La data è tra le più importanti e tutti i libri di storia la riportano in rilievo: il 12 ottobre 1492, Cristoforo Colombo scoprì quella che oggi definiamo America, meglio ancora identificata come Stati Uniti d’America.
Si tratta di uno degli avvenimenti storici più significativi e rilevanti nella storia dell’Europa stessa che ha determinato altri accadimenti importanti che hanno cambiato il corso storico del Vecchio Continente, ma soprattutto quello del Nuovo Continente e dei suoi abitanti.
Convinto di avere raggiunto l‘India, Colombo sbarcò invece sulle piccole Antille, avamposto del continente americano. E da qui in poi nulla fu come prima.
Evitando di raccontare la storia riportata nei libri scolastici e che è nota a tutti, il salto temporale oggi non è di 530 anni, ma di quasi 50 e riguarda l’olimpo americano per eccellenza: Hollywood.
The show must go on: quanti indiani d’America uccisi?
Se oggi quasi tutti riconoscono che la scoperta dell’America nel 1492 fu in realtà una vera e propria invasione e uno sterminio di gente inerme, quasi mezzo secolo fa il dominio occidentale era ancora considerato una grandezza anche da parte del mondo della cultura e dello spettacolo.
Nel mondo patinato delle stelle dell’industria cinematografica, i film proponevano indiani “cattivi” da ammazzare e cow boy “buoni” che salvavano territori e rendevano giustizia ad altri “buoni”, ovviamente molto “bianchi”. Insomma, un vero a proprio manifesto a favore della razza caucasica che era “vittima” di indigeni locali.
L’inversione dei ruoli, paradossale e grottesca nella sua stessa anima, aveva una larga presa tra il pubblico, soprattutto quello europeo atlantista sin dalla fine della seconda guerra mondiale, contro le minoranze che vivevano negli Stati Uniti.
Basti pensare a un attore come John Wayne che interpretava sempre la parte dell’eroe americano pronto a difendere i territori che dovevano diventare a stelle e strisce. Quanti indiani ha ucciso il buon John Wayne nei suoi film patriottici? La domanda è retorica, ovviamente. Tanti. Troppi. Ma la realtà è stata ben più cruda verso gli abitanti delle Americhe che subirono veri massacri, non cinematografici, e morivano infettati poiché tante malattie non erano mai arrivate fino al loro continente.
Marlon Brando a difesa degli indiani d’America
Era il 27 marzo 1973, Il Padrino di Francis Ford Coppola ebbe ben 10 nomination per l’Oscar. Un film che dette l’opportunità a Marlon Brando di uscire fuori da un periodo critico e non felice. Questo infatti sarebbe stato il suo secondo Oscar dopo quello ricevuto nel 1955 per Fronte del Porto. Ma le cose non andarono esattamente come da copione.
Sul palco un giovane Roger Moore e una splendida Liv Ullmann attendevano il famoso attore con in sottofondo le note della colonna sonora del film firmata da Nino Rota. La sorpresa fu quella che a essere presente alla cerimonia non fu Brando ma Sacheen Littlefeather – al secolo Marie Louise Cruz – attrice, ma soprattutto attivista per i diritti dei Nativi Americani.
L’assemblea e la platea non presero benissimo la cosa e in generale ci fu la censura del mondo della celluloide più famosa al mondo. Il motivo della sua presenza al posto di Marlon Brando era polemico e accusatorio. Infatti, Piccola Piuma avrebbe dovuto leggere 15 pagine scritte dall’attore che spiegavano i motivi del rifiuto dell’Oscar. I motivi erano già noti alla giuria che non gradiva affatto l’esposizione mediatica così diffamatoria e irriverente. Brando condannava Hollywood per i film in cui si ammazzavano gli indiani, irrispettosi della storia e della cultura degli abitanti autoctoni americani.
La giovane Sacheen salì sul palco vestita come indiana con un vestito tradizionale; aveva i lunghi capelli scuri raccolti i due code e arricchite di perline. Piccola Piuma rifiutò delicatamente la statuetta, ma l’intenzione era quella di leggere i fogli che Brando le aveva consegnato.
Ma qualcuno degli Oscar la aveva intimorita, minacciandola di farla arrestare se il discorso fosse durato più di un minuto. Tanto per citare nuovamente John Wayne, l’attore era pronto a trascinarla giù dal palco se solo avesse iniziato il discorso.
– un mix tra minacce e censura
In questa atmosfera, la giovane indiana non fu in grado di dire nulla di scritto da Brando alla platea poiché si sentiva fortemente intimorita e isolata.
Riuscì a fare il discorso completo solo dietro le quinte della cerimonia agli Oscar: solo il NYT pubblicò le motivazioni.
Sul palco si costrinse a improvvisare il contenuto, tra gente che le urlava contro e gente che applaudiva.
A quasi novanta milioni di telespettatori in diretta riuscì a dire: «Questa sera rappresento Marlon Brando. Mi ha chiesto di dirvi […] che è davvero dispiaciuto di non poter accettare questo premio. La ragione è dovuta al trattamento degli indiani d’America nell’odierna industria cinematografica […] e televisiva, anche rispetto ai recenti avvenimenti di Wounded Knee»
L’attenzione dei media e l’FBI
Nonostante la censura, la stampa si riversò in South Dakota dove l’American Indian Movement aveva occupato la riserva di Wounded Knee, per protesta contro le politiche del Governo americano. La riserva era già luogo fisico del massacro nel 1890 dei Miniconjou, un gruppo di Sioux Lakota, da parte dell’esercito degli Stati Uniti d’America.
L’attenzione dei media non fu gradita neanche dall’FBI che in qualche modo precluse la carriera di attrice a Little Feather la quale non ne restò però intimorita. Infatti, fu sempre sostenitrice della causa degli indiani d’America fino all’ultimo giorno della sua vita.
Occorre aspettare fino al 2022 per le scuse ufficiali
Solo nel 2022, gli Oscar si sono scusati con Little Feather poiché giudicato un vero e proprio abuso. David Rubin, durante la edizione degli Academy Awards, ha affermato che “ci ricorda la necessità del rispetto e l’importanza della dignità umana“.
Dal suo canto, Sacheen Littlefeather, ormai 75enne, ha risposto con un velo ironico, ma importante: “Noi indiani siamo persone molto pazienti – sono passati solo 50 anni!”, avere il senso dell’umorismo è “il nostro metodo di sopravvivenza”.
Potremmo dire anche “giusto in tempo”, poiché Sacheen Cruz Littlefeather è venuta a mancare qualche giorno fa, il 2 ottobre 2022.
“When they laid down their arms, we murdered them. We lied to them, cheated them out of their lands. We starved them into signing fraudulent agreements that called treaties which we never kept; turned them into beggars on a continent that gave life for as long as life can remember. And by any interpretation of history, however twisted, we did not do right. We were not lawful nor were we just in what we did. For them, we do not have to restore these people, we do not have to live up to some agreements, because it is given to us by virtue of our power to attack the rights of others, to take their property, to take their lives when they are trying to defend their land and liberty, and to make their virtues a crime and our own vices virtues.” (Marlon Brando)
Indubbiamente, la pazienza ha avuto i suoi frutti, ma la storia sarà maestra di vita?
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