Il caso di Serafino Congi riaccende il dibattito sulla sanità calabrese
SAN GIOVANNI IN FIORE (CS), 6 GEN 2025 – Sabato pomeriggio, sulla Statale 107, all’altezza di Acquacoperta, dentro un’ambulanza, si è spenta la vita di Serafino Congi, 48 anni, impiegato, marito e padre di due bambine. Una morte che ha turbato profondamente la comunità di San Giovanni in Fiore e il comprensorio, ponendo interrogativi drammatici sulle condizioni della sanità nelle aree periferiche e montane della Calabria.
Congi era giunto al Pronto Soccorso di San Giovanni in Fiore intorno alle 15, in gravi condizioni. I sanitari, riconoscendo immediatamente la gravità della situazione, gli hanno prestato le prime cure e attivato il trasferimento urgente all’ospedale Annunziata di Cosenza, l’hub di riferimento. Tuttavia, il destino dell’uomo è stato segnato da una serie di tragiche circostanze: il servizio del 118 locale era privo di un medico in servizio, condizione che ha ritardato la possibilità di trasferimento immediato.
In serata, non era più possibile attivare l’elisoccorso, e solo dopo un’attesa di ore è giunta da Cosenza un’ambulanza medicalizzata. A bordo, il personale ha tentato disperatamente di tenere in vita Congi, ma il suo cuore ha ceduto per un arresto cardiaco durante il tragitto, poco prima di arrivare all’ospedale. I tentativi di rianimazione da parte del medico e degli infermieri sono stati vani. La tragedia si è consumata davanti agli occhi impotenti dei familiari, che seguivano l’ambulanza con un proprio mezzo.
Per volontà dell’Autorità giudiziaria, la salma è stata trasferita a Cosenza per l’autopsia, che dovrà chiarire le dinamiche cliniche e medico-legali del decesso.
Un dramma che denuncia le carenze croniche della sanità locale
La morte di Serafino non è solo una tragedia personale, ma il simbolo di un sistema sanitario che fatica a rispondere alle emergenze. Il Pronto Soccorso di San Giovanni in Fiore, che dovrebbe servire una vasta area montana, soffre di una carenza cronica di personale: su una pianta organica prevista di sei medici, ne sono operativi solo due. Questa situazione rende impossibile coprire i turni, soprattutto in casi di emergenze tempo-dipendenti, dove ogni minuto è cruciale.
Anche l’impossibilità di attivare tempestivamente un elisoccorso ha contribuito all’epilogo fatale. La concomitanza di ritardi, mancanza di risorse e personale insufficiente ha trasformato quello che poteva essere un intervento salvavita in una corsa contro il tempo terminata tragicamente.
La tragedia, però, ha sollevato anche un grido di protesta contro la condizione dei presidi sanitari periferici, in particolare in aree montane come San Giovanni in Fiore, dove la distanza dai grandi ospedali e la carenza di mezzi adeguati rendono ogni emergenza un rischio altissimo.
La morte di Serafino Congi su un’ambulanza non deve essere vana: deve servire da monito per affrontare le gravi lacune del sistema sanitario calabrese. La sicurezza e la salute dei cittadini, indipendentemente dalla loro posizione geografica, non possono più essere sacrificate sull’altare di ritardi e inefficienze.
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