Su uno sperone roccioso, a circa 600 metri dal mare e nel territorio dell’Aspromonte reggino, si erge il paese abbandonato di Roghudi Vecchio, sovrastato dal Monte Cavallo con i suoi 1331 metri di altezza. Le sue origini risalgono al 1050, ma venne abbandonato nel secolo scorso, durante gli anni 70, per via di due alluvioni causate dalla Fiumara Amendolea.
Il paese fantasma prende il nome dal greco Rogòdes cioè paese di crepacci e Rhekhodes: aspro.
Il legame profondo dei vecchi abitanti
Chi vi abitava non prese bene la decisione di abbandonare il paese. I pastori erano molto legati alla terra per cui il definitivo e forzato abbandono degli ultimi abitanti diede un’aria tetra e sinistra al paese. le 1650 persone furono trasferite a Roghudi Nuova, distante circa 40 km dal vecchio borgo, in prossimità di Melito Porto Salvo.
Il borgo fantasma appare inquietante per via delle case costruite su un precipizio, ma appare ancora più forte il sentimento di appartenenza al territorio se si osserva la Chiesetta di San Nicola, restaurata e curata, come se non si volesse tagliare il filo con il paese dalle sorti sfortunate. Il fatto che ormai sia completamente distrutto, lo rende un luogo affascinante per turisti e fotografi.
Curiosità
Anche il cantautore Brunori Sas ha dedicato a Roghudi Vecchio la sua musica e ispirazione nell’album A Casa Tutto Bene.
Lo studioso Tommaso Besozzi, avrebbe dichiarato che negli anni 50 le donne mettevano dei grossi chiodi fuori le case in modo da legare le caviglie dei bambini affinché non cadessero nel vuoto. Infatti, degli infanti hanno trovato la morte nei precipizi del paese. Alcuni dicono che a volte si sentono i lamenti di piccini provenire dai dirupi sotto le abitazioni.
Ma non è tutto.
In un luogo così particolare è normale che nascano delle leggende.
Vi è, per esempio, quella di un drago che viveva poco lontano dal paese, nella frazione di Ghorio. Ci sono due formazioni rocciose: la Rocca tu Dracu e le Caldaie del latte. La prima, a forma di drago, pare custodisca un tesoro inestimabile; la seconda a forma di caddareddhi, permetteva al drago di nutrirsi. I caddareddhi erano le pentole per riscaldare il latte, infatti la rocca ha una forma a gobbe.
Altra leggenda riguarda la contrada di Ghalipò, di fronte a Roghudi. Qui vivevano le Andrade, donne con i piedi a forma di zoccoli come i muli. La loro ‘specialità’ era quella di attirare le donne del paese verso il fiume per ucciderle. Così da potersi accoppiare con gli uomini del borgo. Per evitare le Andrade, le donne di Roghudi fecero costruire tre ponti che sono ancora visibili.
Se si è alla ricerca di un turismo insolito e fuori dagli schemi, sicuramente una gita a Roghudi Vecchio vale la pena farla.
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