Parlare di Peter Gabriel senza cadere nell’ovvio e nella banalità è difficile. È quasi inutile descrivere la sua genialità, ma le trappole della biografia hanno in sé il ripetersi come un copia e incolla che lascia niente, soprattutto quando c’è da celebrare un compleanno: il settantesimo, per la precisione.
Partiamo da chi la sua musica invece l’ha ascoltata, da chi ha assistito allo scioglimento dei Genesis con qualche lacrimuccia. Partiamo da noi.
Da sempre, il sogno dei fan dei Genesis sarebbe quello di una Réunion del gruppo del rock progressive. Tempo fa si stava quasi per avverare, ci furono anche delle dichiarazioni dei componenti della band a Billboard, ma Peter Gabriel che sembrava disponibile alla fine declinò per “altri impegni”. Oggi, genitori ultracinquantenni vanno a braccetto con figli (e figli dei figli) alle esibizioni di nostalgiche cover band, cercando quelle emozioni legate ai concerti della “genesi” che cercano concretezza in un paio d’ore di onirico stupore.
Forse più fortunati sono stati gli abitanti di Arzachena, in Sardegna, dove a Gabriel è stata conferita la cittadinanza onoraria. Nel 2002, Raf non cantò alla festa patronale del paese, dando buca all’amministrazione comunale. Quindi sul palco salì lui: Peter Gabriel. Fu un evento del quale se ne parlò in tutto il mondo. E se il paese lo ha ringraziato per l’attenzione, l’onnivoro artista inglese ancora oggi non disdegna formaggi e vini locali.
La storia dei Genesis e di Peter Gabriel è stata scritta in tutte le salse. Che cosa si potrebbe raccontare di un artista che non smette di stupire ma che è oggettivamente “fermo” al 2002? E già, perché il suo ultimo disco di inediti porta quella data.
Rated PG: un album di immagini
C’è invece un disco, un po’ di nicchia, che Peter Gabriel ha pubblicato l’anno scorso e che è legato al cinema e alle colonne sonore da lui composte.
“Rated PG” contiene l’anima di questo poliedrico artista che è stato capace di raccontarsi indossando panni diversi in cui, appunto, l’ovvio e il banale non trovano terreno.
Questa raccolta “strana”, nel senso che non contiene inediti ma canzoni composte per le colonne sonore di vari film, racconta un’altra fissazione di Gabriel, la cinepresa, ricordando che nel 1989 la sua musica ottenne una candidatura all’Oscar, per Passion, la soundtrack del film L’ultima tentazione di Cristo.
E poi, chi non ricorda il maialino di Babe va in città?
La prima chicca infatti è“That I’ll Do“, composta per il famoso cartoon, che apre il disco e contiene l’esecuzione di Paddy Moloney (fondatore degli Chieftains). Da cartoon a cartoon si passa a Wall-E, un lungometraggio ecologista della Disney, con il gospel “Down To Earth” interpretato con Soweto Gospel Choir.
Il disco è sostanzialmente una bella gita nella storia solista di Peter Gabriel dove l’immagine fa da supporto alla musica e viceversa.
E c’è stato pure un momento cinematografico dove lui e i Genesis si sono intersecati, con Phil Collins, per la precisione. Against all odds, è proprio il caso di dire.
L’innovazione nei videoclip di Peter Gabriel
Rimandendo nel campo dell’immagine, pochi ricordano ad esempio, che in pieno boom degli anni Ottanta, Gabriel ha rivoluzionato il mondo dei video clip.
L’intuito di Peter Gabriel lo aveva portato a capire l’importanza e il potere dei video musicali. Dopo il successo della clip di Shock The Monkey, il singolo successivo doveva contenere la forza della innovazione.
Sledgehammer, diretto da Stephen R. Johnson, aveva un budget di centomila sterline. Un costo molto alto per un artista che era ancora nuovo nel campo dei clip. Il video utilizzava la claymation o clay animation (la tecnica cinematografica della plastilina animata). È stato il più programmato da MTV, in tutti i tempi. Nel 1987, a MTV Video Music Awards si è aggiudicato 9 premi tra cui Video of the Year. È il maggior numero di premi vinto da un singolo clip. È risultato anche il miglior video britannico, mentre la canzone è stata nominata per tre Grammy (tra cui Song of the Year).
I video a supporto di un impegno sociale di Peter Gabriel
Peter Gabriel non è solo famoso come artista, ma anche come attivista nel sociale. Lo si vede in prima fila per la difesa dei diritti umani attraverso il lavoro svolto a fianco di Amnesty International.
Il video della canzone Biko ci parla un altro capitolo nella storia non lineare di Gabriel. Ricordiamo che Biko fu arrestato dalla polizia sudafricana nell’agosto del 1977 e, dopo essere stato tenuto in custodia per giorni, fu interrogato nella prigione di Walmer Street a Port Elizabeth. Uscito dall’interrogatorio con serie ferite alla testa, Biko fu trasferito in una prigione di Pretoria dove morì poco dopo, il 12 settembre 1977.
Nel 1992 il musicista fonda Witness, un’organizzazione internazionale per denunciare abusi e violenze con l’ausilio della tecnologia: “Guardalo. Filmalo, Cambialo” era lo slogan, successivamente trasformato in “Caricalo. Guardalo. Condividilo. Agisci” legato alla piattaforma The Hug. Si tratta dunque di una video community finalizzata a raccogliere i filmati che chiunque può girare e ovunque, denunciando la violazione dei diritti umani nel mondo intero.
Ma il suo impegno non si ferma qui.
Oltre i video e oltre la musica
Sempre più ricerche mostrano come la musica sia in grado di attivare i nostri sistemi neurali che coinvolgono le emozioni. Il progetto Sync ha riunito neuroscienziati del MIT, ricercatori del Berklee College of Music e… Peter Gabriel al fine di studiare gli effetti fisiologici della musica sulla salute.
“I nostri sensi ci forniscono diversi modi di sperimentare idee ed emozioni modificando la nostra salute fisica e mentale. Una buona raccolta di musica è sempre stata utilizzata come una scatola di pillole per l’umore”. Racconta Peter Gabriel.
“Mi piace pensare alla musica come a qualcosa di vivo ed in continua evoluzione, che permette così ai musicisti di vendere un processo in corso piuttosto che un prodotto.”
Come dire: la musica potrebbe salvare il mondo.
Purtroppo, non siamo riusciti a evitare un po’ di banalità, ma era inevitabile e prevedibile.
Ci conforta però l’ascolto della splendida “Don’t give up” che ci riporta a celebrare in religioso silenzio il compleanno di un artista che anche senza essere sulle scene fa comunque parlare di sé.