È una domanda che si sono posti molti storici: che fine ha fatto il cadavere di Gioacchino Murat dopo essere stato fucilato a morte al Castello di Pizzo?
Sono ormai 200 anni che il mistero esiste, al quale non si è dato una soluzione definitiva; ma questo alimenta anche la leggenda secondo la quale lo spirito del re generale sia ancora lì, tra le mura imponenti del castello e, come tutti i fantasmi che si rispettano, ogni tanto si palesa generando paure e credenze popolari.
Gioacchino Murat, cognato di Bonaparte ed eroico combattente
Il Generale francese Gioacchino Murat era molto amato dalla sua gente, ma sicuramente non dal clero. Nonostante ciò, Murat ebbe una straordinaria carriera militare che lo vide a fianco di Napoleone Bonaparte e del quale sposò la sorella.
Fu proprio Napoleone che gli concesse di regnare Napoli durante il decennio francese grazie all’editto di Bayonne. Murat era una persona molto ambiziosa e conosceva bene le tattiche politiche. Infatti, diventò in pochi anni uno degli uomini più potenti in Europa.
In seguito a un accordo di alleanza con l’Austria, con la quale non esistevano rapporti idilliaci con la Francia, proprio l’imperatore francese gli voltò le spalle in un momento delicato: quando stava combattendo contro gli eserciti dell’alleanza anti napoleonica.
Napoli nel frattempo era finita nelle mani di Re Ferdinando I di Borbone, Re di Sicilia. Gioacchino Murat cercò di riconquistarla, ma il suo destino così fortunato stava volgendo al termine.
Murat salpò da Ajaccio con duecentocinquanta uomini. Durante il viaggio verso il sud di Italia i militari si imbatterono in una tempesta violenta che decimò i soldati. Una volta sbarcati a Pizzo i superstiti e Murat si ritrovarono di fronte al pericolo. A causa del tradimento del suo capo battaglione, il nemico riconobbe Murat, lo catturò e lo imprigionò nelle celle del Castello di Pizzo.
Oggi il castello è un museo molto visitato, ma all’epoca non fu mai un’abitazione, fu sempre una fortezza militare e una prigione. Tra i tanti detenuti, il più famoso fu proprio Gioacchino Murat che nel 1815 venne imprigionato e condannato a morte per fucilazione.
Nonostante il fato non fosse così favorevole, il Re di Napoli non si arrese di fronte ai suoi carcerieri. Quando fu dichiarata la sua condanna a morte enunciò la famosa frase: “Non mirate al volto, ma al cuore. Fuoco!” Lo stesso plotone restò colpito e commosso per il coraggio e la forza d’animo.
Il museo è ora la dimora del fantasma del Re?
Fin qui i documenti sono molto chiari, ma dopo la morte di Murat le fonti non sono del tutto concordi alimentando un mistero che dura da 200 anni.
Secondo alcuni, Murat fu sepolto nella Chiesa di San Giorgio del Castello; secondo altre, il corpo fu buttato nelle fosse comuni del borgo di Pizzo. Una voce afferma che il corpo venne buttato a mare senza la testa.
C’è un’altra ipotesi molto fantasiosa secondo la quale al Re ricevette la testa di Murat su un vassoio; ritenendo che, dopo la fucilazione, il corpo di Murat fu un macabro oggetto per deliziare le ambizioni del nuovo Re.
Una cosa è certa: la morte violenta di Murat resta uno degli episodi più indimenticabili tra le pagine della storia del Castello di Pizzo che oggi porta proprio il nome di Murat.
Ci sono alcune leggende che raccontano del fantasma di Murat. Pare che la sua anima in pena si aggiri ancora tra le mura del castello in cerca di giustizia.
Alcune persone hanno affermato che dentro la chiesa dove dovrebbe essere sepolto il suo corpo si sentano rumori di catene e si vedano le apparizioni fugaci del fantasma. Altre persone hanno sentito delle voci e visto luci strane.
Ci sono mobili che improvvisamente si spostano; finestre e porte che si aprono senza un senso logico.
Sempre in quella chiesa, una donna affermò di aver visto il fantasma di Murat coperto di ermellino volteggiare, sospeso nell’aria.
Una sensitiva riuscì a sentire la presenza del fantasma poiché in grado di captare una energia molto forte. Addirittura una dipendente del museo pare che riuscì a fotografare il fantasma.
Un turista inglese si mise a urlare perché ebbe la sensazione che una mano si fosse poggiata sulla sua spalla.
Certo, l’atmosfera del castello museo è un po’ tetra: tra armature, quadri, manichini vestiti in abiti storici e muri che raccontano torture e morti violente.
“Qui non si muore mai”
Tante sono le testimonianze forse dettate dalla suggestione, ma a noi piace pensare che l’anima tormentata di Gioacchino Murat sia lì non tanto per vendetta, ma con il desiderio di riconquistare il suo regno e le grazie di Napoleone Bonaparte.
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Sito del Castello di Pizzo Murat