Riceviamo e pubblichiamo:
Caro Rettore, il senso di responsabilità tenuto fino a oggi dai lavoratori dell’Università “Magna Graecia” e dalla Federazione CISL Università in ordine alla vicenda della risoluzione del fenomeno del precariato di Ateneo mi offre la possibilità di parteciparLe un pensiero tratto dallo splendido discorso del Santo Padre Francesco ai delegati della CISL lo scorso 28 giugno in occasione del Congresso Confederale: Il Sindacato nasce e rinasce tutte le volte che, ….. , dà voce a chi non ce l’ha, denuncia il povero “venduto per un paio di sandali” (cfr Amos 2,6), smaschera i potenti che calpestano i diritti dei lavoratori più fragili, difende la causa dello straniero, degli ultimi, degli “scarti”.
L’azione del Sindacato, quindi, non é guidata dall’odio, come qualcuno ha erroneamente potuto pensare in Ateneo, bensì, dal profondo amore che si ha per il prossimo che nei luoghi di lavoro e nelle periferie esistenziali necessita di tutela. Del resto è stato proprio il Santo Padre nel suo discorso a ricordare a tutti che la parola Sindacato proviene dal greco “dike”, cioè giustizia, e “syn”, insieme: syn-dike,“giustizia insieme”. Non c’è giustizia insieme – continua il Papa – se non è insieme agli esclusi di oggi.
Le sue scelte e quelle del Suo Direttore Generale in ordine alla vertenza sul precariato di Ateneo costringono la Federazione CISL Università a dover annoverare tra gli esclusi anche i suoi lavoratori precari TD e Co.Co.Co. obbligando oggi i lavoratori a dover assumere nella predetta vertenza un nuovo livello di azione che speravamo non si raggiungesse perché fiduciosi nella sua coscienza (prima di tutto) e nel senso di responsabilità che dovrebbe contraddistinguere chi detiene il governo di una delle più importanti Istituzioni pubbliche del territorio.
L’esito dell’incontro di ieri convocato dall’Ateneo sul precariato per la Federazione CISL Università, ma anche per tutte le altre sigle sindacali (eccezion fatta per una) rappresenta l’ennesima conferma di scelte quantomeno discutibili che ci preoccupano per gli effetti che potranno avere, da cui la nostra consequenziale denuncia di una deriva su cui forse è tempo di accendere riflettori “a luce alta”.
Per quanto ci è stato riferito crediamo sia inammissibile pensare alla programmazione di Ateneo e, quindi, al reclutamento delle risorse umane, nei termini comunicati alle parti sociali.
La programmazione dovrebbe servire, a nostro avviso, a potenziare il servizio offerto all’utenza; servizio, dobbiamo ricordarlo ancora una volta, garantito fino ad oggi dal prezioso contributo offerto dai lavoratori precari. La programmazione non è quindi considerabile come un “lascito di famiglia” o un corredino da portare in dote al nuovo Rettore.
Spiace dover notare come sulla stessa problematica e nella stessa regione Calabria, a meno di 100 km di distanza dall’Ateneo di Catanzaro, si facciano considerazioni diametralmente opposte a quelle che ci sono state riferite. Non Le sfuggirà, infatti, che presso l’Ateneo di Cosenza il suo collega Rettore, il Prof. Crisci, forse uomo non solo di scienza ma anche di coscienza, stia intrattenendo già da tempo relazioni sindacali nell’intento di trovare soluzioni definitive al fenomeno del precariato dichiarando la sua massima disponibilità all’applicazione del decreto Madia.
Parlare, inoltre, dell’attenzione della “Sua” Amministrazione alle circolari della Funzione Pubblica, in verità, mi imbarazza molto, perché devo confessarLe, caro Rettore, il timore manifestato dai lavoratori precari del “Suo” Ateneo in ordine alla medesima attenzione prestata in passato alle circolari di Palazzo Vidoni n.5/2008 e n.5/2013 che avrebbero consentito la lotta al precariato.
Peraltro in merito all’applicazione delle linee di indirizzo ministeriali alle Istituzioni del Comparto dell’Istruzione e della Ricerca mi permetterei di suggerire un approfondimento, coordinando il testo del DLgs. n.75/2017 con quello del D.Lgs. n.165/2001.
Mi sembra di capire che l’Amministrazione invoca anche circolari esplicative del MIUR, in questo caso, non previste dalla Legge. A tal riguardo un dubbio assale i precari: e se quest’altra circolare non fosse mai emanata?
A mio avviso, qualora l’Amministrazione non sia in grado di comprendere l’esatto significato della norma coordinandola con le disposizioni di settore, perchè non si è pensato di porre un quesito al MIUR invece di attendere infruttuosamente fino ad oggi?
Ma vorrei ritornare al concetto di responsabilità soffermandomi sull’esatto significato. Mi perdonerà, non sono un professore sono solo un semplice lavoratore prestato al Sindacato che però conosce bene il dramma del lavoro. Credo che sia corretto affermare che la responsabilità possa essere definita come la “possibilità di prevedere le conseguenze del proprio comportamento e correggere lo stesso sulla base di tale previsione”.
Forse questa definizione si addice esattamente alla vertenza in atto che ha portato i lavoratori precari dell’Ateneo di Catanzaro prima ad avvicinarsi al Sindacato (uscendo dalla miope visione finora offerta loro) poi all’autodeterminazione di lottare uniti per rivendicare la stabilità del proprio posto di lavoro da cui la proclamazione dello stato di agitazione a opera di tutte le OO.SS. territoriali (fatta eccezione per una).
I lavoratori sono consapevoli del disagio che sarà arrecato all’utenza dell’Università e di questo, mi creda, sono i primi a provare profondo dispiacere ma, alla luce delle posizioni assunte dall’Ateneo in merito alla stabilizzazione Madia, penso che abbiano il pieno diritto di difendere con tutti i mezzi consentiti dalla legge il loro posto di lavoro e troveranno nella nostra Federazione, a partire dalla Struttura Territoriale fino alla Segreteria Nazionale, il pieno sostegno perchè parliamo di ben oltre 10 anni di precariato. Di precariato si muore, si muore innanzitutto dentro, soprattutto per l’incertezza del futuro.
I lavoratori ci hanno rappresentato una realtà che se fosse confermata rappresenterebbe una palese violazione dei loro diritti, che spazia dall’utilizzo improprio per mansioni diverse dall’area di appartenenza, alle mansioni superiori fino all’utilizzazione dei Co.Co.Co. come lavoratori subordinati, ma questo solo per fare alcuni esempi.
Il Ministro Madia, nella predisposizione dell’art. 20 del D.Lgs. n.75/2017, ha definito il precariato di questi anni nella PA come “crimine di stato”, ci domandiamo, allora, come possa essere definito chi lo abbia determinato o chi, avendone gli strumenti, non lo abbia combattuto.
Ci auguriamo che l’Ateneo, valutata bene la determinazione e la consapevolezza dei lavoratori precari, faccia subito le scelte più opportune che, siamo certi, Lei saprà indirizzare correggendo un orientamento valutato dalla scrivente Federazione CISL Università, allo stato, profondamente ingiusto e sbagliato che ci costringe ad affiancare alle iniziative intraprese localmente, azioni nazionali volte all’accertamento di quanto ci è stato segnalato ad opera di tutti gli Organismi centrali preposti al controllo della PA e della sua spesa.
Infine, caro Rettore, Lei terminerà il suo mandato alla fine di ottobre, faccia in modo di essere ricordato per quello che ha fatto e non per quello che non ha voluto fare.
Francesco De Simone Sorrentino (segretario generale)