Lettera aperta a Spirlì: «Chi soffre e sta male non è una “data da destinarsi”»

Elena Sodano
Elena Sodano (presidente associazione Ra.Gi)

Riceviamo e pubblichiamo la lettera aperta destinata al presidente f.f. Spirlì di Elena Sodano, presidente Associazione RaGi Catanzaro.

Gentile Presidente ff Nino Spirlì,

questa mattina mi sono ritrovata sul mio cellulare cinque messaggi di familiari molto preoccupati perché, in base all’ordinanza n.82 del 29 ottobre 2020 da Lei emanata, fino al 24 di novembre sono di nuovo bloccate tutte le visite negli ambulatori pubblici, comprese le prestazioni in intramoenia.

“Ed ora cosa facciamo”? mi hanno chiesto. Che risposta dare?

Sono certa che la sua decisione, così totalizzante, sia stata figlia della disperazione e forse della buona fede nel voler proteggere quante più persone possibili dal Coronavirus. Ma a quale prezzo? Non si può generalizzare signor Presidente, non si può più. Forse lo si poteva fare a marzo quando tutti eravamo sprovveduti e impreparati difronte al Covid. Ma oggi no. Oggi no. Dopo nove mesi, proprio no.

Perché vede signor Presidente, una persona con demenza, non ha nulla di diverso di una persona che soffre di una patologia da voi considerata urgente. Anzi. Lei sa cosa significa non dormire per giorni e giorni? Sa cosa significa sentire le urla di una persona cara che le trapassano i timpani prima e l’anima poi?  Sa cosa significa essere presi a schiaffi, calci, pugni senza poterci fare nulla ma solo accettare una balorda malattia e aspettare con tanto amore che passi una crisi?  Sà cosa significa sentirsi impotenti quando nessun farmaco può sollevare la disperata confusione in cui vive inesorabilmente un genitore, un marito o un figlio con una demenza?  Forse lei non lo saprà, ma noi e le nostre famiglie si.

Presidente Spirlì, non sono le sigle messe sulle ricette per le prestazioni specialistiche con classi di priorità D (differibile) e P (programmata) a stabilire una urgenza quando, le famiglie cercano con tutte le loro forze e senza farsi prendere dalla stanchezza, di non abbandonare i loro familiari nelle Rsa, diventati da marzo scorso, il fine vita per molti sacri affetti. E, sull’indifferenza che ho visto in questi mesi io, non ho scorto alcuna umanità.

Non possono essere considerate urgenze solo le prestazioni contenute nel decreto che porta la firma anche del dr. Antonio Belcastro che, tra l’altro, conosce benissimo il lavoro che quotidianamente svolgiamo.

Chi può decidere, chi lo decide e in base a cosa viene deciso, chi abbia l’esigenza di ricevere le cure necessarie e chi invece no? Nell’ordinanza Lei ha sospeso anche le attività in regime di intramoenia, mentre invece era proprio quello il percorso più veloce che le nostre famiglie facevano, pur pagando, per non aspettare lunghissime liste d’attesa. Per loro e per i loro cari tempi inaccettabili.

Perché mi chiedo e Le chiedo?

Perché sacrificare sempre e comunque i più deboli senza cercare invece di organizzare e diversificare gli ingressi almeno negli ambulatori in intramoenia dando così ulteriori possibilità di cura?  Perché pagare, sempre noi, per una organizzazione politico istituzionale che non è riuscita nei mesi scorsi a pianificare soluzioni alternative, nel caso di una prevedibile seconda ondata della pandemia. Perché isolare, evitare, mettere in attesa negli angoli, silenziare, chiudere in maniera accomunata per risolvere quei problemi verso i quali non si riescono a dare risposte concrete.

Eppure ero convinta che il dr. Belcastro, data la sua esperienza accumulata nei mesi più caldi dell’emergenza, sarebbe riuscito a trovare, questa volta, le giuste strategie per non arrivare a tale assurdità.

Perché semplifichiamo, troviamo facili scorciatoie e omologhiamo i disagi invece di avere il coraggio di sporcarci le mani nel disagio. Perché tuteliamo i pochi e penalizziamo i molti.

La sezione “Attività da riprogrammare” nella sua Ordinanza la considero un po’ una presa in giro. Riprogrammare le attività ambulatoriali e gli appuntamenti con tempistiche coerenti con il presente provvedimento. Ma Lei ricorda l’assoluto caos che è successo quando a marzo gli ambulatori sono stati chiusi? Ricorda i successivi tempi biblici d’attesa? Perché vuole condannare ancora a tutto ciò i calabresi?

Chi soffre e sta male, presidente Spirlì, non è una “data da destinarsi”.

Sto leggendo da più parti che la Calabria ha avuto una dotazione molto consistente di finanziamenti per l’emergenza sanitaria e non spetta a me sindacare il motivo per il quale in tutti questi mesi non siano state create le situazioni necessarie per potenziare principalmente le terapie intensive per fronteggiare la seconda e prevedibile ondata del virus. Perché sono sicura che il direttore generale dr. Francesco Bevere saprà avere quel giusto grado di discernimento per individuare le eventuali maglie larghe.

Dimenticavo. Mi chiamo Elena Sodano e sono il presidente dell’Associazione RaGi di Catanzaro. Chi sono queste famiglie? Glielo spiego subito signor Presidente. Sono una piccolissima cellula di tante altre famiglie nei confronti delle quali abbiamo una grossa responsabilità. Quella di tutelare la dignità umana e sociale delle persone con demenze che ogni giorno si rivolgono a noi, entrando nei centri diurni, per trovare un po’ di sollievo da una società distorta che fa a cazzotti con la vita “senza un tempo” di queste persone.

Elena Sodano

Presidente Associazione RaGi Catanzaro.