A presidedere la sacra liturgia l’arcivescovo mons. Bertolone
Il 17 settembre scorso, nella Basilica Concattedrale di Gerace, è stato ordinato presbitero Don Giovanni Armeni, per l’imposizione delle mani e la preghiera di ordinazione di S.E. Mons.Vincenzo Bertolone, Arcivescovo Metropolita di Catanzaro-Squillace e Presidente della CEC.
Don Giovanni Armeni è nato a Locri il 29 aprile 1994. Proviene dalla parrocchia “San Leonardo Abate e San Nicola” di Ardore, paese in cui è cresciuto. Dopo le scuole secondarie è entrato nel Seminario Arcivescovile “Pio XI” di Reggio Calabria, dove ha portato avanti gli studi e la sua formazione teologico-spirituale e culturale-umana. Da seminarista ha svolto servizio in diverse parrocchie della diocesi di Locri-Gerace (a Natile, a Platì, a Bosco Sant’Ippolito e a Canolo).
Ha ricevuto l’ordinazione diaconale il 5 gennaio 2020 da S.E. Mons. Francesco Oliva, Vescovo di Locri-Gerace, e ha svolto il servizio diaconale nella Parrocchia di “Santa Maria di Portosalvo” a Siderno.
Omelia dell’Arcivescovo Mons. Bertolone
- Saluto e dossologia. In comunione d’intenti e di pensieri, salutiamo anzitutto il carissimo confratello don Franco, Vescovo di Locri-Gerace, in ripresa dopo il delicato intervento chirurgico subito, ha scritto pochi giorni fa alla vostra comunità diocesana: «Grazie, Signore, ed abbi pietà della mia debolezza. Insegnami ad essere tra la mia gente dall’altare del dolore ed a seguirti sulla via del calvario, che è l’unico cammino che porta alla vita. Fa’ che non distolga per viltà il mio sguardo dalla tua croce! E che non dimentichi mai che sei tu a guidarci ed a sostenere il nostro cammino anche quando ci sentiamo nel vigore delle forze». Il Signore lo sostenga, perché presto ritorni al suo ministero ordinario! Salutiamo, le persone di vita consacrata, i diaconi, i presbiteri nel cui Collegio questo candidato viene incardinato, i suoi parenti, amici, conoscenti del diacono Giovanni, oggi eletto al ministero presbiterale, chiedendo unanimemente per lui di perseverare nel servizio della volontà di Dio, perché nella vita e nella missione pastorale cerchi unicamente la gloria dell’Altissimo! Saluto i familiari dell’ordinando: il papà si chiama Enzo. il fratello Antonio, le due sorelle Angela ed Elvira. La tua cara mamma Maria Concetta gioisce con te caro don Giovanni dal Cielo. Saluto il rettore del Seminario Maggiore “Pio XI” di Reggio Calabria e l’equipe formativa, tutti i fedeli di questa Chiesa particolare, oggi qui presenti attraverso coloro che sono intervenuti alla celebrazione eucaristica e al rito di ordinazione! Carissimi, in questa Messa con il Rito di ordinazione presbiterale, riflettiamo insieme su tre punti, desunti ciascuno da una delle Letture proclamate: (1) Dio stesso ci parla mediante la bocca del presbitero; (2) siamo scelti per Grazia; (3) il buon profumo di Cristo.
- Dio stesso ci parla mediante la bocca del presbitero: Ecco, io metto le mie parole sulla tua bocca. L’oracolo profetico, riferito oggi da Geremia, riguarda la sua vera e propria “investitura a parlare” che lo raggiunge dall’alto, nonostante la sua giovane età e la sua riconosciuta inadeguatezza nel parlare. Il profeta dovrà andare verso chi Dio stesso gli indica; dovrà parlare loro senza paura e senza reticenza. Il gesto che Dio compie sulla bocca di Geremia (stese la mano, toccò le labbra) indica che chi, come il presbitero unito al Vescovo mediante l’innesto nel collegio presbiterale, è chiamato ad andare ed a parlare agli altri, non fa che prestare a Dio stesso le sue labbra. Le sue parole non sono più soltanto umane, ma fanno eco alle parole stesse di Dio. Nel brano profetico proclamato, siamo di fronte ad una delle confessioni del profeta, dalla quale emergono dei veri e propri caratteri di un ministero della Parola, che sia il profeta, sia gli altri membri del popolo di Dio dovranno svolgere, soprattutto in condizioni difficili. Il ministero della Parola, proprio del profeta, coinvolge anche la comunità ecclesiale. In questo modo le Confessioni di Geremia possono accompagnare anche chi oggi, come te, carissimo Giovanni, viene chiamato al ministero della Parola, gioia e letizia del cuore. Un ministero, però, non esente dall’esperienza amara di opposizione e rifiuto, di sofferenze e di dubbi, ma che viene comunque sorretto dalla presenza del Signore, faro di luce anche nel buio e nell’angoscia. Siamo oggi in tempi di oscurità, non soltanto culturale ed etica, ma anche sanitaria, a causa della pandemia. Lo scrittore Tzvetan Todorov ha scritto che «negli ultimi due o tre secoli abbiamo assistito in Europa a una vera e propria rivoluzione: il riferimento al mondo divino, incarnato dalla religione, ha cominciato a cedere il passo a valori laici. Siamo sempre in rapporto con qualcosa di assoluto e di sacro, che però ha lasciato il cielo per scendere sulla terra. Non si tratta di affermare che da quel momento per gli europei “la religione è morta”. Le esperienze strettamente religiose e la fede in Dio – comunque venga chiamata – non sono affatto scomparse tra i nostri contemporanei. La religione, tuttavia, non rappresenta più il quadro obbligatorio che struttura sia la società nel suo complesso sia l’esperienza degli individui». Tuttavia, anche nel buio e nella tempesta, dobbiamo come Giobbe, annunciare parole dolci o severe dettateci di volta in volta da Dio attraverso la Madre Chiesa: sono questi i compiti essenziali presbitero? Ce lo ricorda il rito di Ordinazione: in primo luogo, predicazione del Vangelo e insegnamento della fede cattolica; poi, compiti di celebrare con devozione e fedeltà i misteri di Cristo secondo la tradizione della Chiesa, specialmente nel sacrificio eucaristico e nel sacramento della Riconciliazione; dedicazione assidua alla preghiera; consacrare se stesso a Dio insieme con Cristo e infine il dovere di promettere al proprio Ordinario rispetto filiale ed obbedienza. Sarai tu, carissimo Giovanni, degno cooperatore dell’ordine episcopale, pronto a far fruttificare la parola del Vangelo con la santità della vita, la predicazione, con la grazia dello Spirito Santo, fruttifichi nel cuore delle persone che ti saranno affidate o che il Signore metterà sul tuo cammino. Sii profeta a servizio di Dio e della sua Chiesa, non avere paura di denunciare i mali e le ingiustizie, mai coprirle, il tuo non sia un annuncio che addormenti, ma che inquieti, (Ez 22,28). Il criterio di autenticità è la coerenza tra ciò che il profeta insegna e vive, in modo particolare, l’assenza di ogni interesse (Mi 3,5-6; Ez 13,1-23).
- Siamo scelti per Grazia, in virtù della quale siamo quelli che siamo. Nella prima Lettera ai cristiani di Corinto, abbiamo ascoltato Paolo fare il resoconto della forza della grazia in lui: una forza che, innestandosi sulla sua persona e personalità, “fatica”, “lavora” nel suo temperamento e nelle sue doti e in tal modo consente di raggiungere, anche a chi è l’ultimo degli apostoli, neppure degno di tale nome, di trasmettere fedelmente il kérygma. In estrema sintesi, l’Apostolo riconosce che la Buona Notizia, che è il Vangelo, ha una sua forza divina, indipendente dagli sforzi umani, che pure vanno garantiti. Per grazia siamo nati, siamo stati battezzati ed i ministri sono stati ordinati. Per nostro tramite si conserva integro il Vangelo che abbiamo ricevuto ed annunciamo: Cristo morto per i nostri peccati, è risorto il terzo giorno e si manifesta a coloro che sono “chiamati”. Tra questi, per grazia ci siamo anche noi, ci sei anche tu carissimo Giovanni e non sarà mai sufficiente il nostro ringraziamento all’Altissimo.