Nota integrale di Alfredo Serrao, presidente Associazione I QUARTIERI
Dopo la triste vicenda della RSA di Chiaravalle in Calabria il tempo è scaduto! La politica regionale tutta ed in tutte le sue declinazione di colore deve assumersi la responsabilità di essere stata, anche indirettamente, la mandante di queste e di tanti morti annunciate, se parliamo di anziani e se ci riferiamo al sistema regionale delle RSA e di tutto quanto appartiene al settore socio sanitario e socio assistenziale. E’ finito il tempo del bizantinismo, delle parole vuote di significato concreto, ma soprattutto di un vittimismo di facciata, quello che pone la Calabria come la cenerentola d’Italia, dove le incapacità e l’inconsistenza della governace locale, diventa sempre una mancata attenzione nazionale.
Su questa disattenzione locale, nessuno ha voluto considerare importante il grido di dolore e al tempo stesso la sollecitazione del sindaco di Piacenza, che invitava le regioni meridionali nella vicenda Coronavirus dicendo testualmente: “non fatevi trovare impreparati…”, mentre da noi in Calabria si continuava a pontificare su dove allocare le strutture Covid-19, oppure a cercare di capire cosa fossero i ventilatori polmonari per le terapie intensive (?), da quella dirigenza regionale che dimostra, oggi in modo macabro, la propria inadeguatezza, quella che cammina a braccetto con la politica odierna, come un eredità negativa del passato presente e lontano.
Non basterà in Calabria esporre le bandiere a mezz’asta per pulirsi la coscienza e, continuare a fare finta di difendere il diritto alla salute, che appare in questo momento una sonora pernacchia rispetto alla difesa di un valore assoluto: la vita.
La sanità in Calabria è uno scenario da “day after”. Un patrimonio di macerie, dove da una parte si è quasi spenta la professionalità del pubblico, mentre dall’altro si è foraggiata una sanità privata, che tolte rare eccellenze riconosciute, resta una regalia della politica locale in un circolo ristretto, dove i soliti noti, non attivano concorrenza con il pubblico, ma privilegiano il salvadanaio.
In questo aziendalismo esasperato nel momento della crisi sanitaria che stiamo vivendo, però sono i sanitari del pubblico quelli che sono stati chiamati al fronte, mandati in guerra con lo stuzzicadenti, nel classico gioco del “tutti giù per terra”, come i soldati italiani mandati nella campagna di Russia nel 1941 con gli scarponi di cartone… Tutto questo non lascia scampo a nessuno, non ci sono vie di fuga, fatto salvo la preghiera in tutte le declinazioni delle diverse confessioni religiose. Ma, la preghiera non basta!
La Calabria, ma soprattutto quanti la governano e l’hanno finora governata, non si laverà la coscienza difronte alla conta di morti annunciate, quelle degli anziani nelle strutture sanitarie, soltanto montandosi a titolo di scenografia la lacrima. Perché un minuto dopo, un solo minuto dopo che si sarà conclusa la pandemia di Covid-19, ci sarà e ci dovrà essere la resa dei conti, dove le responsabilità di tutti dovranno uscire allo scoperto.
Sarà questo uno choc non solo per la politica, al netto dell’attività di accertamento della Procura di Catanzaro nella questione Chiaravalle, perché romperà un vaso di Pandora, dove la sanità privata – non tutta per carità – metterà a nudo di aver abdicato da tempo al ruolo della cura e di aver soltanto privilegiato il profitto, sulle spalle dei tanti anziani – quelli che oggi sono morti o che stanno probabilmente morendo nascosti nelle strutture – che sono stati classificati da sempre un semplice bancomat.
L’onda di ritorno che auspichiamo dovrà essere impietosa, toccherà tutti: gli imprenditori sanitari che la moralità se la sono messa sotto le scarpe british; la burocrazia sanitaria delle tante Asp che non hanno mai controllato il valore vita dei tanti anziani affidati contrattualmente alle diverse RSA; i sanitari che trattano gli anziani come sacchetti di spazzatura indifferenziata; alcuni servitori dello Stato, come da sempre sottolinea il procuratore Gratteri, infedeli che hanno sottaciuto o peggio ancora nascosto negli anni gli abusi consumati nelle case di riposo; la politica regionale in tutte le sue declinazione di colore incapace di lavorare ex ante, non ex post sul tema della sanità e sui diritti degli anziani, vivendo su un connubio immorale, quello che oggi dopo la vicenda di Chiaravalle sta scoppiando, ma che viene da una lunga storia nel panorama della Calabria.
La RSA di Chiaravalle ed i tanti sanitari mandati al massacro senza strumenti, oltre la responsabilità di cancellare un intera generazione di nonni, i nostri genitori, metterà con le spalle al muro quanti sono responsabili per la mancata attivazione dei controlli – quelli normali – e non solo in momenti di crisi sanitaria, disarticolando un sistema dai tratti immorale i cui riflessi penali, una volta accertati, imporranno di rivedere interamente un sistema. Quel sistema socio sanitario e socio assistenziale in Calabria che tratta il “titolo di garanzia” sanitaria degli assistiti, quelli presi in carico per conto del SSR, come se fosse una sorta di espropriazione della dignità e della libertà degli anziani e dello loro famiglie, usando il metodo del ricatto e della murazione dei pazienti, come metodo validato oltre che riconosciuto da quanti sono chiamati a controllare (?): le Asp.
Già proprio quelle Asp territoriali che in Calabria si presentano in un rapporto di 3 su 5, ai limiti del dissesto finanziario o peggio ancora commissariate per infiltrazioni mafiose, giusto quelle strutture che avrebbero, forse (?), dovuto diramare linee guida sanitarie in anticipo sul Covid-19 per le diverse RSA di competenza. Le stesse Asp che oggi, più di ieri avrebbero dovuto certificare e verificare sulle situazione di rischio sanitario Covid-19 presenti all’interno delle RSA, non lasciando morire, nel silenzio – quello tipico – gli anziani come nella vicenda di Chiaravalle. Le stesse Asp che sono chiamate oggi a certificare che non esistono altre situazioni “nascoste” all’interno delle RSA di loro competenza.
Il carico di responsabilità sulla vicenda ormai consumata di Chiaravalle e su un intero sistema che tutti si sforzano di chiamare RSA, quando sono nel metodo di gestione di tanti oltre che nel metodo di (non) cura di molti, degli “ospizi” nell’accezione più indignitosa del termine. Dei lazzaretti indistinti, quasi dei pollai, dove gli anziani vengono ricoverati con una pluralità di patologie, molte volte non conciliabili fra di loro, perché le Asp calabresi sono state incapaci di programmare una struttura territoriale capace di tenere conto della diversità della malattia e quindi, di una seria valutazione del rischio e della validità della cura proposta. Quelle Asp che ancora oggi, per fare il favore all’amico di turno, spostano i pazienti da una struttura ad un’altra, senza una motivazione sanitaria validabile, trattando i pazienti come se fossero degli indistinti sacchetti di patate. Quelle Asp che non hanno voluto controllare come morivano gli anziani a Chiaravalle, ma che nella normalità della gestione, al netto di una formula burocratica, non controllano in sede di rinnovo degli accreditamenti lo stato fisico di quanti hanno affidato alle singole RSA e, questo spiega il più delle volte i falsi in cartella clinica caratteristica consolidata di una sanità votata al conto economico, per come non verificano la qualità del servizio offerto ai degenti, non ultimo quello che attiene al vitto sotto il profilo sanitario e dell’apporto calorico da garantire secondo i protocolli nazionali.
In questo quadro che non è solo disarmante, ma che ha dei tratti potenzialmente di rilevanza penale, la politica ed il presidente Santelli non possono restare inermi. Devono fare sentire la loro voce, magari imponendo proprio al personale medico delle Asp, al momento ferme rispetto alle prestazioni ambulatoriali, di essere precettati e mandati anche loro sul fronte di guerra.
Sia la presidente Santelli a verificare chiedendo da subito un riscontro nelle 48 ore, all’Arma dei Carabinieri, magari usando le stazioni territoriali, di fare un accesso nelle diverse strutture di degenza della regione Calabria, per verificare l’esistenza di altri pazienti Covid-19. Magari in questi accessi, i Carabinieri potranno scoprire che tante strutture, troppe, non hanno le prescrizioni di legge in termini di garanzia sanitaria, strutturale e di sicurezza, che sono previsti dagli standard per l’accreditamento al SSR, ma che sono ormai diventanti una foglia di fico, visto che gli accrediti si rinnovano quasi in automatico, perché i loro pazienti – gli anziani – sono invisibili al potere e, diventano ancora più invisibili se il potere si prostra e si presta alla logica del dollaro…
Quella logica che consente a quanti dirigono o amministrano le RSA, in presenza di una lamentela dei parenti – quelli che si vorrebbe espropriare – rispetto a vicende, che nel tempo hanno avuto rilevanza sulle cronache giudiziarie, di ricevere come elemento di dialogo, o di risposta, la formula diffusa del “se non va bene se lo prende e lo porta via…”, dove il bagaglio è e resta sempre il paziente anziano che ingrassa il conto economico aziendale!
E ancora di più, se il presidente Santelli vuole salvare la sua postazione politica – visto che per il pregresso ha anche lei una correità del silenzio quando ha assistito come parlamentare di lungo corso alla spoliazione della sanità calabrese – chieda alle Asp l’attivazione immediata dei tamponi per i degenti e per tutto il personale medico e sanitario di tutte le RSA, Case Protette e Case di Riposo della regione Calabria, senza infingimenti e senza pietismo da ultima fila, solo così – forse – riusciremo a salvare la vita di qualche altro anziano dimenticato.
Ma, ancora di più se la politica vuole ritornare in Calabria ad assumere dignità di ruolo e legittimità di azione anche per il futuro, sia il presidente Santelli a nominare – subito – un Garante Regionale per la Salute, dotato di struttura e poteri, che sia soggetto terzo alla politica ed alla burocrazia sanitaria, che sia elemento di garanzia per i cittadini e quindi per i pazienti delle strutture RSA e dei parenti stessi, che potrebbe essere anche identificato in quanti rappresentano riconosciute sigle di tutela, come il Codacons Calabria e, perché no, il suo vice presidente nazionale, l’avvocato Francesco Di Lieto.
Oggi il presidente Santelli le risposte le deve dare, se non per soddisfare una voglia di giustizia che sta diventando un sentimento comune dei cittadini, che non sempre devono fare riferimento alla Magistratura, lo faccia quanto meno per restituire e garantire la vita di quanti hanno costruito e restano un patrimonio inestimabile di questa terra di Calabria: i nostri nonni!