Il mio non coinvolgimento diretto in una scialba ed anonima campagna elettorale consente un’analisi probabilmente più lucida del voto. Al netto dei facili entusiasmi e delle frasi di circostanza utili a non ammettere le sconfitte e a non contestualizzare le vittorie, degli spunti interessanti di riflessione possono essere offerti e analizzati anche e soprattutto a livello locale.
Partiamo dai vincitori.
Per onor di cavalleria un primo plauso va a Wanda Ferro. Emarginata due volte, prima da una legge elettorale approvata dalla maggioranza di centro destra in consiglio regionale che l’ha tenuta fuori dall’assise inspiegabilmente, poi da una cordata di aspiranti onorevoli che l’ha allontanata dal suo collegio elettorale naturale per spedirla laddove non era il suo territorio. Ha condotto una campagna elettorale a mani nude e testa bassa, ragionando sull’attualità dei problemi di quel territorio e della nostra terra, senza codazzi e seguiti ridondanti, ossequiosi dei potenti e sprezzanti degli avversari, ed è stata premiata riuscendo nell’impresa di battere due parlamentari uscenti.
Poi ci sono i vincenti del Movimento 5 stelle. A loro le congratulazioni più sincere ma una serena raccomandazione, il difficile non è prendere voti, soprattutto catalizzare malcontenti, in territori con sacche enormi di disoccupati, il difficile è governare e dare risposte concrete ai cittadini.
Ci auguriamo che dal prossimo 23 marzo gli onorevoli eletti si facciano promotori di iniziative atte a migliorare, dall’ interno dei palazzi romani, le situazioni di gravissimo deficit economico e sociale dei nostri territori dimostrando, con i fatti, preparazione e capacità di governo.
E ora veniamo ai vinti.
Sparare sul Pd sarebbe esercizio non elegante e facile. Rimproverare la gerenza dei democratici di aver voluto tenere fuori dalla discussione pre elettorale una parte importante dell’opposizione cittadina che pure aveva sostenuto un candidato sindaco innaturale per caratteristiche e storia, è demagogico e potrebbe apparire pretestuoso. Cosa resta da fare dunque? Invitare gli amici del Pd o vicini ad essi a scendere dall’Aventino, sporcarsi le mani decidere cosa fare del ruolo che gli elettori gli hanno assegnato. La città non può restare prigioniera da un lato di un governo locale miope e arrogante e dall’altro delle notti dei lunghi coltelli che si consumano nel centro sinistra. La sonora sconfitta del centro destra cosa insegna invece? A noi in realtà nulla, avevamo, anche bonariamente avvisato il sindaco, sui pericoli politici che la sua maggioranza correva avendo lasciato il governo di questa città in mano a comparse e controfigure. Quello che più sorprende è che gente di cotanta esperienza si sia talmente staccata dal territorio da non capire, non percepire, il malcontento delle periferie, l’insofferenza dei quartieri più popolosi lasciati senza governance, il bisogno urgente di un nuova classe dirigente di essere valutata e messa alla prova per l’impegno dimostrato e non per la capacità di portare una borsa. Niente di questo è arrivato a chi già aveva incarichi romani e a chi vi aspirava. E ora? Non è nostro compito dare consigli non richiesti e non voluti, ma oggi la città è un po’ più debole e oggi più di ieri resteremo vigili affinché guerre fratricide, desideri di riscatto personale, tentativi di recuperare terreno verso progetti saltati, non diventino una tagliola per lo sviluppo di un capoluogo di regione che tale deve restare sulla carta e nei fatti, senza perdere più tempo.