Saracinesche abbassate. Una città surreale. Un silenzio surreale per le vie di Crotone, squarciato solo da lacrime e applausi al passaggio del feretro di un “piccolo” grande uomo: una vita stroncata a soli 18 anni quella di Giuseppe Parretta; pochi attimi di una sera di gennaio, un’arma che sputa fuoco e uccide senza scampo.
La città ha accolto l’invito: hanno partecipato in migliaia, senza se e senza ma, al lutto cittadino per un figlio di questa terra scomparso senza che nessuno riesca ancora a spiegarsi il perché, al di là delle dichiarazioni ufficiali, ammissioni di colpe o chissà cos’altro.
Resta solo il fatto che Giuseppe è morto davanti agli occhi della mamma, del fratello e della sorella, della sua fidanzata. Quattro colpi, uno dritto al cuore. Poi il buio in quello stretto anfratto del centro storico che da tempo non ricordava un crimine efferato come questo.
Crotone ha porto l’ultimo saluto al 18enne. Il corteo funebre è partito dopo le 9.30 dall’obitorio dell’ospedale cittadino. Si è incamminato lento e silenzioso per le vie per poi giungere alla meta, il Duomo, dove ad officiare l’omelia c’era don Stefano Parisi.
Il rettore della Basilica Cattedrale non ha usato mezzi termini, definendo il dolore per la morte di Giuseppe come una lacerazione della carne. Ma altri mali, ha ribadito il sacerdote, si annidano dietro questo spaccato che non si può archiviare come un mero fatto di cronaca. C’è il bisogno, in questa terra, di un riscatto che solo il lavoro può dare. Poi il monito di Don Serafino, anche alle istituzioni presenti: la voglia di riscatto di una città che si sta tramutando in quella che ha definito come rivoluzione morale.
Si chiude così, per ora, questa triste pagina con migliaia di giovani davanti al sagrato, colombe e palloncini che volano verso quella libertà che a Giuseppe, ormai, è stata negata. La parola passa ora alla magistratura.