CATANZARO, 15 MAR 2020 – È giunta da poche ore l’ufficialità, da parte del centro federale nazionale bocce, che vede la Polisportiva Malaspina diventare Centro di avviamento alle bocce (CAB). Un progetto che nell’ultimo biennio era diventato il pensiero dominante per la società bocciofila calabrese, a cui non voleva proprio rinunciare.
A raccontare le emozioni e la forza di volontà che hanno guidato alla realizzazione del progetto è stato il Presidente della Pol. Malaspina Roberto Caruso: «L’idea è nata proprio qui tra le corsie del nostro bocciodromo, mi confrontai con i soci i quali accolsero sin da subito la mia idea di attivare un programma finalizzato all’inclusione sociale e sportiva di donne, giovani e soggetti in condizione di svantaggio attraverso un percorso integrato di orientamento, formazione ed esperienza sul campo. Altro elemento importante era quello avviare qualcosa di originale che permettesse di rivoltare la concezione di disabilità, dando l’opportunità a persone disabili di scoprire le proprie possibilità fisiche e di esser coinvolti in attività sportive che spesso si credono essere esclusiva di coloro i quali hanno possibilità fisiche “normali”. Spinti da questi principi, abbiamo sposato a pieno il progetto proposto dalla Federbocce».
A dire la sua anche il consigliere regionale e dirigente sportivo della Malaspina Roberto Cevola: «Ho creduto dal primo istante in questo progetto, credo nei valori della Fib e in quello che questo sport è in grado di trasmettere. Ho voluto seguire in prima linea il progetto e pertanto mi sono attivato per ricercare figure a cui potesse interessare il gioco delle bocce, che non è il classico gioco da spiaggia che si è abituati a vedere, ma è un mondo vastissimo fatto di tecnica e precisione, un mondo ancora inesplorato che ho una gran voglia di far conoscere. Con mio grande stupore ho riscontrato l’interesse di tante donne e di molti giovani, alcuni di loro avevano già avuto modo di assistere ad una vera e propria partita di bocce, per altri è stato un salto nel vuoto che ha avuto esito positivo. Il primo confronto diretto con i ragazzi disabili, invece, è stato più complesso del previsto. Probabilmente più per noi, che per loro. Il tema della disabilità d’altronde, per chi non lo vive da dentro, lo si conosce attraverso quello che si vede o ci viene raccontato dagli altri. Noi non avevamo ancora valutato ciò che comportava la condizione di disabilità direttamente, non avevamo mai avuto occasione di sperimentare la loro condizione di vita così complicata e così piena, così sfidante e così totalizzante. Eppure il nostro team composto da dirigenti, atleti ed educatori professionali non si è voluto arrendere neppur per un secondo. Quando li abbiamo incontrati, abbiamo visto i loro volti e i loro sorrisi e quanta forza era insita in ciascuno di loro, abbiamo saputo quanta “normalità” pervadeva le loro vite. In quel momento abbiamo realizzato che la risposta era proprio davanti ai nostri occhi. Ci siamo messi all’opera e abbiamo fornito loro i primi insegnamenti e le prime regole che il gioco delle bocce comporta. Grazie alla professionalità di Raffaella Mascaro, operante nel sociale da diversi anni, siamo riusciti a trovare l’approccio giusto con i ragazzi e offrire una soluzione alle loro esigenze».
Dunque, un progetto ancora giovane, quello portato avanti dalla società bocciofila calabrese, ma con ambizioni piuttosto grandi. I risultati, come in ogni cosa, si vedranno con il tempo, ciò che è certo è l’esempio di sano sport profuso da questi longevi atleti, più che dal risaputo intervento dei più giovani, che schivano le domande e non si riconoscono meriti, ma che in questi mesi hanno lavorato duramente e si sono adoperati per garantire una struttura all’altezza, che rispettasse la piena omologazione e accessibilità dell’impianto boccistico, al fine di ridurre ogni tipo di disagio o barriera, per amore dello sport.