In una elezione, l’analisi dei numeri conduce a fatti. E i fatti, come si sa, sono ostinati.
Sergio Abramo ha vinto e sarà il presidente della Provincia di Catanzaro per i prossimi anni (forse…), ma il sindaco di Catanzaro, proprio a casa sua, rischia di non riuscire a tenere a bada la sua maggioranza che proprio sul voto all’Ente intermedio ha dato dimostrazione di non essere coesa e compatta come il centrodestra vorrebbe far credere. Protagonismi, correnti e desideri personali dei singoli emergono giorno dopo giorno. Il tradimento politico che non ha permesso il trionfo contro Alecci ma solo una vittoria di misura è un messaggio chiaro: Abramo può essere messo in discussione in qualsiasi momento.
Altroché governo a mani libere, come aveva dichiarato nell’ultima campagna elettorale, Abramo, se vorrà rimanere sindaco di Catanzaro, dovrà sottostare alle richieste della sua maggioranza.
Ma i numeri di queste elezioni provinciali dicono ancora diverse cose. Innanzitutto che, per poco, Ernesto Alecci non ha fatto un miracolo: il sindaco di Soverato, per il quale Art.1-Mdp si è speso sia al tempo della scelta del candidato sia nel sostegno elettorale, è la dimostrazione plastica di come il centrosinistra possa contare su uomini e donne nuovi, capaci di costruire un progetto credibile e che quindi può essere proposto all’elettorato con entusiasmo. Da lui e da amministratori come lui, il centrosinistra deve ripartire stimolando il confronto e la discussione, con la consapevolezza che la classe dirigente attuale ha fallito gli appuntamenti degli ultimi anni e deve essere rimpiazzata da volti nuovi e competenti.
Il “quasi-miracolo” di Alecci è tutto nei rapporti di forza totalmente a suo sfavore tra il suo elettorato e quello che ha sostenuto Abramo: gli amministratori della provincia di Catanzaro hanno inteso premiare la proposta Alecci, ma le maglie normative di una elezione di secondo livello, che per com’è strutturata non garantisce equa rappresentanza al territorio, hanno visto prevalere i voti espressi dall’amministrazione comunale di Catanzaro.
Da qui la certezza di una norma che non rispecchia fino in fondo l’esigenza di rappresentanza dei territori più piccoli ma più numerosi: sarà nostra cura proporre un provvedimento normativo ad hoc al Parlamento che permetta di rendere più equilibrati i calcoli sul voto ponderato.
L’ultima considerazione riguarda il Partito Democratico. O meglio, quel che ne rimane. Posto che sia un bene che i dissidenti che fino a ieri hanno sfruttato il Pd per il proprio tornaconto personale, ora lo abbiano abbandonato, non si può sorvolare sul ruolo da comprimario cui ormai è relegato il partito che a livello nazionale sarebbe la terza forza politica. I numeri, come detto in apertura, parlano chiaro: già alle comunali 2017 il Pd non riusciva ad andare oltre uno sconcertante 5,14%, oggi, l’unico consigliere comunale Pd di Catanzaro, si candida alla Provincia con una lista diversa dal suo partito e lo relega ad un triste 0% nel capoluogo. Come se non bastasse, in tutta la provincia, la lista del terzo partito d’Italia arriva terza tra le forze di centrosinistra e addirittura quinta su sei liste totali.
Ecco quindi che Catanzaro e la Calabria hanno dimostrato ancora una volta come l’impostazione autoreferenziale voluta dai gerarchi locali del Pd non sia affatto premiante, anzi venga puntualmente bocciata anche quando a votare sono gli stessi amministratori eletti in quota Pd. Un controsenso politico che merita un’assunzione di responsabilità piena e consapevole e provochi quella tanto attesa apertura alla pluralità del centrosinistra che anche a livello nazionale si auspica da tempo.
Art.1-Mdp, in questo senso, ha più volte aperto al confronto senza ottenere risposte concrete, ma il tempo passa e la partita delle europee e delle regionali si avvicina senza che i democratici abbiano un progetto comune, serio e credibile da opporre alla propaganda degli avversari, fatta di fake news e di paura.
Catanzaro, 03 novembre 2018
Il coordinamento provinciale di Catanzaro
Art.1-Mdp