Venerdì 17 l’attore napoletano si esibirà a Catanzaro
Un amore immenso per la sua città, Napoli, e una passione per la musica e, soprattutto per il teatro fanno di Peppe Barra uno dei Maestri che il mondo ci invidia.
Disponibile come solo i grandi sanno essere, si è raccontato in attesa dell’appuntamento che lo vedrà protagonista venerdì 17 gennaio, alle ore 21:00 al Teatro Comunale di Catanzaro. Con la commedia “I cavalli di Monsignor Perrelli”.
Una storia accattivante dalla incontenibile allegria inserita nella stagione teatrale catanzarese di AMA Calabria.
Che rientra fra gli eventi promossi con il sostegno del Fondo Unico dello Spettacolo del MiBACT. Direzione Generale dello Spettacolo e il cofinanziamento della Regione Calabria Assessorato alla Cultura nell’ambito del piano di Azione e Coesione 2014/2020 Asse 6.7.1 triennio 2017/2019 Azione 1° Grandi Festival ed Eventi Internazionali.
Con la Nuova Compagnia di Canto Popolare, nel 1976, ha messo in scena “La gatta Cenerentola”, scritta da Roberto De Simone, in cui interpretava la matrigna. Quanto ritiene di aver dato a quell’opera?
“La gatta Cenerentola” è stato uno degli spettacoli più importanti degli anni settanta. Io ho dato e al tempo stesso ricevuto molto da Roberto De Simone e dalla Compagnia che esisteva già dal 1967 e avevano già studiato il mondo popolare partenopeo. Poi di quell’opera nulla è rimasto alle nuove generazioni. Neanche una registrazione video. Certo, ora è stata rimessa in scena da un’altra compagnia. Sicuramente un lavoro gradevole, ma non paragonabile alla nostra prima edizione.
Memorabile fu la serata al Festival dei Due Mondi di Spoleto.
È vero. Ma, come ho detto, di quella serata non vi è alcuna testimonianza. Tranne una registrazione video del terzo atto, effettuata dal telegiornale della RAI in occasione del Festival di Spoleto. Ma il successo arrivò ovunque. Oggi mi sento di dire che abbiamo fatto conoscere la cultura napoletana in tutto il mondo.
Nel 1995 fu incaricato da Fabrizio De André di scegliere una canzone del suo repertorio per cantarla in napoletano. La sua scelta cadde su “Bocca di rosa”. Cosa ricorda di quel momento?
Fui sorpreso dalla sua telefonata. Fu un rapporto breve ma intenso. Di quel brano fece la traduzione, che ritengo geniale, Vincenzo Salemme. La mia fu una interpretazione personale e molto apprezzata da De Andrè che mi disse che quel brano era diventato mio. E, probabilmente aveva ragione.
Nonostante le sue “incursioni” nel mondo della musica, la sua passione più grande è il teatro che lei vive intensamente.
Ognuno vive il teatro in maniera diversa. Gli spettatori lo “subiscono” attraverso le emozioni e le sensazioni che noi riusciamo a trasmettergli. Spesso riusciamo a farli commuovere. Per me è vita, è allegria. Senza non sarei la persona gioiosa che mi sento di essere. Nonostante sia finzione, il teatro è lo specchio della vita e della società in cui viviamo. Il teatro è come la vita, va vissuto e non va preso troppo seriamente.
Lei come si prende?
Con allegria e con quel pizzico di ironia e follia necessaria per la sopravvivenza.
Nonostante sia nato a Roma lei è innamorato della sua città, Napoli
Io sono nato a Roma per caso. Napoli per me è tutto, è mia madre, sono i miei ricordi; Napoli è la mia adolescenza. Se non fossi stato napoletano, non avrei potuto essere quello che sono a teatro. È grazie alla mia città, con la sua cultura, che mi sono realizzato come attore e artista. Non riuscirei a vivere lontano da Napoli. Credo di essere l’unico attore che non è scappato da una città vittima di molti pregiudizi. Alcuni veri, altri falsi. Mi piace ricordare sempre ciò che diceva Eduardo, “‘o presepio è buono, ‘e pasture so malamente”. E aveva ragione. Napoli è quella descritta da Pino Daniele, piena di contraddizioni ma ricca di fascino.
Napoli rivive ne “I cavalli di Monsignor Perrelli”, in cui interpreta Meneca travestendosi da donna per la prima volta dai tempi de “La gatta Cenerentola”.
Monsignor Perrelli è un personaggio realmente esistito nella Napoli di Ferdinando IV di Borbone. È stato un uomo di chiesa eccentrico che aveva il difetto di inventare storie inverosimili e, proprio per questo motivo, era deriso dal popolo napoletano, e anche dal re. Ancora oggi appartiene al mondo popolare. Meneca è un po’ innamorata di quell’uomo e lo accudisce con i suoi manicaretti. Ma sa diventare anche furiosa quando il Monsignore assume atteggiamenti eccessivi.
Accanto a lei, nei panni del Monsignore, Patrizio Trampetti.
Patrizio, con cui ho condiviso l’esperienza della Nuova Compagnia di Canto Popolare, è perfetto nei panni del Monsignore. Con lui sul palcoscenico c’è molta complicità e riusciamo a mettere in atto una sorta di duello teatrale che porta a situazioni buffe ed esilaranti che non mancheranno di divertire gli spettatori.