Il mucceddrato calabrese come simbolo di devozione, arte culinaria e storia religiosa nella settimana santa
La Settimana Santa in Calabria costituisce uno dei periodi più suggestivi dell’anno, un momento intriso di fede, culti popolari e tradizioni culinarie che ancora oggi vivono intensamente sull’intero territorio regionale. In particolare, il Giovedì Santo è caratterizzato dalla consuetudine di preparare il pane per la “Coena Domini”, rappresentante l’Ultima Cena del Signore. Questo pane, distribuito agli apostoli e ai numerosi fedeli presenti durante la funzione religiosa, assume una particolare identità nel Crotonese con le tipiche ciambelle di pane intrecciate chiamate Mucceddrato.
Il giorno precedente al Giovedì Santo, secondo un antico rituale tramandato di generazione in generazione, le donne calabresi si dedicano all’impasto del Mucceddrato. Utilizzando grandi quantità di farina, acqua, lievito madre e semi di anice nero della Sila, conferiscono a questo pane un sapore tipico e inconfondibile. Le abili mani plasmano l’impasto nella forma di una treccia che ricorda la corona di spine di Cristo. Dopo la cottura nel forno a legna, i Mucceddrati vengono disposti in grandi ceste e portati in chiesa per la celebrazione religiosa. Durante questa cerimonia, il pane viene benedetto e alla fine distribuito agli apostoli ed ai fedeli. In passato, il Mucceddrato era preparato e offerto da coloro che avevano fatto un voto o ricevuto una grazia.
Il pane va oltre la sua funzione alimentare; è un elemento culturale simbolo di sacralità, pace, comunione fraterna e condivisione. Sebbene oggi sia più un accompagnamento che un alimento essenziale, conserva un significato profondo che persiste nella nostra cultura alimentare. Questo rito si manifesta nel consumo del pane a tavola: posizionarlo sempre a faccia in su, tagliarlo e distribuirlo ai commensali con attenzione per evitare sprechi, baciandolo se cade a terra, e riutilizzando il pane duro in mille modi.
Un elemento distintivo del Mucceddrato è l’utilizzo di semi di anice nero, una rara varietà presente solo in Calabria. Chiamato comunemente “ananzu” in dialetto, questo anice si caratterizza per acheni neri molto piccoli con un profumo e un sapore più forte e intenso rispetto all’anice comune, arricchito da note di liquirizia e vaniglia. Cresce spontaneamente sulle pendici della Sila e della Presila, tra luglio e agosto, a un’altitudine di 900-1000 metri. La sua rarità lo rende difficile da trovare in commercio.