Catanzaro: presentato il volume “Il Corpo delle demenza”

SOPRANO ROSARIA ANGOTTI

Una serata che ha voluto porre al centro i malati di demenza, sottolineandone la piena dignità di persone in procinto di attraversare una fase complessa della propria esistenza, al di là degli stigmi, al di là di qualsiasi teoria scientifica che li vuole ai margini della società e che li considera oramai inutili. È stato soprattutto questo il senso profondo dell’evento che, il 14 ottobre ha visto la presentazione, in prima nazionale, del manuale “Il corpo nella demenza”, scritto da Elena Sodano, edito dalla Maggioli Sanità e curato dalla giornalista Antonella Scalzi.

La Sala Consiliare di Palazzo De Nobili ha fatto da cornice al convegno, moderato dalla giornalista Mariarita Galati, al quale hanno preso  parte ospiti di rilievo nazionale. Tutto per presentare in prima nazionale l’unico metodo non farmacologico in Italia per la cura e il contenimento naturale delle Demenze: la TECI (Terapia Espressiva Corporea Integrata).

L’intervento di apertura è stato quello del sindaco di Catanzaro, Sergio Abramo, che ha espresso il suo sentimento di orgoglio ed ammirazione per il lavoro svolto da Elena Sodano e per il risultato raggiunto, che contribuisce a donare lustro e visibilità alla città di Catanzaro, oltre che alla Calabria intera ed ha assicurato il pieno appoggio dell’amministrazione comunale al percorso futuro della Ra.Gi. Onlus, legato allo sviluppo della metodologia TECI. A seguire c’è stato uno spazio interamente dedicato ai pazienti dello Spazio Al.Pa.De. del Centro diurno gestito dalla Ra.Gi., all’interno del quale il metodo TECI è stato sperimentato grazie ad un protocollo di ricerca siglato con la Società italiana di Geriatria e Gerontologia, sezione Calabria. Gli ospiti del centro hanno raccontato in prima persona la loro esperienza di vita a contatto con le demenze, esprimendo sensazioni e desideri legati soprattutto alle relazioni con il mondo le persone che li circondano. Nel farlo, sono andati oltre ogni stigma, superando quei luoghi comuni che li vedono come relitti umani, oramai inutili, socialmente inaccettabili ed annullati dalla malattia, dimostrando al contrario, di esserci qui ed ora. Un’azione importante che riflette esattamente i principi di TECI.

Dei relatori, la prima a prendere la parola è stata Antonietta Santa Croce, direttore artistico del Teatro Politeama e della rassegna musicale “Il Festival D’autunno”, che ha anche rivestito il ruolo di madrina artistica dell’evento. Con alle spalle un background di musicista e musico-terapeuta, la Santa Croce si è soffermata sull’importanza della musica come «strumento efficace di cura che, grazie al superamento delle sovrastrutture mentali e culturali, permette di giungere all’anima del paziente, permettendogli di esprimersi pienamente». La musica è uno degli elementi integranti del metodo TECI.

Ma TECI non utilizza una musica qualsiasi. Ad Andrea Galiano, psicologo e musicista è toccato il compito di spiegare le caratteristiche del progetto denominato “Alzh 432HZ”. Si tratta sostanzialmente della creazione di cinque tracce musicali (cinque come le dita della mano che porge il suo aiuto ai malati di demenza) che hanno il potere di infondere calma e benessere alle persone affette da demenza, proprio perché le composizioni sono state modulate sulla frequenza 432 HZ. Il CD contenente la musica si può avere gratuitamente con l’acquisto del volume “Il Corpo nella demenza”.

Dunque TECI è un metodo di cura che va oltre i limiti e si basa soprattutto sulla relazione, un tema trattato dalla geriatra Francesca Mazzei, scelta come madrina scientifica del convegno. Appunto “La relazione oltre la cura” è stato il titolo del suo intervento, che si è focalizzato sulla riscoperta di nuovi elementi di comunicazione di una metodologia terapeutica che vuole squarciare il muro di incomunicabilità creato dalla demenza, decodificando ogni tipo di strumento espressivo del malato, anche il silenzio, che è la più potente forma di comunicazione dei pazienti e con il quale il TECI terapeuta deve tentare di stabilire una relazione possibile.

Anche il neurologo Ferdinando Schiavo, che ha curato la presentazione del libro, si è soffermato sul tema della relazione, partendo dalla costatazione che oggi la medicina tende ad allontanare emotivamente paziente e medico. Quest’ultimo ricorre sempre meno al contatto corporeo nella formulazione della diagnosi, a beneficio della prescrizione di vari esami. Inoltre la medicina cura la malattia, ma non guarda alla persona in relazione ad essa, mentre invece, soprattutto nelle demenze è necessario entrare in contatto con la storia personale del paziente, perché essa può essere indice della complessità del caso.

Insomma, in uno scenario complesso, dove non esistono cure risolutive per le demenze, «la TECI – ha affermato Schiavo – s’impegna a creare un’armonia spontanea ed emozionale per entrare in contatto con i pazienti, senza arrendersi  e senza accettare i limiti che la diagnosi sembra imporre. Essa combatte con rigore e compassione contro “il non fare nulla” che consegna i pazienti alla noia mortale, all’insignificanza, all’eutanasia silenziosa, nella piena consapevolezza che rinunciare a combattere vuol dire accettare».

Alba Malara, presidente della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria Calabria e curatrice delle conclusioni del libro, si è soffermata soprattutto sull’elemento della fisicità che caratterizza il metodo TECI, indicandolo come «il suo fulcro, come l’elemento che scardina le metodologie e gli approcci tradizionali. Un elemento di grandissima importanza, considerando il fattore del cosiddetto “Excess of Disability”, ovvero il danno creato ai malati di demenza da fattori ambientali e soprattutto dalle modalità relazionali. In altre parole, il terapeuta può favorire il mantenimento funzionale e influenzare positivamente o negativamente il decorso clinico del paziente affetto da demenza. In quest’ottica – ha proseguito  Alba Malara – il metodo TECI si configura come strumento utile da affiancare a competenze tecniche e professionali già riconosciute come necessarie nella cura delle demenze, quindi la formazione del TECI terapeuta può rappresentare un nuovo orizzonte verso cui orientare il senso di una moderna integrazione delle cure per la demenza».  

Infine, Elena Sodano, psicologa, terapeuta psico-corporea ed ideatrice del metodo TECI, ne ha descritto nei dettagli le caratteristiche, partendo dal concetto che «esso considera la malattia da un punto di vista esistenziale e non assistenziale. TECI nasce da anni di studi ed osservazioni durante i quali abbiamo imparato ad ascoltare il dolore dei pazienti, così da poter creare nuove possibilità terapeutiche. È vero che la demenza non si può curare – ha sottolineato Elena Sodano – ma attraverso l’elaborazione di nuovi contatti corporei, si possono costruire nuovi ponti di comunicazione e comprensione con le persone che ne sono affette e questo lo abbiamo imparato proprio da loro».

«Abbiamo capito – ha proseguito l’ideatrice del metodo – che dietro ad ogni paziente a cui viene diagnosticata una demenza, c’è una persona con un bagaglio di esperienze, con un vissuto, con attitudini e talenti nascosti che hanno bisogno di esprimersi. Noi abbiamo dato voce alla demenza, non ci siamo rassegnati ed abbiamo dato vita ad una metodologia terapeutica unica nel suo genere, che vuole ridare dignità ad un’essenza umana mortificata e lo fa mediante degli interventi integrati che, attraverso i movimenti corporei riescono a promuovere anche la stimolazione cognitiva».

Tutto questo deve farci comprendere come il manuale “Il Corpo nella Demenza” sia unico nel suo genere nel campo delle terapie non farmacologiche. Soprattutto se si pensa che in Italia la letteratura scientifica in materia di terapia corporea applicata alle persone con demenza è scarsa se non addirittura assente. Ma c’è di più: esso è stato introdotto sul mercato ad un prezzo contenuto per favorirne la più ampia diffusione.

La serata è stata suggellata dal suggestivo concerto “Dall’opera alla poesia della canzone napoletana”, della soprano Rosaria Angotti, accompagnata al pianoforte dal maestro Fabio Maggio. La Angotti, soprano di coloratura, specializzata nel repertorio operistico e cameristico e reduce da grandi successi nei teatri italiani ed europei, non ha mancato di emozionare anche il folto pubblico presente nella Sala Concerti di Palazzo De Nobili.