Il food-sharing è un esempio di comportamento ecologicamente responsabile e di sviluppo sostenibile, la questione della riduzione dei rifiuti ed il significato economico ed etico di tale piattaforma è di rilevanza mondiale: mentre ogni 15 secondi un bambino muore di fame, circa 1/3 del cibo prodotto in tutto il pianeta finisce nella spazzatura. (Chiara Magnamini di Labsus)
In Italia è stimato che circa due milioni di prodotti alimentari finiscono tra i rifiuti. Prodotti ancora commestibili per un valore di circa quaranta miliardi di euro. Cifre da capogiro se si pensa che c’è gente che non arriva a fine mese e che non riesce a pagare bollette e spese sanitarie. Un vero e proprio spreco che la Fondazione Alimentare sta cercando di risolvere collaborando con la Caritas e associazioni Onlus i cui volontari recuperano prodotti da hotel e ristoranti per distribuirli come pasti gratuiti in sacchetti alimentari.
L’importanza del Food Sharing (letteralmente ‘condivisione di cibo’) appare ovvia e si basa sul principio delle new economies in cui la condivisione azzera gli sprechi e diminuisce i costi. Si condividono auto, case, oggetti, perchè non condividere anche il cibo?
L’idea nasce in Germania ma si sta diffondendo un po’ ovunque. Il sito di Foodsharing dichiara di avere evitato lo spreco di oltre tre milioni di cibo. L’idea è che quella di fondare delle start-up che mettano in contatto ristoranti, mense, hotel, anche piccoli esercenti con gente comune. I siti propongono cibi in scadenza, anche breve, che verrà distribuita a chi ne farà richiesta.
L’idea è rivoluzionaria, ma funzionerà in Italia?
Se nel mondo anglosassone l’uso delle doggie bag è di prassi comune, in Italia non è facile che un cliente richieda di portare a casa il cibo avanzato al ristorante, ad esempio.
Due ragazzi siciliani hanno fondato un sito in cui chiunque può ‘postare’ cibo in avanzo e chiunque può accedere per rifornirsi. Può capitare a tutti di sbagliare spesa oppure di avere comprato ‘troppo’. Il portale mette in contatto la domanda con l’offerta. Ma finora non ha funzionato.
Fermo restando che i senzatetto e magari anziani in difficoltà difficilmente hanno internet, lo scoglio maggiore viene proprio dalla gente comune. Ancora difficile abbattere il nostro provincialismo. Forse si prova vergogna o forse le novità ci mettono un po’ a farsi strada.
Fatto sta che lo spreco alimentare è una vera e propria vergogna del mondo occidentale e invece il food sharing sarebbe una bella risposta e soluzione, anche in Italia.
Annamaria Gnisci