttura originaria e per via delle inondazioni dello scorso secolo, tante persone hanno abbandonato il piccolo paese rendendolo quasi eterno. Qui la mano dell’uomo moderno non ha lavorato affatto.
La lingua e usi greci come segno distintivo
In Italia, soprattutto nel meridione, esistono delle minoranze linguistiche che purtroppo si stanno perdendo. Gallicianò è anche definita l’Acropoli della Magna Grecia perché è ancora l’unico borgo interamente ellenofono, anche se utilizzato in un ambiente esclusivamente domestico.
Studi linguistici hanno fornito elementi che datano la lingua di Gallicianò con una cronologia antica. La presenza di vocaboli, forme sintattiche e verbali particolari, infatti, riporta l’origine del centro all’VIII sec. a.C.
Durante il periodo della colonia greche, le coste della Calabria erano tutte grecofone. Non si è certi del periodo esatto, ma studiosi – come ad esempio Gerhard Rohlfs – attribuiscono il greco della nostra regione risaliente all’Impero Bizantino, influenzato dal greco medioevale bizantino.
Una cosa è certa: Gallicianò resta uno dei pochissimi borghi che mantengono l’uso quotidiano della lingua greca.
Ma l’aspetto tradizionale di Gallicianò non si ferma solo alla lingua.
Infatti, sono altamente rispettati la musica, la gastronomia e i riti.
Architettura e tradizioni di Gallicianò
Nel piccolo borgo c’è la chiesa ortodossa di Panaghia tis Elladas (Madonna di Grecia) dove vivono dei pellegrini ortodossi di culto greco. La zona dove sorge la chiesetta bizantina si chiama “Grecia“.
L’ex palazzo del comune è la struttura più grande del borgo e presenta delle decorazioni interessanti.
Esiste anche una Casa della Musica che conserva al suo interno strumenti musicali tradizionali del borgo come: zampogne, lire e altri oggetti rari. Gallicianò è la capitale della musica.
Nel Museo Etnografico, una stanza riproduce fedelmente la vita degli antichi abitanti di Gallicianò. Ma sono presenti anche coperte fatte con la ginestra e i famosi stampi tradizionali di legno del formaggio chiamate musulupare. Infatti, l’unica fonte di artigianato resta proprio quella del legno intagliato. Una volta era anche fiorente la coltivazione del baco da seta.
La Biblioteca contiene dei libri molto antichi e testi in greco moderno.
La Fontana dell’Amore (cànnalo tis agàpi) è l’antichissima fonte d’acqua del paese. Una volte le donne si recavano per raccogliere l’acqua con le brocche. Era anche un luogo d’incontro: i giovani in cerca di moglie si recavano presso la fontana per conoscere la futura fidanzata.
Quando il ragazzo aveva trovato la giusta fidanzata si eseguiva il cippitinnàu, come è chiamato ancora oggi il fidanzamento da queste parti. Lo spasimante metteva un ceppo di legno bruciacchiato, u ccìppo, davanti alla porta della ragazza, futura sposa. Se i genitori della ragazza erano d’accordo con il fidanzamento, durante la notte mettevano il ceppo bruciato in casa. Se contrari, lo facevano rotolare in strada.
Ancora oggi, dopo il rito del matrimonio, gli sposi vanno presso la fontana per dichiarare la propria fedeltà.
Come si legge nel sito ufficiale del parco Nazionale dell’Aspromonte: “Qui, come negli altri centri dell’intera isola ellenofona, le condizioni di isolamento e la tardiva “contaminazione” con il mondo esterno, hanno permesso la sopravvivenza di un patrimonio materiale e, soprattutto, immateriale di inestimabile valore. Cultura e sincretismi affondano le radici nella Magna Grecia e sono stati tramandati di generazione in generazione fino ai giorni nostri attraverso segni, parole, musica.”
Come scriveva Cesare Pavese, esiliato in questi posti aspri, ma accoglienti: “La gente di questi paesi è di un tatto e di una cortesia che hanno una sola spiegazione: qui una volta la civiltà era greca.“
E sicuramente l’ospitalità e la cortesia, che ricordano anche i tempi dell’antica Grecia, sono un’altra caratteristica degli abitanti.
Qui l’ospite non si fa entrare in salotto, si accoglie direttamente in cucina, il cuore della casa, dove si cucina e si offre il pranzo.
A Gallicianò è possibile degustare su ordinazione maccheroni con il sugo di capra, ma anche la peperonata, i peperoni ripieni, le polpette di melanzane e olive e formaggio. Ovviamente tutto a chilometro zero.
Benvenuti a Gallicianò.
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