Claudio Baglioni: l’incanto musicale che attraversa il tempo e lo spazio
Un raggio di sole prelude il giorno del concerto di Claudio Baglioni dopo quella pioggia birichina che ci ha fatti volare via, oltre le statue di giochi olimpici, testimoni da tempo immemore, fissi in un’unica posa.
Non c’è il silenzio notturno che dovrebbe avvolgere questo luogo: siamo parte di un progetto che si spinge nel tempo e nello spazio da molti anni ormai. Fermi ognuno di noi su una zattera nell’oceano, ecco finalmente un suono.
Un’eco ci ha richiamati come proseliti di un’unica religiosità. Eutirpe e Pan con il loro flauto, Apollo con la cetra, Hermes con la lira e tutti gli altri devoti alle arti e alla musica sembra si accostino per ascoltare e per celebrare un mago che ancora incanta ragazze e serpenti.
Un’arena che come in un abbraccio ci accoglie e ci ripara dal resto del mondo. Riconoscersi come anelli di un’unica catena, ora aperta oppure chiusa a cerchio, ben salda e non ossidata da agenti estranei a questa vita. Qualche anello più debole ogni tanto si stacca e cade in un tonfo che fa rumore e ci scuote. Così Claudia e Danilo, ma anche tanti altri che ci hanno lasciato anche da sotto il palco, possono rivivere e ricongiungersi alla collana danzante. C’è posto anche per loro attraverso il ricordo di chi continua a guardare e a sognare tra note e parole di un’altra età.
C’è lui che riesce a regalare momenti da incorniciare nell’ennesima notte di note e quella stella è ancora lassù, al bordo della stessa cornice. Solo noi cambiamo, forse con qualche anno in più.
Così con il cuore giovane abbiamo ancora le cento domande di un tempo, noi come bottiglie di vetro non completamente svuotate, da tornare indietro a ogni fine di concerto.
C’è un uomo che sembra che il passare degli anni non lo attraversi mai; lui sa giocare con le note e con le parole, ricorda chi è stato sfilando le giacche del passato, a tempo di musica.
Le luci e corpi danzanti ci fanno alzare all’unisono, seguire il suono e il ritmo come in un richiamo che attendiamo da sempre.
Non c’è l’urgenza dell’attesa. Il mago adesso è qui, di fronte a noi, e riesce a scuoterci nel profondo, suggerendo melodie già note e anche parole diverse.
E mentre l’inchiostro consuma fogli bianchi cercando di catturare emozioni per paura di dimenticarle, il musicista ritorna al suo Olimpo confortato dalle nove Muse.
Ed eccola una magia: un volto dai capelli biondi si palesa tra noi. Lei, la bellissima creatura che ha assistito alla nascita delle idee e alla loro forma più concreta. Una sciame di sorrisi e di abbracci l’accolgono per testimoniare che non c’è l’oblio dove passa il vento Matteo.
In un’epoca a noi lontana la musica era affidata all’ascolto e alla memoria e questo si ripete ogni volta che quell’eco ritorna a noi. Non importa quanto si è lontani, quanto quella zattera sia in balia di onde o di un mare calmo: il viaggio inizia con un cenno.
Se questa vita dev’essere vissuta è bene che sia veramente attaccata atuttocuore.
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