Pubblichiamo nota stampa di Alfredo Serrao (Presidente I Quartieri):
<< Sapevamo che la storia di Catanzaro si è incrociata con l’Imperatore – da qui l’aquila imperiale riconoscibile nello stemma della città – qui ci eravamo fermati, a Carlo V.
Scopriamo oggi con lo stupore della meraviglia, nel rammarico di una diffusa ignoranza (?) che l’epoca imperiale ha incrociato prima la città dei tre colli, tanto da avere, nella ciclicità della storia, una riedizione contemporanea, nel governo Abramo quater.
La voce narrante che legge non scrivendo i sottotitoli è il capogruppo di Officine del Sud, Giuseppe Pisano, storiografo accreditato della Roma Imperiale, dove l’assessore Cavallaro è “senatore” sotto il regno di Caligola. Scopriamo che la storia passa in modo trasversale sulla realtà municipale, che l’imperatore Caligola, non siede nel Civico consesso il Senato Romano. Che il “dominus”, divino ed imperiale, che aspira a governare la storia catanzarese, tronfio delle sue legioni – due legionari (sic!)– è in attesa del bacio corale del popolo al suo soglio (l’Officina delle Bighe) quello che la storia insegna che si trasformò con il tempo in “soglio papale”.
Bene, ma sappiamo tutti che così non è. La voce narrante si è rivelata da legionario in un normale cacciatore di poltrone. Ha deposto l’elmo o il caschetto giallo, per vestire la grisaglia istituzionale con il risvoltino di tendenza. Però oltre il visibile, alle spalle non c’è nulla. Un buio cosmico fatto di mancate intuizioni, di calici di cicuta, di omicidi sulle scale del Senato, di abbandoni del talamo politico-nuziale (Fratelli d’Italia) che meritano il “non consumato” della Sacra Rota, cui si aggiunge la simpatia politica travolgente del “senatore” Cavallaro assimilabile a quella della Celentano del format “Amici”.
In tutta questa simpatia che permea questa politica catanzarese, quella nuova(?), siamo obbligati a procedere per sottrazione prendendo atto che della storia romana, ci sono rimasti solo i ruderi. Quelli che l’assessore Cavallaro ha trasformato in reperti museali – non fruibili – come le strutture sportive cittadine. E’ diventato giardiniere “esperto” della politica cittadina, Cavallaro, trasformando il verde pubblico o in bonsai in attesa di resurrezione o peggio ancora, in vittime decapitate per uso della ghigliottina, dove Robespierre assume il valore di un’educanda. Ha fatto si che la città diventasse “terra di barbari”. Una foresta di erbacce e di sporcizia diffusa, quella terra di inciviltà, barbara quella dei Galli cisalpini, che Cesare consegnò alla storia con la frase: alea iacta est!
Se questa è la storia che incrocia nuovamente la realtà imperiale a Catanzaro, allora il sindaco Abramo recita il ruolo di comparsa?
E il nuovo storiografo narrante a gettone, il pretoriano Pisano capogruppo dell’Officina delle Bighe, innamorato di Caligola e del suo “senatore” errante, dimentica la realtà?
Dimentica di essere un non-apprezzato stalliere politico, vista la sua conoscenza in termini equini o equestri – più o meno trattabili – solo quella! Ha dimenticato di restare nel recinto del maneggio, dove chi governa la città, il sindaco Sergio Abramo, non gli avrà di certo dato delega al nitrito e tantomeno all’esercizio equestre. Lo stesso esercizio che è ragione e spirito della sua Officina, il cui grado di governo cittadino è sotto gli occhi di tutti, il popolo e non la plebe, quelli che vedono, ragionano e quanto è visibile non può essere cancellato con il solito vezzo di sufficienza patrizia. >>