Attualmente si discute, in differenti sedi, se inserire il diritto alla felicità all’interno della Costituzione Italiana. Questo diritto, sicuramente nobilissimo dal punto di vista formale, sostanzialmente diventa difficile da realizzare.
Sarebbe bello se bastasse aggiungere un dettame normativo alla nostra Costruzione, per cambiare davvero le cose, purtroppo sembra solo e soltanto pura utopia. In linea di principio si dovrebbe tendere alla felicità, ma la vita reale è completamente un’altra cosa.
Se è vero che i paesi del nord Europa sono tra i più felici al mondo, per la qualità del lavoro, della vita, del tempo libero, ecc, è altrettanto vero che gli stili di vita ad esempio della Danimarca sono completamente diversi da quelli Italiani e nel caso di specie Calabresi. Basti pensare alla temperatura rigida, rispetto al clima mite a cui siamo quotidianamente abituati.
L’avete mai sentito sulla pelle il freddo danese?
Anche le abitudini quotidiane sono completamente diverse, i Danesi pranzano alle 11:00 e cenano alle 18:00, forse per l’importanza che noi Calabresi concediamo ai pasti, cenare alle 18:00 non è proprio il massimo della vita. Perché allora sono felici?
Sicuramente la felicità risiede in qualcos’ altro, la radice è differente. È vero che in Danimarca le cure mediche sono gratuite, ma è altrettanto vero che pagano delle tasse altissime, quindi di gratuito c’ è ben poco. O meglio con il pagamento della tassa viene finanziato il sistema sanitario.
Parchè non guardiamo il nostro giardino, invece di pensare sempre a quello del vicino?
Forse la felicità non è di questa terra, è una situazione effimera, che tende al cambiamento. Più che di felicità, sarebbe opportuno parlare di diritto alla serenità.
Ma rilegare alla sfera giuridica, e quindi al diritto, un qualcosa di così intimo e introspettivo inaridisce sicuramente il concetto stesso. I bimbi corrono e sono “felici”. Sicuramente per essere più sereni dovremmo farci piccoli e imparare qualcosa in più da loro.