“Credevamo di avere visto tutto”. Dopo il caso di Nola del soccorso pronto, ma prestato sul pavimento, dopo i pensionati medici al posto dei giovani medici, dopo le false partite Iva al posto dei dirigenti medici, ecco in Calabria il caso degli “incartonati al posto degli ingessati”.
Il “grande” ospedale “metropolitano” di Reggio Calabria utilizza cartoni per trattare lesioni ossee al posto di più moderni dispositivi medici o del più tradizionale gesso. Come un ospedale da campo in tempo di guerra. Il risparmio elevato a sistema, l’arte di arrangiarsi a pratica terapeutica.
“La Calabria – commenta il Segretario Nazionale Anaao Assomed, Carlo Palermo – è diventata il simbolo di un’altra Italia e, nello stesso tempo, lo specchio di quello che sarà tutta la sanità pubblica italiana se non si arresta il piano inclinato su cui è da tempo avviata. La desertificazione ospedaliera, i tagli al personale, la limitazione degli acquisti dei beni necessari per le cure, operati con il miraggio dell’equilibrio dei bilanci, hanno prodotto danni immensi alla tutela della salute dei cittadini ed alle condizioni di lavoro dei medici, danni non ancora emersi del tutto. La Calabria è così diventata un non luogo della sanità pubblica, creato dalla ricerca spasmodica della sicurezza dei conti che ha preso il posto della sicurezza delle cure, dalla supremazia dei numeri che ha occupato lo spazio dei diritti, dall’incapacità delle politiche regionali di assicurare l’eguaglianza dei cittadini di fronte alla costituzione.
Ma è tutta la sanità meridionale al collasso, con la Puglia che grida vittoria per una striminzita sufficienza raggiunta nell’erogazione dei Lea, la Campania che si accontenta del lento avvicinarsi ad un tale traguardo, della Basilicata con un presidente agli arresti domiciliari con l’accusa di invadenza pervasiva nella gestione della sanità. E non si vedono segnali di inversione di rotta, se anche il riparto del FSN 2018 si avvia a seguire i soliti iniqui canoni e le nuove autonomie regionali a geometria variabile produrranno una nuova accelerazione verso l’istituzionalizzazione di due Paesi diversi, per i quali non esiste più una stessa ricetta salvifica.
Ha ragione il ministro della salute, sarà un triste anniversario per un sistema sanitario che si avvia a perdere, forse definitivamente, il suo carattere nazionale avviato a trasformare le differenze in diseguaglianze con la rottura della coesione sociale.
Un governo del cambiamento non può non partire dal primo cambiamento richiesto dai cittadini e dai professionisti della sanità del sud, recuperare la cittadinanza italiana di fronte alla esigibilità di un diritto fondamentale e condizioni di lavoro alla altezza della funzione sociale svolta. Se non ora, quando?”