La crisi drammatica della pandemia che stiamo vivendo ormai da più di un anno ci mette di fronte a degli interrogativi: Dov’è Dio? Perché non parla? Don Pino Latelli, parroco in solido della Parrocchia del Carmine di Lamezia Terme, tenta di dare una risposta attraverso una attenta riflessione sul “Silenzio della Croce” del Venerdì Santo.
“Ave Crux spes unica! Ave Croce nostra unica speranza!”. «Così recita – sottolinea don Pino – un antico canto latino dedicato alla contemplazione delle sofferenze di Cristo sull’albero della Croce».
Il Venerdì Santo è il giorno della Passione e morte di Gesù, giorno in cui non si celebra la Santa Eucaristia e che la Chiesa destina al silenzio.
Il triduo pasquale si apre e si conclude con il silenzio. In questo sacro giorno il sacerdote e i ministri si recano all’altare in silenzio, iniziato il giorno prima dopo la Messa in Coena Domini, senza canto né musica, fatta la riverenza all’altare, si prostrano in terra; questa prostrazione, come rito proprio di questo giorno, assume il significato di umiliazione dell’uomo terreno, partecipazione alla sofferenza di Cristo e di imitazione del Signore Gesù accasciato sulla pietra nell’orto del Getsemani, mentre prega e suda sangue.
Il silenzio, il raccoglimento, la meditazione predominano anche il Sabato Santo per il Signore Gesù che giace nel sepolcro prima della gioia della Domenica di Pasqua con l’annuncio della Risurrezione. La Croce è al centro della celebrazione del Venerdì Santo: la Croce, infatti, è narrata nella liturgia della Parola, mostrata e celebrata nell’adorazione del Legno e ricevuta, quale mistero di salvezza, nella Comunione eucaristica.
La croce per noi cristiani è elemento centrale della nostra esperienza di fede, ci identifichiamo con essa, è presente in tutti i nostri luoghi di Culto ed è in tutte le nostre case. Il segno di Croce è la preghiera più semplice e immediate che recitiamo ogni giorno. La croce rappresenta pienamente per i Cristiani quel mistero di salvezza che solo nella fede acquista il suo significato più pieno. Scriveva un grande teologo Karl Rhaner che «per sapere chi è Dio devo inginocchiarmi ai piedi della croce».
È nel silenzio e in ginocchio che possiamo entrare nel profondo del silenzio della Croce per gustare la tenerezza e l’infinito amore del Padre per noi e per l’intera umanità.
In questo giorno del silenzio, in cui tutto tace, che avvolge ogni cosa, lasciamo che il Crocifisso ci guardi per darci speranza, serenità e certezze in questo tempo di prova e di difficoltà. Il 2020 è stato un anno di prove, tragedie e lacrime. Il Covid -19 ha sconvolto le nostre vite e ha fatto precipitare il mondo nella sofferenza e nel dolore. È ancora viva l’immagine dei camion dell’Esercito che portano via decine di bare da Bergamo, tutte vittime del Covid.
Abbiamo perso così tante persone care e la pandemia infuria creando nuove ondate di sofferenza e morte. La povertà, le disuguaglianze e la fame sono in aumento.
Il lavoro è in calo e i debiti sono in forte crescita. Davanti a tanta sofferenza, ai morti, alle lacrime di chi ha perso tutto troviamo conforto, forza e speranza nella Croce di Cristo sicuri che «solo nella Croce c’è la nostra speranza». La fede, peraltro, ci invita a riconoscere nella croce la “spes unica” (unica speranza).
Eloquente, a questo proposito, quanto affermato dal Vescovo di Lamezia Terme Monsignor Giuseppe Schillaci nel corso della celebrazione della Domenica delle Palme.
«L’agonia di Gesù – ha precisato – è l’agonia di tutti i nostri fratelli e sorelle. Il Signore è in agonia con tutti quelli che soffrono in questa pandemia. È necessario pregare, è necessario vivere la vigilanza a cui Gesù invita i suoi discepoli nel Getsemani, per non lasciarci travolgere dall’egoismo, dall’esclusione e dall’indifferenza verso gli altri, che vengono a volte avvertiti come minacce. Partecipiamo alla sofferenza del Signore, che continua a soffrire nei nostri fratelli».
In tanti si sono chiesti in questo tempo di coronavirus: dove è Dio? Perché Dio ha permesso questo? Perché tanto inspiegabile e terribile dolore e sofferenza?
La risposta non tarda ad arrivare se guardiamo la Croce e ne ascoltiamo l’assordante silenzio: Dio è davanti a te, attaccato a quella croce dalla quale manifesta il suo amore e la sua solidarietà con una umanità che ancora è nella sofferenza.
È da quella Croce che Dio parla in silenzio e nell’abbandono manifestando l’immensità del suo amore.
Abbiamo la certezza che il silenzio della Croce, un silenzio di attesa, si tramuterà in luce, luce di amore e di risurrezione.
Alla messa per la celebrazione della Domenica delle Palme e della Passione Papa Francesco si è chiesto perché Gesù per giungere alla gloria è passato per la via dell’umiliazione, della Croce, dell’essere ridotto a niente.
«Lo ha fatto per noi, – ha detto il Papa – per toccare fino in fondo la nostra realtà umana, per attraversare tutta la nostra esistenza, tutto il nostro male. Per avvicinarsi a noi e non lasciarci soli nel dolore e nella morte. Per recuperarci, per salvarci. Gesù sale sulla croce per scendere nella nostra sofferenza. E ora sappiamo di non essere soli: Dio è con noi in ogni ferita, in ogni paura: nessun male, nessun peccato ha l’ultima parola. Dobbiamo quindi lasciarci stupire da Gesù e dal Crocifisso per tornare a vivere, perché la bellezza della vita sta nello scoprirsi amati».
«Coraggio, dunque, – conclude don Pino – quella Croce silenziosa fa già intravedere dei raggi di speranza e di luce sfolgorante: l’Amore ha vinto sul male, Dio non ci lascia soli; Gesù è vivo, è risorto ed è in mezzo a noi e siamo perciò certi che ritornerà la bellezza del tempo della gioia».