Jurij Alexeevič Gagarin fu il primo uomo a sfidare lo spazio viaggiando a bordo del Vostok 1 il 12 aprile del 1961.
Era un ragazzo sovietico, di soli 27 anni, ma la sua storia è diventata la storia dell’intera umanità perché con lui si battezzò l’era dello spazio, dell’uomo che conquista il mondo esterno alla terra.
Un mito di cui ancora oggi si parla perché simbolo e nello stesso tempo vittima di un mondo più grande di lui e dello stesso spazio. Grazie alla sua impresa gli fu conferita la più alta onorificenza russa: Eroe dell’Unione Sovietica. Morì purtroppo molto giovane, qualche anno dopo, durante un addestramento di volo.
Nell’immaginario collettivo Gagarin è il sogno che si realizza, l’uomo che da solo sfida l’ignoto per il bene collettivo, ma è anche il simbolo del progresso, dell’uomo del futuro. La vita umana è insignificante di fronte all’infinito.
È inutile dire che la sua vita e le sue imprese hanno ispirato artisti di tutto il mondo. Infatti, a lui sono dedicate poesie e ritratti, ma anche canzoni.
Claudio Baglioni gli ha dedicato una canzone in “Solo”
In Italia, nel 1977, quasi ventiseienne, Claudio Baglioni pubblica un album dal titolo emblematico: “Solo“.
L’età è quasi quella quando Gagarin sfidò lo spazio il 12 aprile 1961, dunque. Una coincidenza che racconta già molto circa questo disco.
Si tratta di un album molto particolare perché per la prima volta Claudio Baglioni scrive le sue canzoni senza l’aiuto dello storico co-autore Antonio Coggio, ma non solo, è un album curato interamente da solo. Sarà, tra l’altro, l’ultimo disco con la RCA con la quale ci saranno in seguito anche dei problemi legali.
È un disco che reclama l’indipendenza, la voglia di esprimersi diversamente e che testimonia la crescita umana e artistica.
Se il titolo fa pensare a un discorso puramente di struttura saremmo leggermente fuori strada a limitarci a questa considerazione. In realtà, il titolo ha una doppia valenza. L’album infatti contiene delle canzoni che parlano della solitudine. Una galleria di personaggi che sono soli, fisicamente e psicologicamente. C’è anche una canzone dedicata a Gesù (“Gesù Caro fratello“), in realtà incisa da Mia Martini qualche anno prima e che è l’unica a portare il nome di Coggio tra gli autori. In questa suggestiva canzone si contempla la figura di Cristo in croce mortificato dall’umanità moderna che lo sfrutta commercialmente, un’umanità che odia e che uccide e che ha dimenticato gli insegnamenti di pace e di amore.
Senza addentrarci troppo nella complessità del disco, la canzone di apertura di questo particolare album è proprio “Gagarin”.
Le prime note richiamano lo spazio, proiettandoci verso un futuro con delle note sintetizzate.
L’ispirazione della canzone di Baglioni è nata grazie alla poesia di Evgenij Aleksandrovič Evtušenko “Gagarin, il figlio della terra”, ma all’interno del brano ci sono altri riferimenti legati alla figura di Gagarin scienziato e uomo.
La solitudine di Gagarin non è solo fisica poiché solo nello spazio, ma anche emotiva.
Claudio Baglioni immagina quali fossero i pensieri di un giovane uomo da solo nello spazio, prima dentro una navicella poi vagante nel buio senza protezione.
Secondo Baglioni, Gagarin ripensa ai luoghi della terra dove è nato. Una terra piccolissima se guardata dallo spazio, ma che non gli risparmia la stessa vita, un domani.
E ancora oggi lui continua a volare nell’infinito, da solo.
Dall’alto ripensa a ciò che ha vissuto: al lago dove faceva il bagno quando era solo un bambino, ad esempio. Ma lo spazio ora gli ruba anche l’ombra regalandogli però la pace, senza la volgarità dell’uomo, senza le guerre, senza le bugie. L’umanità è lontana.
La sua vita, Gagarin la consegna all’eternità al Polo Nord, elevandosi come farebbe un falco.
Dopo la sua morte, sorride però solo su un francobollo a lui dedicato perché quel sorriso è andato via, volando in solitaria per l’eternità.
Il testo di “Gagarin”
La canzone è stata presentata qualche volta in versione live, ma non rientra tra i classici onnipresenti nelle scalette dei concerti, purtroppo.
Resta comunque un grande brano per gli appassionati che vedono in questa canzone non solo la storia di un giovane ragazzo morto per il bene della scienza, ma anche il riscatto di Claudio Baglioni come autore di testi e di musica.
Un album che è un punto cruciale per la storia artistica del cantautore romano che lo consegna a un nuovo ciclo artistico importantissimo.
Ecco il testo completo del brano di “Gagarin”
«Quell’aprile si incendiò
Al cielo mi donai
Gagarin figlio dell’umanità
E la terra restò giù
Più piccola che mai
Io la guardai non me lo perdonò
E l’azzurro si squarciò
Le stelle trovai lentiggini di Dio
Col mio viso sull’oblò
Io forse sognai
E ancora adesso io volo
E lasciavo casa mia
La vodka ed i lillà
E il lago che bagnò il bambino Yuri
Con il piede lo scansai
Bugie volgarità
Calunnie guerre maschere antigas
Come un falco mi innalzai
E sul Polo Nord sposai l’eternità
Anche l’ombra mi rubò
E solo restai
E ancora adesso io volo
Volo
Volo
Nell’infinito io volo
Sotto un timbro nero ormai
Io vi sorrido ma il mio sorriso se n’è andato via
Io vestito da robot
Per primo volai
E ancora adesso io volo
E ancora adesso io volo
Volo
Volo
E ancora adesso io
E ancora adesso io volo
Volo
Volo
Nell’infinito io volo»
L’immagine di Yurij Gagarin proiettata sul prisma dell’arte
Tutte “Le canzoni di Claudio Baglioni spiegate a mia figlia”: la monumentale opera di Ivan Fedele