Il dottor Giuseppe Raiola: “Nella prima fase, abbiamo combattuto contro il virus a mani nude, la sensazione è che la politica non abbia ancora imparato la lezione”
Preoccupazione che diventa paura, una fatica estrema che sfocia in senso di solitudine. Ma anche la speranza e il coraggio generoso in una battaglia quotidiana forsennata contro il tempo. Un caleidoscopio di sentimenti che ricorrono nelle storie di medici e infermieri che sono stati, e sono tuttora, in prima linea contro la pandemia e che saranno al centro del convegno da titolo “Storie di resilienza ospedaliera – Anno secondo d.c (dopo covid)” che si terrà a Soverato sabato 11 settembre al teatro Comunale di Soverato, a partire dalle 16.30. Organizzato dal Lions Club Catanzaro Host in collaborazione con la sezione di Soverato della FIDAPA e BPW Italy – sezione di Soverato, a cui parteciperanno numerosi altri club service del territorio (Lions International X Circoscrizione, Zona 22, Zona 23, Zona 24); il Lions Club International Distretto 108Ya, governatore Francesco Accarino; Insieme Oltre; con il Patrocinio dell’Azienda ospedaliera “Pugliese-Ciaccio” e del SS Regione Calabria e l’Amministrazione comunale della città di Soverato.
“Daremo spazio alle preziose testimonianze di medici e infermieri, e quindi di uomini e donne che hanno sfidatoil virus a mani nude, con la sola forza della propria professionalità e della propria umanità – ha dichiarato il dottor Giuseppe Raiola, direttore dell’unità operativa di Pediatria dell’ospedale Pugliese-Ciaccio di Catanzaro e presidente Zona 23 Lions Club Catanzaro Host -. Protagonisti di questa giornata di studio e di confronto su quanto è accaduto dal febbraio 2020 ad oggi, nel corso della pandemia che ha segnato gli ultimi due anni della nostra vita, saranno i racconti di malattia, di guarigione o di perdita, ma a volte anche di semplice quotidianità che ci spiegano come è cambiato il nostro approccio di medici e di uomini alla malattia e al nostro lavoro nel sistema sanitario. Il convegno di sabato ci fornirà anche l’occasione di riflettere sul senso più profondo dell’essere medico, sul significato del curare, sul rapporto medico paziente: dobbiamo interrogarci del perché certo il virus sta cambiando il nostro modo di lavorare e la percezione della malattia”.
“E’ in atto una piccola ‘rivoluzione copernicana’ che sta facendo emergere nuove priorità, nuovi modelli di cura, nuovi approcci al malato. Una consapevolezza che in noi operatori del sistema sanitario è molto chiara, mentre non lo è altrettanto nella politica che persiste negli errori già sperimentati nella prima fase della diffusione del virus, e che nell’attuale gestione sembra ancora non abbia imparato la lezione. La pandemia ha portato alla luce tutte le falle di una sanità che da anni è stata sottoposta a tagli e a ridimensionamenti – dice ancora Raiola -: mancato turnover, mancanza di specialisti, eccessiva riduzione dei posti letto, mancato sviluppo di un sistema sanitario territoriale”.
“Abbiamo sperato che quanto successo potesse insegnare qualcosa ai ‘decisori politici’ affinché si potesse mettere in atto qualche correttivo, soprattutto nell’attenzione alla medicina territoriale e nella visione ospedalo-centrica che ad oggi è stata prevalente. Ma così non è stato – conclude Raiola -. Il compito più impegnativo, quindi, continua a spettare ai politici che devono saper recepire questa richiesta di cambiamento incisivo nel sistema sanitario, e far sì che venga restituita giustizia sociale, e quindi una sanità più giusta per tutti”.