L’omelia del vescovo Mons. Francesco Savino per XV domenica del tempo ordinario

MONS SAVINO
MONS SAVINO (vescovo di Cassano allo jonio)

Ieri (sabato) e oggi (domenica) e la prossima Domenica ascolteremo alcune parabole del capitolo 13 del Vangelo di Matteo, il terzo lungo discorso in cui Gesù annuncia “i misteri del Regno dei Cieli”. Sembra ormai esaurito l’entusiasmo di coloro che seguono il Maestro e si manifesta sempre più l’ostilità dei capi religiosi che decidono di “farlo fuori” (Mt 12,14). L’evangelista annota che Gesù, uscito dalla casa di Cafarnao in cui era solito ritirarsi con i suoi, si reca presso il mare di Galilea dove è raggiunto da una folla così numerosa da costringerlo a salire su una barca e a prendere il largo, mentre tutti rimangono sulla spiaggia.
“Gesù non fa discorsi lunghi e complicati ma, come suo solito, si serve di brevi parabole, creazioni sapienziali e letterarie che nascono dalla sua capacità di gratuità e di contemplazione del reale, dal tempo trascorso a ripensare gli eventi quotidiani che egli osserva. Siamo qui al cuore della singolarità di Gesù quale maestro: è con le sue parabole che egli proclama in modo semplice «cose nascoste fin dalla fondazione del mondo» (Mt 13,35; cfr. Sal 78,2)” (Enzo Bianchi).
Nella prima parabola, la più importante, da cui dipendono quelle successive, Gesù parla del seme che cade sui diversi tipi di terreno. Questa può essere definita, come dicono alcuni studiosi, una sorta di parabola in atto perché, quando Gesù afferma che “il seminatore uscì a seminare” sta parlando proprio del suo seminare “la Parola del Regno” in coloro che ascoltano e, quindi, descrive l’accoglienza o il rifiuto di tale Parola. Per questo Egli dice: “Chi ha orecchi, ascolti”.
Le usanze agricole palestinesi attestano che la semina avveniva prima che il terreno venisse arato e che il contadino spargeva il seme con abbondanza ovunque. Gesù, dunque, precisa: “Una parte cadde lungo la strada: vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno”.
Una volta lontani dalle folle, i discepoli chiedono al Maestro: “perché a loro parli con parabole?”. Ed egli risponde che, mentre ai discepoli è dato di conoscere il mistero del Regno dei cieli, agli altri non è dato.
I quattro tipi di terreno, di cui parla Gesù, sono le condizioni del cuore di coloro che che ascoltano la Parola e possibili risposte.
Innanzitutto è necessario “interiorizzare” la Parola, “ruminarla” in profondità, altrimenti accade che il “Maligno” la rapisce dal nostro cuore in quanto un ascolto superficiale e distratto è un ascolto infruttuoso come il seme seminato lungo la strada.
In secondo luogo è necessario perseverare nell’ascolto; è facile accogliere la Parola per breve tempo così che susciti una gioia momentanea ma, come il seme tra i sassi, mancando di radici, di fronte alle prove e alle tribolazioni della vita, la Parola viene vanificata.
Occorre anche lottare contro gli idoli mondani, indubbiamente seducenti, altrimenti la Parola viene soffocata, come il seme dalle spine, e non produce una fede matura.
Il seme seminato nella terra buona, dice Gesù, è colui che ascolta la Parola e la comprende a tal punto da portare frutto, ora il cento, ora il sessanta, ora il trenta.
Per evitare la grave patologia, nell’ascolto della Parola, che è la durezza del cuore, dobbiamo predisporre tutto affinchè essa possa operare in noi. La Parola è sempre efficace (cfr. Is 55, 10-11; Eb 4, 12-13) e non lascia mai nulla di invariato. Non si può essere neutrali di fronte ad essa: o la si accoglie e si lascia che attivi processi di conversione, oppure la si rifiuta e tale rifiuto provoca la durezza del cuore, come si legge nel profeta Isaia che Gesù cita (Is 6, 9-10).
L’accoglienza o il rifiuto della Parola è la stessa accoglienza o rifiuto di Gesù, Parola fatta Carne.
In questa Domenica invochiamo lo Spirito Santo affinché distrugga in ciascuno di noi ogni durezza e resistenza.