Elena Sodano, presidente dell’associazione Ra.Gi. Onlus di Catanzaro, interviene con una dichiarazione in merito all’istituzione, nella città di Catanzaro, del Pronto Soccorso Pediatrico. La Sodano, ideatrice del metodo Teci, unico in Italia, per la cura ed il contenimento naturale delle demenze, accuratamente descritto nel manuale “Il Corpo nella Demenza” (Maggioli Sanità, 2017), da lei scritto ed applicato nel Centro Diurno Spazio Al.Pa.De. di Catanzaro, attivo dal 2008 e nel Centro Diurno “Antonio Doria” di Cicala, coglie lo spunto offerto da questo provvedimento per sollevare una proposta che riguarda la possibilità di istituire anche un Pronto Soccorso specifico per le persone affette da demenze.
“E’ stato detto che le società vengono giudicate dal modo in cui trattano i loro “grandi” vecchi e i loro giovanissimi. Ho molto apprezzato la notizia dell’istituzione del Pronto Soccorso Pediatrico all’interno dell’Ospedale “Pugliese Ciaccio” di Catanzaro, una concretezza di buona sanità che allevia i timori dei bimbi quando arrivano all’interno di un ospedale, che li prepara ad accettare un ambiente che li aiuti a guarire e non li spaventi e che crea un sistema di appoggio familiare importante in questi momenti”.
Riconoscendo l’importante valore umano di questa conquista, vorrei sollevare alcune proposte: sancire anche l’istituzione di un Pronto soccorso specifico per le persone con le demenze o comunque una corsia preferenziale a loro dedicata e provvedere alla cessione di alcuni posti letto riservati alle demenze, creando un ambiente adeguato, confortevole e rassicurante con strategie di cure e sistemi di supporto che vadano incontro in modo vero e umano ai bisogni di queste persone”.
“Si tratterebbe di una rivoluzione umana e valoriale molto importante, rispetto alla desolante situazione che c’è attualmente. Spazi di cura dedicati anche a quelle persone che hanno demenze con esordio precoce, quindi persone giovani, che avrebbero a loro disposizione personale adeguatamente formato a entrare in relazione con questo tipo di patologie. Proprio perché le demenze, nelle loro diverse età d’esordio, rappresentano una condizione umana che è caratterizzata da linee che non sono facilmente interpretabili e richiedono quindi operatori preparati e sensibili nelle dinamiche relazionali, in grado di cogliere con finezza il livello vitale nel quale la persona si colloca, per poter intervenire nel pieno rispetto dell’essere nel mondo di una persona, anche se profondamente segnata dalla malattia”.
“Per quanto riguarda l’accoglienza nel pronto soccorso, l’ideale sarebbe ridurre al massimo i tempi d’attesa di queste persone. Per loro non ci vorrebbero codici di alcun genere, i colori giallo, verde e rosso non riescono ad identificare il loro livello di sofferenza, per questo, potrebbero essere utilizzati per rendere più colorati e accoglienti gli ambienti”.
“Anche se l’urgenza è causa della fretta di agire, una persona con demenza non può essere inserita in un ambiente comune, circondata da un gran numero di persone che non conosce e da una gran confusione. Così non si fa altro che aumentare la sua agitazione e chiedere al coniuge o agli altri familiari, di allontanarsi dal malato, lo rende ancora più isolato, senza un viso vicino da riconoscere. Questa persona non ha la minima idea di ciò che gli sta succedendo, spesso non riesce ad esprimere il dolore che accusa e tanto meno riesce a comprendere come mai i suoi familiari lo hanno lasciato da solo in balia di sconosciuti”.
E, anche se il paziente si sente rassicurato a questo riguardo, la malattia lo porta a dimenticare le informazioni appena ascoltate. Paura, ansia, dolore, agitazione, sono il risultato naturale di questa assurda situazione e per calmarlo spesso gli vengono somministrati dei farmaci, mentre confusione, disorientamento, paura aumentano sempre di più. Le persone con le demenze, inoltre, non possono essere ricoverate all’interno di reparti comuni come la geriatria o essere ospitati in altri reparti, se in geriatria non ci sono posti letto disponibili. Il loro bisogno di cura richiede ambienti e strategie assistenziali diversificate. Proprio come accade per i bambini. A tal proposito si potrebbe anche pensare alla realizzazione di un reparto di osservazione breve intensiva, per limitare per quanto possibile i tempi di ricovero di queste persone”.
“Trovo curioso il fatto che il sistema sanitario cittadino possa rispondere diversamente a persone appartenenti a due generazioni con necessità molto ma molto simili. Non voglio paragonare le nostre persone con demenze a dei bambini, è importante però avere consapevolezza dello sviluppo a ritroso di questa malattia, specie dell’Alzheimer, per capire la loro vulnerabilità e il loro bisogno di un supporto “gentile”. Aiuto che non deve mancare soprattutto in situazioni in cui il malato si trova ad affrontare un ambiente triste, freddo e sterile come quello dell’ospedale. Occorre rivedere l’interpretazione sociale del concetto d’invecchiamento che non può essere visto solo in termini di disfunzione e di malattia”.