Alessandra Molinaro (coordinatrice regionale Slow Wine per la Calabria): “I vini della Calabria sono un po’ come la nostra regione: hanno un carattere forte ed un sapore forte e grezzo, ma proprio per questo identitario!”.
Si è conclusa in questa settimana la 55esima edizione di “Vinitaly”. Vinitaly 2023, svoltosi a Verona, dal 2 al 5 aprile, rappresenta quasi da sempre, uno dei più grandi appuntamenti del settore vitivinicolo in Italia, con un importante impatto anche a livello internazionale. Questa filiera nasce in Italia, appunto a Verona, ma la sua vocazione è internazionale, tanto da essere diventata in questi 55 anni sinonimo di coinvolgimento dell’intera filiera vinicola globale.
Anche la Calabria presente al Vinitaly
Anche la Calabria quest’anno ha partecipato e per la prima volta lo ha fatto con oltre 100 cantine, costituite in un consorzio e riunite in un unico stand organizzato dalla Regione Calabria. Per la prima volta dunque, un unico spazio espositivo di circa 1400 mq, notevolmente più ampio rispetto al passato, per rappresentare la Calabria, quella “Straordinaria”, ricca, tra le altre bellezze, di materie prime e produzioni caratterizzate da una forte “territorialità”.
Chi è Alessandra Molinaro
A proposito di territorio e “territorialità” di materie prime della nostra terra e dunque anche del vino, abbiamo pensato allora, a chiusura di Vinitaly 2023, di approfondire l’argomento proprio con chi è esperta del settore ed è di rientro dal Veneto in Calabria (perché calabrese). L’esperta del settore in questione è Alessandra Molinaro, che oltre ad essere food & beverage designer, founder di uno studio enogastronomico di brand identity e lavorare per guide come “Gambero Rosso” e “Slow Food Italia”, è anche coordinatrice regionale per la Calabria di “Slow Wine” e membro dell’Associazione Nazionale di Donne del Vino. Chi meglio di lei dunque potrà farci addentrare nei meandri (se non arrivare fino alle radici) del tema!
L’intervista ad Alessandra Molinaro
Ecco allora l’intervista a lei rivolta.
Eccoci Alessandra, grazie per aver accettato questa intervista “al volo”, mentre è in viaggio di rientro da Verona. Innanzitutto, le chiedo tralasciato qualcosa delle sue attività svolte? C’è tutto? Una breve risposta, o un sì/no per “rompere il ghiaccio” va più che bene!
“No, ahahah!”.
“Ghiaccio rotto!”. Concentrandoci invece sul focus dell’intervista, che vetrina ha rappresentato Vinitaly per le cantine produttrici calabresi? Ha già qualche dato registrato da potermi comunicare?
“Sicuramente una grande vetrina. C’è da fare una premessa. Quest’anno la Regione, nella figura dell’assessore al Turismo e al Marketing, ha avuto un’idea grandiosa. Quella finalmente di ideare un brand, “Calabria Straordinaria”, unico e solo marchio sotto cui raccogliere tutti gli eventi, a cui la Calabria può partecipare, con un’identità unita e riconoscibile. Grazie a questo brand, la Calabria ha acquisito per la prima volta uno spazio grandissimo, 1400 mq, in cui si sono riunite in un unico stand – nel padiglione 12 e in piccola parte nel padiglione 10 – oltre 100 aziende calabresi (tra le 110 e le 120 nello specifico). Non erano mai state così tante presenti al Vinitaly (nelle scorse edizioni circa massimo 60, quasi raddoppiato il dato quest’anno)”.
“Fatta questa importante premessa, devo dire che quest’anno la vetrina di Vinitaly è stata anche internazionale per le cantine calabresi a dispetto delle ‘paure iniziali’. Infatti, questo anno è stato il secondo post-Covid e si pensava che Vinitaly fosse destinata sempre più ad essere filiera italiana per soli italiani (soprattutto dopo la nascita di ‘ProWein’ in Germania e con la nascita della rappresentazione della fiera francese). Invece, secondo dati ufficiali registrati dall’organizzazione Vinitaly, le presenze quest’anno sono state 93mila, tantissime, di cui 30mila stranieri. Dunque i dati sono ancora dalla parte di Vinitaly in quanto vetrina internazionale”.
Secondo il report “post-Vinitaly” del calabrese Rapani (senatore FdI), tra i vitigni calabresi molto apprezzati, ci sono vitigni come Magliocco e Gaglioppo. Chiedo a lei è così?
“Assolutamente sì! Se consideriamo il Gaglioppo è il vitigno più storico della regione, o per lo meno il vitigno ‘driver’ dell’approccio alla produzione del vino dalla forte identità calabrese. Nel 2011, contrariamente alla disciplinare della Doc di Cirò, aperta ai vitigni internazionali, alcuni produttori, i cosiddetti ‘Cirò Revolution’, sono andati andato a produrre vini autoctoni in purezza 100% Galioppo. Un approccio dunque ‘driver’, perché lungimirante e da apripista per altri vitigni che sono ritornati a dare identità alla Calabria del vino. “Il vitigno Magliocco invece è il vitigno rappresentativo delle terre di Cosenza. Dico terre perché lo ripetiamo all’infinito, quando parliamo di Calabria in realtà parliamo di ‘Calabrie’! Questo perché la regione, per come morfologicamente strutturata, ad ogni metro cambia la sua biodiversità. Per cui ogni terreno ha il suo clima ed ogni clima risponde in maniera diversa ad un vitigno!“.
Secondo Coldiretti Calabria, presente pure a Vinitaly, il vino Cirò è rientrato nella top 15 dei vini sovranisti che hanno aumentato di più le vendite nel 2022. Si ritrova con questa analisi?
“Sì, mi ritrovo! Si è sempre parlato di Cirò! La Doc Cirò è fra le più antiche di Italia! Già in tempi ‘non sospetti’ il vino Cirò era riuscito ad andare oltre i confini regionali e nazionali, grazie alla sua storicità. Tant’è che è considerato per l’antichità del suo vitigno come il vino delle Olimpiadi greche e proprio per omaggiare questa usanza, è stato utilizzato anche durante le Olimpiadi nella città del Messico nel 1968″.
Ci sono altri vitigni autoctoni calabresi che secondo lei meritano di essere attenzionati?
“I vitigni autoctoni calabresi sono in realtà tantissimi, forse in totale toccano i 350. Proprio in base alla morfologia della Calabria si spiega questo dato! Se consideriamo infatti la Calabria suddivisa per provincia, è vero che ogni provincia ha il suo vitigno rappresentativo! La cosa interessante è che poi si possono trovare anche vini vinificati insieme. Cioè, si possono trovare ‘bland’ di Gaglioppo e Magliocco e si possono trovare ad esempio dei Gaglioppi vinificati in terre di Cosenza, anche in rosato. Per spostarci di provincia, c’è poi il Greco di Bianco, considerato rappresentativo invece della provincia di Reggio Calabria, così come il Mantonico (che si differisce dal Montonico come vitigno autoctono per la sua storicità, anche lui risalente all’epoca dei greci), rappresentativo in particolare della bassa Locride”.
Spesso sono gli stessi calabresi a “snobbare” le produzioni locali. Ritornando ad esempio sul Cirò e in generale con i vini calabresi, preferendo spendere anche di più per degustare vini provenienti da vitigni “più lontani” e di qualità inferiore! Perché secondo lei questo accade?
“È vero, i vini calabresi fino a qualche tempo fa neanche venivano proposti al cliente finale, neanche agli stessi calabresi! Se un cliente entrava in un ristorante in Calabria e se lo stesso riceveva la carta dei vini e chiedeva perché non ci fossero vini calabresi nel menù, la risposta era ‘perché il nostro vino fa schifo!’ Senza mezzi termini! O ancora in casa si usava spesso dire ‘Perché Cirò produce anche vini? Io Cirò lo utilizzo in cucina per sfumare e per condire l’insalata!’. Questo è accaduto spesso e ancora accade per una mancanza di comunicazione che c’è dietro l’effettiva qualità del prodotto, ma anche perché c’è stato effettivamente un periodo ‘buio’ nella produzione del vino in Calabria! Questo proprio perché si stava andando verso l’emulazione di produzioni estere, piuttosto che valorizzare il proprio vitigno e la propria identità, a differenza di quanto sta accadendo negli ultimi anni. Spero quindi che cambierà l’approccio della proposta e anche del consumatore finale calabrese. Se non consumiamo noi per primi e se non lo promuoviamo noi per primi i nostri vini, non ci possiamo aspettare che ad esempio in Veneto, in un locale, il maître di una sala, arrivi con una carta dei vini e proporre un vino calabrese!”.
Uscendo fuori dalle classifiche e statistiche ed entrando invece in un’analisi qualitativa, come può essere quella di “Slow Wine”, di cui è coordinatrice regionale per la Calabria dicevamo, le chiedo, cosa significa pensare ad una produzione ecosostenibile del vino?
“Domanda difficile! Tre parole: ‘buono, pulito e giusto!’. È proprio lo slogan di Slow Food e anche di Slow Wine. Ci sarebbe tantissimo da dire ma già di per sé Slow Wine fa una cernita, non una classifica, non ci sono punteggi, ma solo un approfondimento sulla produzione di vino ‘buona, pulita e giusta’. C’è un’attenzione dedicata a 3 aspetti: vigna, vignaiolo e descrizione finale del vino. Una produzione ecosostenibile si racchiude nella figura del vignaiolo che ‘vive’ la vigna più che la cantina. Un approccio ecosostenibile del vino sta nel rispettare il vitigno stesso a monte, senza mettere mano al vino in cantina. Quindi, sostanzialmente avere cura del vino, in quanto alimento e cura del territorio in cui si crea il vitigno stesso! Attenzione dunque a non massimizzare lo sfruttamento di una vigna e del suo terreno. Ci vuole una cura anche a lungo termine! A distanza di anni si rischia altrimenti di avere un terreno non più utilizzabile e memoria storica che è andata persa”.
Continuando su questa analisi, qual è il rapporto tra il vino e il suo territorio di provenienza? È imprescindibile?
“Il territorio è imprescindibile rispetto al suo rapporto con il vino stesso (altrimenti non esisterebbe il concetto di ‘terroir’). Ad esempio lo stesso Sangiovese o Pinot nero, a seconda del territorio e del vitigno utilizzato, trovano espressione diversa. Aggiungo poi che se il territorio dà al vino una sfumatura ogni volta diversa, il vignaiolo è la figura che più lo differenzia!“.
La produzione calabrese nel tempo è riuscita ad attrarre sempre più stakeholders nei più disparati settori, compresa quella vitivinicola. Qual è secondo lei la forza della “Calabria che produce”?
“Il territorio sicuramente e la voglia di riscatto nella produzione vitivinicola e nel settore enogastronomico in genere di dire ‘la Calabria c’è e queste sono le nostre materie prime’!. Anzi il vino calabrese proprio per la sua storicità di cui parlavamo prima è da considerarsi un alimento a tutti gli effetti ‘driver’ del turismo enogastronomico in Calabria”.
Verrebbe da dire a chi già conosce le forze produttive della nostra terra, “Finalmente il bello della Calabria esce ‘fuori’!” Si ritrova con questa affermazione? O secondo lei c’è ancora molto di inesplorato e questa è solo la “punta dell’icerberg”?
“C’è tanto ancora di inesplorato, tantissimo, per anni siamo stati la regione della ‘nduja, della cipolla di Tropea e del bergamotto. Attenzione, sono prodotti di cui andare fieri! Ma non c’è solo questo! Il vino autocotono calabrese ne è una prova! È importante superare gli stereotipi legati agli alimenti che negli anni ci hanno più identificato nel mondo. La cosa particolare della Calabria è che non ha una ‘ricetta’ identitaria, ma le materie prime sono identitarie! Non abbiamo la ‘carbonara’ come piatto simbolo di una regione, ma abbiamo la regione con più biodiversità e con più materie prime ed ingredienti“.
Il brand portato avanti dalla nostra Regione, “Calabria Straordinaria” è sempre più a supporto delle bellezze agroalimentari, enogastronomiche, produttive, culturali e paesaggistiche della nostra terra. Secondo lei è grazie a questo apporto istituzionale che si stanno ottenendo risultati sempre più importanti su larga scala?
“No, è per tutto il lavoro che c’è dietro! È un supporto, un aiuto importante, anche a livello economico, per creare una eco e dare un’unica voce ai singoli produttori, imprenditori e professionisti della nostra regione. Penso che lo stesso brand ‘Calabria Straordinaria’ si debba strutturare ancora bene sia nella comunicazione e marketing, ma anche nella organizzazione di eventi. Perché altrimenti mi verrebbe da dire più che ‘Calabria Straordinaria’, ‘Calabria Ordinaria’! Perché se c’è una cosa vera è che noi calabresi nel tempo alla disorganizzazione ci siamo abituati ed è diventata purtroppo di ordinaria amministrazione. Io vorrei invece che di ordinario nella nostra regione ci fosse proprio un’organizzazione ben realizzata, che parta da un team di professionisti dedicato anche a supporto esterno alla stessa Regione”.
Può essere, secondo la sua analisi, è proprio la mancanza di un processo di marketing ben realizzato ad aver penalizzato nel tempo la nostra regione per non essere riuscita ad agganciare prima importanti vetrine come Vinitaly?
“Sì, assolutamente. A livello istituzionale siamo ancora indietro! Altre Regioni partono dal livello istituzionale per poi arrivare alle singole realtà imprenditoriali e produttive. Nella nostra Regione avviene esattamente il contrario. Così facendo non supportati appunto da un team dedicato al marketing della stessa regione (che non può ricadere nella figura di un’unica persona), diventa difficile anche conoscere alcune stesse realtà imprenditoriali per la Regione stessa. Figurarsi al di la dei confini calabri!”.
Produzione, brand e marketing sembra proprio che “debbano camminare insieme!” per ottenere risultati vincenti! Lei è anche fondatrice di uno studio enogastronomico specializzato in brand identity e marketing. Che consiglio darebbe a chi si affaccia per la prima volta al mondo dell’imprenditoria?
“Sì! È così devono camminare insieme! Il consiglio che do è di ‘lanciarsi’ e proporre le proprie idee, senza però improvvisare. Bisogna attrezzarsi di strumenti e competenze superare le linee di paura, che nel mondo commerciale, si concentrano inevitabilmente alla mancanza di guadagno. Nel mondo enogastronomico, e della ristorazione in particolare, forse qualche guadagno si intravede dal terzo anno in poi! È un percorso lungo e non esiste guadagno facile, né lavoro facile!“.
E invece le chiedo in ultima battuta, come migliorare una realtà produttiva già esistente, creando un “brand” attorno?
“Per la realtà produttiva già esistente il passaparola del cliente è una pubblicità ‘organica’ cioè gratuita ma non basta solo quello! Per promuovere in maniera efficace la propria azienda ed i propri prodotti! Se si vuole fare il salto di qualità bisogna affidarsi a professionisti del settore e soprattutto per i professionisti del settore: tanta onestà intellettuale nel promuovere con verità l’azienda cliente ed il suo prodotto finale!”.
Grazie Alessandra per il tempo che ha dedicato a questa intervista! Per il lavoro che fa, immagino sia davvero poco quello a sua disposizione! C’è qualcos’altro che vuole aggiungere? Lascio a lei la carta dei vin… eh volevo dire “carta bianca”:
…
“Appello a senso etico e onestà intellettuale, così possiamo aspirare tutti davvero ad una ‘Calabria Straordinaria’!”.
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