Il consigliere di ArticoloUno: «Era fumo negli occhi dei lavoratori». E annuncia la soluzione del ministro Speranza
«Non mi coglie affatto di sorpresa la decisione del Governo nazionale di impugnare la legge con cui il Consiglio regionale calabrese aveva cercato di salvare i precari del comparto Sanità. In realtà, proprio in occasione del voto di approvazione in Aula di quel testo, fui l’unico a sollevare pubblicamente il grave rischio di illegittimità costituzionale a cui la norma andava incontro. Pericolo che avevo già evidenziato in Commissione Sanità».
È secco il commento di Arturo Bova, consigliere regionale di ArticoloUno e presidente della Commissione contro la ‘ndrangheta in Calabria, in merito alla norma regionale impugnata dal Governo centrale.
E spiega: «Era chiaro già allora, infatti, che in tema di stabilizzazione dei precari, il Consiglio Regionale non avesse alcun potere normativo sulla materia del termine massimo di proroga dei contratti flessibili, riservata alla competenza esclusiva del Parlamento nazionale, per di più essendo la Sanità calabrese commissariata dal 2009».
«Evidenziavo – spiega – che solo al Commissario ad Acta per il Piano di Rientro spettasse il potere di procedere al rinnovo dei contratti a tempo determinato e che, comunque, tale rinnovo giammai avrebbero potuto superare il limite massimo dei 48 mesi».
«Cosciente della Spada di Damocle pendente su quella norma – continua Bova -, mi ero subito attivato per confrontarmi con il ministro della Salute Roberto Speranza e interessarlo della vicenda, tanto che – come lo stesso ministro ha annunciato nelle scorse ore – la soluzione-ponte è in dirittura d’arrivo. E questa volta si tratterà di una soluzione reale e concreta, non di una norma vuota e illegittima».
Ma la vicenda della legge “salva-precari” non è un caso isolato. «Devo aggiungere che, purtroppo, lo stesso modus operandi attuato su questa specifica vicenda, il Consiglio regionale – trovandosi incredibilmente unito da destra a sinistra – non aveva esitato ad utilizzarlo anche in occasione dell’approvazione della legge sull’integrazione tra i poli sanitari catanzaresi “Mater Domini” e “Pugliese-Ciaccio”».
Anche in quell’occasione – prosegue Bova – il mio testo che metteva al riparo da qualsiasi rischio di illegittimità costituzionale fu messo da parte in Commissione, e in Aula ne fu approvato un altro evidentemente zeppo di illegittimità che fu poi impugnato dal Governo.
Da allora, – sottolina – per quanto mi batta per emendare quel testo con i correttivi necessari a dare finalmente vita e sostanza all’azienda ospedaliera unica di Catanzaro, i miei appelli pubblici e formali non hanno ottenuto alcuna attenzione né da parte dei colleghi consiglieri, né tantomeno da parte del presidente Oliverio.
«E intanto – conclude Bova – i calabresi emigrano alla ricerca di una Sanità che sappia dare risposte rapide ed efficaci, i vincitori di concorso non trovano lavoro e i precari vedono sempre più distante la loro stabilizzazione».