È di qualche giorno fa un articolo de Il Sole 24 ore in cui si parla di Calabria e di relativa spesa pubblica. A quanto pare la spesa pubblica calabrese pesa sul PIL il doppio che in Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna.
Il Centro Studi Sintesi fatto a Milano è un meeting che viene periodicamente fatto per monitorare l’economia e il territorio delle CNA lombarde, venete ed emiliano-romagnole.
È stato evidenziato il divario delle spese pubbliche per ogni singola regione. Infatti, mentre in Calabria, Stato e Enti territoriali spendono il 59.3% del PIL locale, in Lombardia, questa stessa si ferma al 29.3%. Non vanno neanche bene le altre regioni del sud d’Italia: la Campania arriva al 48.3%, mentre la Puglia e la Sicilia vanno ben oltre.
Il reddito pro-capite della Lombardia è più del doppio di quello calabrese. La problematica maggiore è quando si analizza la spesa tra qualità dei servizi e degli interventi pubblici. Ovviamente, tutti i presupposti circa l’autonomia vengono a mancare. Tutto dipenderà dalle ‘livelli essenziali delle prestazioni’, cioè il numero di insegnanti, posti ospedalieri letto, ecc. che occorrono in base al numero della popolazione affinché, come dice la Costituzione, le amministrazioni pubbliche lavorino nella giusta direzione.
Essendo al via l’autonomia differenziata, la ‘perequazione’, cioè quanto ogni anno si spostano risorse da Regioni più ricche a quelle più povere, non dovrebbe cambiare, ma si arriverebbe ad attribuire una quota di fondi in base al rapporto tra capacità fiscale e fabbisogni essenziali. Il fine di chi favorisce l’autonomia, è quello di penalizzare le Regioni dove la spesa è più alta con i risultati peggiori. Ma non sarà facile, visto anche i precedenti tentativi passati. Perciò, nulla di nuovo nella sostanza, ma il malessere di chi sovvenziona ed è più ricco aumenta sempre più.
Annamaria Gnisci